sábado, 20 de abril de 2013

Italia: Que se vayan todos, ovvero, hic fuerunt leones


Il Partito Unico Neoliberista fa quadrato nel bunker - Stallo perché il vecchio è morto e il nuovo stenta a nascere
Rodolfo Ricci-Siamo dunque al capolinea: il sistema del Patto di “punto fijo” è crollato fragorosamente e come se il crollo non fosse avvenuto, si inventano puntelli improbabili. Napolitano è l’ultimo puntello. E’ quasi incredibile che un uomo della sua età e della sua esperienza si presti a tanto. Vuol dire che non ha proprio capito quali e quanti danni si siano prodotti (anche con il suo emerito contributo) in particolare negli ultimi due anni della sua statuaria ansia di massimo rappresentante della
repubblica. Oppure è un agente in incognito fin dalla seconda metà degli anni ’40. Oppure l’età avanzata, come accade per tutti, ha cancellato ogni residua lucidità. Che vuol fare Napolitano ? E’ chiaro che l’interpretazione più semplice è quella che tenti in un eroico finale atto di sacrificio di salvare le istituzioni repubblicane (leggi dei partiti della seconda/prima repubblica della casta).
Napolitano vuole dare un contributo a superare lo stallo. (E lui ne è uno degli attori). Ma lo stallo c’è perché il vecchio è morto e il nuovo stenta a nascere. (E tuttavia resta il fatto che il vecchio è morto, questo è certo). L’equivoco è il seguente: lo stallo non è una condizione fisica; è solo un punto in una parabola (o in un’iperbole). Prima, e dopo dello stallo, ci sono i fatti. Il percorso della parabola (o dell’iperbole) non è fissabile. Sarebbe per l’appunto, consolidare lo stallo, cosa, cineticamente impossibile. In effetti siamo già -attenzione -, oltre lo stallo.
Nella storia umana, tuttavia, queste ambizioni vi sono e vi sono state: si traducono da diversi decenni a questa parte, con il termine di golpe. Colpo, blocco, arretramento, reazione, ecc. 
Ma per funzionare queste operazioni hanno bisogno di costrizione, autoritarismo, compressione, ecc. insieme a percentuali di condivisione fisiologica da parte di alcuni settori del corpo sociale; funzionano cioè solo finché i dispositivi messi in campo abbiamo qualche gradimento popolare.
Poi comunque (magari dopo anni) si superano le soglie di sopportazione e i golpe evaporano. Ciò di solito accade in situazioni critiche in cui sta per accadere qualcosa di significativo e in questa logica, i golpe hanno un senso (in termini meccanicistici).
Ma se tutto è già accaduto (e in Italia tutto è già successo con le elezioni di febbraio e con la rottura di quel sembiante di bipolarismo che in altre parti hanno giustamente chiamato patto di punto fisso, cioè patto di alternanza senza che nulla effettivamente cambi), i golpe non hanno alcun senso; ci si trova infatti già inoltrati ben oltre il mezzo del cammino,  con le bandiere al vento e senza nessuno (o con una sparuta e minima minoranza) che, suo malgrado, possa pensare di ricavare qualche vantaggio dal colpetto.
Il tentativo di puntellare un edificio che è già crollato, equivale al sogno onirico o arcadico dei tempi dell’età dell’oro. Un gruppo di onirici con alla testa Re Giorgio, si appresta a comunicare alle plebi che “habemus papam”; lo stesso di prima, io stesso, il medesimo.
Sarà una fine indecorosa, comunque vada. Ben diversa la saggezza ecumenica e ecclesiastica, in grado di far dimettere un papa e di inventarne uno nuovo. Anche in questo si può misurare il livello, la qualità della classe dirigente.
Ma la gravità del gesto (sia della richiesta a re Giorgio che della sua positiva risposta) è che ora, ogni possibilità di rimettere le questioni su binari logico razionali, seppur conflittuali, si è volatilizzata. Adesso resta solo il grido “que se vayan todos”. Da oggi il sistema è definitivamente saltato. E rimarranno solo brandelli di mappe a ricordare che qui vi fu un impero, hic fuerunt leones.

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