Tra questi ci sono Russia,
Iran, Venezuela, Cuba, Sudan, Zimbabwe, Myanmar, Repubblica Democratica
del Congo, Corea del Nord e altri sui quali Washington ha imposto
sanzioni nel corso degli anni, ma anche paesi come Cina, Pakistan e
Turchia che non sono completamente sotto sanzioni, ma piuttosto
obiettivi di altri tipi di misure economiche punitive.
Inoltre, migliaia di persone provenienti da decine di paesi sono incluse nell’elenco dei Cittadini Segnalati del Dipartimento del Tesoro [Specially Designated Nationals],
che sono bloccati dal sistema finanziario globale dominato dagli Stati
Uniti. Molti di quelli designati sono parte (o strettamente collegati)
della leadership dei loro paesi.
Dal punto di vista degli
Stati Uniti, ciascuna delle entità economiche è sotto osservazione per
una buona ragione: che siano violazioni dei diritti umani, terrorismo,
crimine, commercio nucleare, corruzione o, nel caso della Cina, pratiche
commerciali sleali e furto di proprietà intellettuale.
Ma negli ultimi mesi sembra
che l’impegno costante dell’America a combattere tutti i flagelli del
mondo abbia portato tutti quei governi e le persone facoltose che li
sostengono ad una massa critica, unendo le forze per creare un sistema
finanziario parallelo che sarebbe fuori dalla portata del lungo braccio
americano. Se dovessero riuscirci, l’impatto sull’atteggiamento globale
dell’America sarebbe rivoluzionario.
La supremazia globale
americana è stata resa possibile non solo grazie alla sua potenza
militare e al suo sistema di alleanze, ma anche grazie al suo controllo
sulle arterie della finanza globale e, in particolare, all’ampia
accettazione del dollaro come valuta di riserva mondiale. Lo stato unico
della valuta statunitense è l’àncora del sistema finanziario globale
fin dalla Seconda Guerra Mondiale.
Qualsiasi transazione
effettuata in dollari statunitensi o appoggiata su una banca degli Stati
Unit
porta automaticamente le parti commerciali sotto la giurisdizione
legale americana. Quando gli Stati Uniti decidono di imporre sanzioni
unilaterali, come nel caso dell’Iran, in sostanza dice ai governi, alle
società e agli individui del mondo che devono scegliere tra smettere di
fare affari con il paese sanzionato o essere esclusi dall’economia
numero uno nel mondo. Questo è un bastone potente.
Non molte aziende o banche
possono permettersi di rinunciare al mercato degli Stati Uniti, o di
avere negato l’accesso alle istituzioni finanziarie statunitensi.
I paesi revisionisti che
desiderano sfidare il sistema guidato dagli Stati Uniti considerano
questo come un affronto alla loro sovranità economica. Ecco perché sia
la Russia che la Cina hanno sviluppato le proprie versioni della Società per le Telecomunicazioni Interbancarie Mondiali
(SWIFT), la rete globale che consente le transazioni finanziarie
trans-frontaliere tra migliaia di banche. Entrambi i paesi stanno anche
spingendo i loro partner commerciali a sbarazzarsi del dollaro nel loro
commercio bilaterale a favore delle proprie valute nazionali.
Questo mese, dopo lo scoppio
di una faida finanziaria tra Ankara e Washington, la Russia è stata
pronta a reclutare la Turchia nel blocco anti-dollaro, annunciando che
ne avrebbe sostenuto il commercio senza dollari. La Cina, da parte sua,
sta usando la sua “Belt and Road Initiative” (BRI) da trilioni di
dollari come strumento per costringere i paesi a commerciare in yuan al
posto del dollaro. Il Pakistan, il primo beneficiario del denaro di BRI,
e l’Iran hanno già annunciato la loro intenzione di allinearsi a questa
iniziativa.
Il vertice BRICS (Brasile,
Russia, India, Cina, Sudafrica) del mese scorso a Johannesburg è stato
un appello alle armi contro l’egemonia del dollaro con paesi come
Turchia, Giamaica, Indonesia, Argentina ed Egitto, invitati ad unirsi in
quello che è noto come “BRICS plus” con l’obiettivo di creare una
economia sganciata dai dollari.
Il fronte principale in cui
verrà deciso il futuro del dollaro è il mercato globale delle materie
prime, in particolare il mercato del petrolio da 1,7 trilioni di
dollari. Sin dal 1973, quando il presidente Richard Nixon sganciò
unilateralmente il dollaro USA dallo standard aureo e convinse i sauditi
e il resto dei paesi OPEC a vendere il loro petrolio solo in dollari,
il commercio mondiale del petrolio è stato collegato alla valuta
americana.
Questo spianò la strada allo
scambio in dollari anche del resto delle materie prime. Questo accordo
ha servito bene l’America. Ha creato una domanda in continua crescita
per il biglietto verde, che a sua volta ha permesso ai governi
statunitensi successivi di gestire senza vincoli i loro immensi deficit
crescenti.
Adesso non più. Poiché così
tanti dei membri dell’alleanza anti-dollaro sono esportatori di materie
prime, essi non ritengono più che i loro prodotti debbano essere
prezzati da riferimenti denominati in dollari come il WTI o il Brent, o
debbano essere scambiati in una valuta che non desiderano più.
Ad esempio, quando la Cina
acquista petrolio dall’Angola, gas dalla Russia, carbone dalla Mongolia o
semi di soia dal Brasile, preferisce farlo nella propria valuta
evitando così le indesiderate commissioni di cambio su entrambi i lati
della transazione. Questo sta già cominciando ad accadere.
Russia e Cina hanno accettato
di scambiare parte delle loro materie prime energetiche utilizzando lo
yuan. La Cina sta spingendo i suoi principali fornitori di petrolio in
Arabia Saudita, Angola e Iran a ricevere yuan per il loro petrolio. Lo
scorso anno la Cina ha introdotto contratti futures garantiti in oro,
soprannominati “petro-yuan” allo Shanghai International Energy Exchange –
il primo riferimento non denominato in dollari in Asia per il greggio.
La graduale accettazione
delle valute digitali, basate sulla tecnologia blockchain, offre ai
revisionisti un altro modo per abbandonare il dollaro nei loro scambi
commerciali. La Banca Centrale russa ha ventilato di prendere in
considerazione il lancio di una cripto-valuta nazionale chiamata
“cripto-rublo”, e nel frattempo ha sostenuto il lancio venezuelano della
propria cripto-valuta, il “petro”, garantito dalle vaste
riserve petrolifere del paese. Ora i membri del BRICS stanno discutendo
una cripto-valuta sostenuta dai BRICS.
Tutte queste azioni, e altre
ancora, indicano una direzione: nei prossimi anni il dollaro dovrà
fronteggiare una raffica di attacchi con l’obiettivo di erodere la sua
egemonia e il mercato dello scambio energetico sarà uno dei principali
campi di battaglia in cui il futuro del predominio economico americano
sarà deciso. Qualsiasi tentativo riuscito di separare il commercio di
materie prime dal dollaro avrà un impatto a cascata non solo sul sistema
economico globale come lo conosciamo, ma anche sull’atteggiamento
americano verso l’estero.
Con lo stato generalmente positivo dell’economia americana e la considerevole forza
del dollaro rispetto alle valute degli antagonisti del dollaro, tra cui
il rublo russo, lo yuan, la lira turca e il rial iraniano, potrebbe
essere facile cadere nell’autocompiacimento e sottovalutare le azioni
dei revisionisti come fossero mere punture di spillo
.
Ma ignorare la crescente
coalizione anti-dollaro andrebbe a danno dell’America. I mercati
rialzisti un bel giorno arrivano alla fine, e con un debito nazionale di
21 trilioni di dollari e con la sua crescita nell’ordine di trilioni di
dollari annui, il risveglio potrebbe essere più ruvido e più rapido di
quanto la maggior parte degli economisti preveda.
In mezzo all’euforia per
l’economica americana, vale la pena ricordare che una persona su quattro
nel pianeta vive oggi in un paese in cui il proprio governo è impegnato
a porre fine all’egemonia del dollaro.
Contrastare i loro sforzi dovrebbe essere la principale priorità nazionale di Washington.
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