Tutte le città siciliane furono colpite, riportando danni materiali morti e feriti e dispersi. In particolare Messina non ancora pienamente ricostruita dal terremoto del 1908, furono sperimentate per la prima volta bombe incendiarie; in pratica una vita quotidiana costellata di allarme continuo di sirene lungo otto mesi di messa di fuoco e macerie.
Non solo tutto questo
ma anche un progettino niente male allorché il professore Zuckerman
docente di anatomia ed endocrinologia studiò gli effetti dei
bombardamenti in Sicilia per potere effettuare una stima dettagliata
degli effetti di una offensiva estesa e prolungata delle forze aree
alleate: non come limitare i danni ma piuttosto per massimizzare
l’efficacia dell’offensiva area contro i nemici che beninteso non erano
altro che la stessa popolazione siciliana.
La notte del 10
luglio 1943 si cambiò radicalmente le sorti della Sicilia e dell’Italia
intera. Sbarcarono in Sicilia 181 mila uomini con al seguito di 1800
cannoni, 600 carri armati e 14 mila automezzi. La pianificazione
dell’operazione fu posta sotto il comando generale di Eisenhower (futuro
presidente Usa) e dalla VII armata americana (con la guida di Patton) e
la VIII armata britannica (con la guida di Mongomery).
Le truppe alleate
conoscevano bene il territorio sia gli inglesi che gli americani. In
particolare due importanti strutture americane l’OSS (Office of
Strategic Service) e l’ONI (Office of Naval Intelligence) avevano
raccolta una documentazione cospicua sulla realtà sociale siciliana
(grazie al contributo dato dalla mafia italiana presente in Usa) e
successivamente con l’occupazione del territorio siculo con l’AMGOT
(Allied Military Government of Occupied Territory)
La liberazione
dell’Italia significò anzitutto il risveglio della principale
organizzazione criminale presente sul territorio nazionale quale era
appunto la mafia. Si parlò di risveglio perché il prefetto Mori (dalla
fine degli anni venti) su mandato dal governo fascista per contenere e
risolvere possibilmente la situazione era riuscito quasi a debellare e
comunque a rendere “dormiente” l’intera struttura mafiosa presente sull’isola.
La mafia si presentò
nella versione più appariscente e più inusuale. Ci sono varie versioni
le più disparate su come si entrò in contatto con la mafia. In
particolare, Il ritorno di Don Calò a Villalba(suo paese natio) per
riorganizzare una politica alternativa al fascismo con una nomina di
sindaci notoriamente legati alla mafia e per siglare un patto di fiducia
e di collaborazione fu nominato ufficialmente sindaco di Villalba.
I cambiamenti
introdotti all’interno dell’organizzazione statale con il contributo
essenziale della mafia furono evidenti e rappresentarono il salto in
avanti per un cambiamento epocale che trasformò completamente l’idea
stessa del carattere mafioso; da una mafia locale e contadina
post-unitaria, con una interruzione durante il fascismo, fino alla
veicolata esplosione nel periodo dell’occupazione alleata dove elementi
mafiosi si infiltrarono nella nuova pubblica amministrazione fino a
diventare un tutt’uno e ricoprire incarichi pubblici per dirigere ed
organizzare la borsa nera, con i referenti più importanti della mafia che si potevano trovare nel giro di Vito Genovese.
Si stabilì un
connubio di traffico illecito di commercio di generi alimentari dove
vagoni interi di derrate dovevano partire dalla stazione di Villalba
muniti di regolari documenti rilasciati dall’AMGOT e dove veniva presa
in consegna da Genovese (noto mafioso) e rivenduta nel mercato.
Ma immediatamente
dopo lo sbarco degli alleati ed il conseguente risveglio della mafia si
scatenò uno spirito siciliano separatista ed indipendentista, una sorta
di doppio binario riservato agli americani nella speranza che o l’uno
(mafia) o l’altro (separatismo) si potesse portare a compimento una
occupazione e aggiudicarsi un primo tassello Usa sul suolo italiano e a
garanzia di una futura memoria; nell’uno o nell’altro caso i fili di una
prima dominanza americana rimanevano ben saldi e ogni dipendenza
risultava garantita.
Da rilevare che nel separatismo siciliano
riuscirono a mescolarsi elementi più o meno puri di indipendentismo con
elementi di dubbia provenienza a metà tra mafia e brigantaggio una
rimescolanza le cui finalità ultime risultavano essere tutte d’Oltre
Atlantico. A dimostrazione di come tali personaggi erano guidati
consapevolmente e sapientemente etero diretti fu nelle dichiarazioni che
più volte espressero che volevano diventare il 49 (quarantanovesimo)
stellone americano.
L’artefice principale
del separatismo fu Finocchiaro Aprile che a ridosso dello sbarco
americano diffuse un appello al popolo attraverso un primo movimento per
l’indipendenza siciliana (MIS) grazie ad una alleanza con la rinascente
mafia rappresentata da Lucio Tasca e da don Calò Vizzini e Antonio
Canepa agente segreto dell’Intelligence britannica e che insieme al
Tasca e diedero forza alle rivendicazioni indipendentistiche che culminò
con un Memoriale con cui venivano informati i governi degli Usa e dell’Inghilterra circa l’aspirazione del popolo a diventare uno stato sovrano.
La risposta da parte
degli alleati fu diplomatica perché tesa ad assumere una posizione di
ambiguità con il nascente stato italiano. Da un lato si concedeva ogni
appoggio ai separatisti con le nomine nei comuni, dall’altro i
separatisti venivano esclusi dagli alleati dai posti di responsabilità
negli enti od uffici di nuova istituzione oltre nella designazione dei
prefetti.
Ma gli alleati per la
loro naturale ambiguità e nella premessa di operare su due campi
avversi alle vicende siciliane, mollarono dopo appena alcuni mesi il
separatismo con un messaggio del generale Eisenhower con il quale si
rivolse direttamente al popolo italiano e non già a quello siciliano e a
nome dei governi degli Usa e della Gran Bretagna.
Tutto ciò portò ad
indicare una verità nascosta e coltivata nel segreto delle cancellerie
Usa che riguardava la massiccia presenza di mafiosi italiani presenti
sul territorio americano e che aveva le loro radici in una Sicilia
consanguinea in cui gli gli interessi americani venivano traslati in
quelli dei mafiosi per renderli più fruibili all’attenzione del popolo
siciliano.
Questo processo di
appoggio al separatismo fu aiutato dalla mafia in accordo con gli
americani che la ritenevano l’interlocutore principale e per certi
aspetti superiore ai nascenti (1944) partiti dell’arco costituzionale
(DC,PC,PSI,Pri…). Ma si arrivò a punto che ciò non era più possibile
continuare su quella falsariga per cui si cominciò a pensare che era più
prevalente l’interesse americano su quella area ed il cambio fu
repentino ed improvviso.
Nell’approdo alla
clandestinità dei separatisti, facendo seguito al completo isolamento
prodottosi per il prevalente appoggio americano all’amministrazione del
Governo italiano, si formò la prima formazione clandestina dell’Evis
(Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia) e si trovò subito
a dover fronteggiare l’esercito Italiano con conseguente arresto di
Finocchiaro Aprile ed uccisione di un altro leader Canepa e con i
prolungamenti della banda Giuliano fino agli anni ’50.
Ma la “cambia di
casacca” è una costante del costume siciliano e non solo. Avendo
abbandonato l’idea del separatismo rimaneva la carta riservata dell’Autonomia Siciliana,
un risultato quanto meno convincente da giocare su un piano di
trattativa con lo Stato italiano e vissuto dai i separatisti come valore
residuale, una sorta di contentino riservato a coloro che fino a quel
momento furono aiutati a perorare la causa del separatismo.
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