domingo, 21 de octubre de 2018

Venezuela: Lo Stato esporta 878 miliardi contro i 121 del settore privato


Coriolanis - L'economista venezuelano Luis Salas Rodriguez ha dato a conoscere alcuni sorprendenti dati statistici. Distrugge un mito ben radicato, ma falso. Quello che descrive il settore privato dell'economia come vittima di uno Stato-orco che gli impedirebbe di svilupparsi. Insomma, un imberbe David contro un malvagio Golia che farebbe di tutto per mantenerlo nella
categoria dei pesi piuma. Si tratta di una leggenda tropicale, riuscita a divenire anche metropolitana, assai gradita alla platea internazionale, grazie alla sete di senso comune diffusa durante le recrudescenti guerre psicologiche massive, oggi molto in voga.


Dal 1999 al 2015, il settore privato venezuelano ha totalizzato esportazioni per 121 miliardi di dollari, riuscendo a importare 680 miliardi nello steso periodo.
Dal 1995 al 2015, il settore pubblico ha effettuato esportazioni per l'ammontare di 878 miliardi di dollari; ed ha fatto importazioni per 251 miliardi.


Il deficit commerciale privato somma 559 miliardi di dollari mentre il surplus del settore produttivo statale é di 627 miliardi. Oggi, il petrolio, gas ed altre materie prime sono la base e il fondamento dell'economia nazionale, provvedendo all'afflusso delle vitali valute pregiate. 

Non esiste nulla che possa assomigliare ad un "borghesia produttiva", neppure nei panni di protagonista di un ciclo classificabile come sviluppo per " sostituire importazioni". Lungi da tutto questo, quelli che amano rappresentarsi come "classe imprenditoriale", sono i resti di un dominio che é riuscito sempre ad appropriarsi della rendita nazionale. Sin dai tempi della colonia, e poi dal 1920 con il boom dell'industria petrolifera. La diversificazione produttiva incompiuta ha radici lontane, che per comoditá si addebita a Chávez.

Il settore privato ha sempre fatto svanire nel nulla i fondi dell'erario pubblico erogati per finanziare l'industrializzazione. Fino all'estremo in cui in pieno blocco commerciale e finanziario del Venezuela ha "privatizzato" anche le divise pregiate, indispensabili per le importazioni e la distribuzione (di cui é monopolista). A costo della penuria di farmaci ed alimenti  per la maggioranza, ma sperando -erroneamente- di ricavarne consenso politico anti-establishment.

Fuor di propaganda e mitologie di comodo, si puó affermare che il Venezuela cerca disperatamente una borghesia produttiva o protagonisti dello sviluppo, capaci di operare e convivere con le regole di una democrazia partecipativa, in un quadro di economia mista, con equitá sociale. Il settore da sempre egemonico, sembra piú posseduto da pretese aristocratiche, piuttosto che dallo spirito imprenditoriale.
 
Per questo, investono i loro beni e i migliori talenti, nel cospirativismo e congiure di palazzo, o deprecabili avventurismi per rimettere le mani sul potere politico centrale. Loro si spendono unicamente per questo: é la madre di tutte le ricchezze. Pertanto trovano facilmente forze esterne pronte a stimolarne l'ego atavico ed accompagnarli ovunque, anche nel terrorismo. Accondiscendono con gaudio alle richieste di sanzionare il Paese che li vide nascere: ariete per aprire la breccia.

La zoppicante elite é solo un utensile per rompere l'integritá territoriale del Venezuela, amputarla della zona orientale, vero scrigno delle sue ingenti risorse (non manca neppure il coltan). Sufficienti, in un contesto di flessione egemonica imperiale -generalizzata- per garantire la continuitá e l'immutabilitá del neoliberismo e i fasti d'un nuovo "secolo nord-americano". Volere, peró, non é sempre potere. Cuba, senza atomiche, senza vettori balistici, solo con il suo zucchero, ma con il popolo e l'eroismo di massa, é sempre lí a testimoniarlo come un monito imperituro.
 
Gli Stati Uniti, incuranti dell'anacronismo, hanno tirato fuori dal baule  delle anticaglie la dottrina Monroe del 1824. Il continente americano apparterrebbe ancora al territorio con capitale Washington. L'UE ignara, annuisce e asseconda tutte le iniziative varate per riattualizzare un surrogato del pinochetismo, all'interno di una impossibile ri-colonizzazione. Questa é la cornice ideologica di Trump cara ai neocons e condivisa anche dalla coppia Soros-Bannon.

L'UE, nelle brume di Bruxelles, annuisce e asseconda, persistente nelle intromissioni ipocrite ed inopportune nella vita interna di altri Paesi (1). Preferisce "ideologizzare" gli affari e gli interessi, sacrificando le intese di lungo periodo. 

Non sorprende che il Venezuela abbia aperto le porte alla Cina. Per Pechino, il paese sudamericano é diventato il maggior destinatario nel continente dei loro investimenti, tecnologie e commerci. Fino al livello massimo di accordo strategico reciproco.  

Note
(1)
Principi-guida che regolano le relazioni della Cina con l'America latina e i Caraibi:
*) Rispetto reciproco dell’integrità territoriale e della sovranità;
*) Mutua non-aggressione;
*) Mutua non interferenza negli affari interni di ciascuno;
*) Uguaglianza e mutuo beneficio;
*) Coesistenza pacifica.

 



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