lunes, 14 de octubre de 2013

Venezuela:CARTA IGIENICA ed ESPORTAZIONE di CARTAMONETA

Braccio di ferro tra lo Stato e la “mafia dell'importazione”- “Sciopero selvaggio” delle multinazionali,

Tito Pulsinelli - Ha fatto il giro del mondo la non-notizia che in Venezuela mancano i rotoli di carta igienica. Ohibò, non c'è merce più negativamente simbolica per chi deve produrre una distorsione della percezione della realtà. Se manca la carta igienica significa che le cose vanno proprio male, altro che socialismo e fisime populiste d'accatto. Ben gli sta ai demagoghi che hanno osato prendere le distanze dal FMI o che ignorano i saggi orientamenti di Goldman Sachs.  Sghignazzano a New York o
a Roma, dove certamente non manca nulla sui scaffali, però sono calati i consumi per il diminuito reddito delle fammiglie, che autoriducono gli acquisti.



Ridicolizzano e diffamano all'unisono quelli che a  riprendere il controllo del potere politico non è proprio possibile per la via elettorale.



I destabilizzatori professionali esultano per l'eco gratuita trovata nella nota claque d'oltrefrontiera e nella platea mediatica internazionale. Però in Venezuela, non riescono a spiegare perchè la medesima carta che si utilizza per la fabbricazione dei fazzoletti di carta, salviette, tovagliole da cucina e carta igienica per il bagno, scarseggia solo se ha la forma di rotolo. Strananamente, sul mercato abbonda la carta in forma quadrata, rettangolare, profumata ecc ed è assente quella con il formato cilinfrico del rotolo.



Eppure escono dalle stesse fabbriche, solo che una ha un prezzo contenuto e controllato, mentre le altre so vendono a prezzi in crescita accelerata, in senso contrario a quello delle Borse occidentali. Stranezze del commercio quando è trasformato in lotta politica asimettrica, in strumento della guerra piscologica atto a destabilizzare e -en passant- speculare senza limiti. Lottare e speculare è bello, sembrano dire i cellulitici amici endogeni del “libero mercato”.



L'industria privata, persino quella che elabora merci composte solo di manufatti nazionali, applica questo schema operativo per ritardare, limitare e dare discontinuità al rifornimento del mercato. Si tratta di una sorta di “sciopero selvaggio” delle multinazionali, dosificato e camuffato in una mappa caratterizzata da “macchie di leopardo”.



L'avvicinarsi delle elezioni locali di dicembre, ha dato la stura a questa variante tattica dell'operazione illegale di chi con i voti sa che è difficile recuperare il potere politico. E' la cronaca annunciata degli ultimi 14 anni. Stavolta, però, hanno accantonato gli anacronistici golpe, la paralisi totale dell'industria petrolifera o la sceneggiata urlata dell'eterno ritorno dell'imbroglio elettorale. Stavolta, percorrono il cammino più lento e insidioso del disfunzionamento programmato della rete commerciale. E' una camuffata esasperazione speculativa, di rialzi ed accaparramenti, per ottenere un cumulativo “effetto carestia”. Atto, così calcolano, a provocare saccheggi o sommosse della plebe ignara. Fino all'agognato intervento dall'esterno. Per ristabilire ordine, abbondanza e prosperità illimitata per tutti. Do you remember Bengasi?



Com'è solito, fanno i conti senza l'oste. In realtà si gioca la partita decisiva quel settore che apporta solo il 4% all'esportazione e alle divise da essa generate, però batte i pugni sul tavolo perchè pretende l'accesso illimitato ai dollari a buon mercato generati dal petrolio. Pretendono la concessopne agevolata di dollari a 6 bolivares per comprare stock all'estero e la “libertà” di vendere senza prezzi controllati. 

Arrivano a moltiplicare per 7 i loro profitti, però non sarebbero in grado di finanziare le successive importazioni, per le quali nella pratica esigono un finanziamento pubblico. E' in corso un braccio di ferro tra lo Stato e la “mafia dell'importazione” per il controllo e l'uso delle risorse finanziarie. Si va verso una ridefinizione del rapporto di forze tra il blocco popolare e quello tradizionale parassitario. E non manca, purtroppo, chi dal nord soffia sul fuoco o fornisce fiammiferi agli incendiari.
 
 A differenza del Brasile e Argentina, dove esiste una una borghesia produttiva moderna, l'oligarchia venezuelana riesce a lucrare molto di più con i commerci (fino al 700%)  che sviluppando una rete produttiva.

E' un settore storicamente parassitario, da sempre dedito all'esportazione di capitali, privo di  vocazione e interesse a cimentarsi con il “made in Venezuela”. Genetica storica di chi ha sempre convogliato verso la Madrid imperiale, e successivamente verso Washington, tutte le ricchezze nazionali.

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