L'onda d'urto espansiva apre crepe nei muri portanti di un sistema plasmato con il pugno di ferro oligarchico. Nel suo codice genetico conserva intatta la ferocia originaria, che a suo tempo coniugo' la colonizzazione con il genocidio (popolazioni aborigene originarie), e volle forgiare lo sviluppo accelerato dell'agro-esportazione con lo schiavismo (tratta degli africani). Il tutto, sempre abbinato all'avidita' e a un'indeclinabile vocazione predatoria.
L'omicidio di un afro-americano a Minneapolis ha sparigliato le carte, sorprendendo l'apparato -deep e soft- e le due branchie del partito unico neoliberista. Sorpresa inspiegabile, poiche' e' inveterata consuetudine l'eliminazione fisica in luogo pubblico. Negli Stati Uniti e' costume che un loliziotto possa comminare una sentenza di morte e poi eseguirla direttamente, ipso facto. Stavolta, pero', un reiterato episodio di apparente cronaca nera ha innescato incontenibili reazioni a catena. Il patto sociale e' finito sotto esame e affronta una dura prova.
I "fantasmi", le vittime di sempre, sono alle prese anche con l'apartheid mediatico, ora che hanno raggiunto visibilita' e protagonismo, grazie al recupero di territori urbani e spazi sociali. In lungo e largo della vasta geografia del paese-continente. E' solo un espediente, pertanto, fuorviante e tranquillizzante, l'aggrapparsi alla rispolverata analogia della ribellione attuale con le rivolte degli anni 70, nei ghetti di Filadelfia, Watts, Detrot ecc.
Oggi ll ghetto ha le dimensioni dell'intera nazione, e le ragioni della "segregazione" fanno rima con "disoccupazione". I senza-diritti sociali e costituzionali stanno fianco a fianco con i senza-reddito, senza-assistenza medica e senza-pensione. Anzi, sono facce di una stessa moneta "inorganica". E' certo presente il color nero, ma e' accompagnato da quello dei latinos. E anche dai bianchi, pronti a smentire chi li assimila in blocco al suprematismo, al neoliberismo e al vetusto espansionismo imperiale. I rivoltosi "caucasici" non risiedono piu' soltantanto nei campus universitari. Nemmeno nelle troppe ex-citta' industriali come Detroit. Oggi popolano le file dei disoccupati.
Covid-19 ha accelerato bruscamente il crack (non solo economico) da lungo in gestazione, che assume le sembianze della sterilizzazione o svuotamento del patto sociale. E chi lo svela e si pone di traverso alla deriva, e' tacciato di profeta di sventure e "complottista". Per intendersi, un surrogato del terrorismo. Attraversiamo un'epoca strana, in cui i complotti non si ordiscono piu' nei club segreti o al riparo di conciliaboli di iniziati. In sintesi, escort-pensatoi. "Complottista" e' ormai chi -in modo trasparente- esprime apertamente riflessioni o condotte difformi, sgradite a organizzatori e frequentatori di indottrinamenti insonorizzati. Sgradito ai saccheggiatori dell'erario e di liquidita' monetaria stampata ad hoc, ma carico degii inermi "cittadini".
Puntuale e' arrivata l'alzata di scudi contro spicciolati espropri e improvvisate riappropiazioni. Tollerate quando si tratta di hamburger, patatine fritte e ketchup, imperdonabili nel caso di televisori, laptop e cellulari. All'unisono, dagli spalti dei castelli, gli apologeti dell'esistente gettano pece, liquame e olio bollente sui giovani e ringalluzziti plebei. Segnalati come "ingenui" o utili idioti che -nella prossima lotteria elettorale- farebbero il gioco dei "complottisti" (dell'opposta sponda). Che il fato incenerisca gli untori anarchici, gli antifa e i promisqui, urlano gli uni. Fulmini, lava e lapilli sui "suprematisti-fascisti-cospirazionisti", ribattono astiosi i concorrenti.
Tutti ignari che -dopo l'effimero fuoco fatuo di Bernie Sanders e le vuote minacce di Trump- l'offerta elettorale non desta soverchie tempeste emotive. Campeggia l'eterna identica opzione: bipartisan e unidimensionale dell'ultraliberismo malthusiano. "Guerra economica" infinita di Trump contro il resto del mondo, oppure la variabile speziata della "guerra-anche-militare" contro la Russia, senza se e senza ma, cara al clan dei Clinton.
L'establishment di Washington sembra non aver nulla di concreto da offrire ai ribelli. Ciascuno vende come virtu' il minimalismo dell'essere meno peggio dell'altro. strutturalmente permeato da un angosciante amletismo: che cosa avvantaggia chi? Come estrarre profitto elettorale dall'insubordinazione di massa? Le cose, pero', sono andate ben oltre. Il cambio di inquilino nella Bianca Casa non e' un fattore dirimente ne' risolutivo. Sicuramente non provoca insonnia. La metafora degli anni 70 e' un intralcio ingombrante, mero "vintage" superato. Gli e' che non si tratta piu' di soli "diritti civili", e neppure di tematiche limitate alle idiosincrasie degli afro-discendenti.
Il dato di fondo e' l'irruzione di un soggetto inquietante che rivela i tratti di un terzo mondo casalingo, da sempre rimasto sotto la cenere. Hanno molto a che spartire, oltre una comune condizione di sopravvivenza, attestata su indicatori statistici indegni di una societa' industrializzata. Tra di loro sanno comunicare per via di svariate affinita'. Non secondaria, il pagare con il mestiere di soldato un'inclusione iniqua, diventata una "missione impossibile".
Gli USA fronteggera' il suo terzo mondo interno come ha fatto a Kabul, Bagdad, in Siria o in Somalia? Con quei metodi l'ascesso diventera' un bubbone, rendendo ancora piu' fragile la convivenza e piu' fatiscente l'istituzionalita' interna. Rischia di aprire un altro fronte destabilizzante. Non transitorio e chez soi Non e' da sottovalutare che l'elite non sta proprio dando segnali di compattezza e coesione. Persino nell'area militare cambiano i vertici alla velocita' con cui erano rimossi nell'Unione Sovietica prima dell'implosione.
Il "terzo mondo" in seno all'impero si e' dispiegato mentre dappertutto crollano miti e tabu', fondamentalismo econonico e codici fondanti. Un dollaro investito nell'economia militar-indusriale, ora non ne produce piu' automaticamente tre. Le armate tornano con bottini piu' esigui dai troppi fronti di guerra del mercato-mondo . La redistribuzione verso il basso e' vicina allo zero, come comandano i manuali del dogmatismo liberista.Rendere piu' ricchi i gia' ricchi, non moltiplica la quantita' o il peso delle molliche di pane che cadono dalle loro tavole. E le filantropie private non sono bastevoli.
Diventa illusorio, pertanto, persistere nella devozione passiva ad un sogno senza trascendenza, fondato sull'esclusione programmata. Reclusa nel perimetro asfittico e ingannevole di "integrazione etnica selettiva, gerarchicamente stratificata".
E' finito sotto il tiro della critica pratica un modello sociale che non sa proprio funzionare con la pace, congegnato per prosperare -come la storia ci ammonice-soltanto con la guerra permanente. All'interno e fuori delle propie frontiere.
Immagini: Murales di El Kalaka, Emory Douglas
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