Gli antichi morros sullo sfondo, la pianura lievemente ondulata tutt’intorno. L’Università nazionale sperimentale de Los Llanos centrales Rómulo Gallego, a San Juan de los Morros, Stato di Guárico, sembra aver trovato qui la sua giusta cornice.
L’ateneo, specializzato nelle produzioni agroalimentari (ha trenta ettari coltivati) e nelle ricerche nel campo della salute, è al tempo stesso un’area di avanguardia e un luogo di applicazioni concrete, compresa la vendita di prodotti
agricoli utili perfino ad affrontare la guerra economica in corso contro il Venezuela.
Il rettore José Luis Berroterán, già docente all’università centrale del Venezuela ed ex ministro dell’agricoltura, appoggia diversi programmi originali. Ad esempio il progetto Cacique Nigale, per la formazione nel campo della salute di giovani appartenenti alle numerose comunità autoctone dei popoli originari, sopravvissuti alla colonizzazione. Ci spiega il progetto la sua coordinatrice, la dottoressa Leyda Peña, originaria della etnia Bari nello Stato Zulia:
«Abbiamo iniziato nel 2010 grazie a un accordo fra questa università, il ministero della salute e quello dei popoli indigeni e dei popoli originari. Il programma ha un’importanza strategica, perché le comunità autoctone vedono la medicina allopatica e il medico criollo come estranei, perfino minacciosi. Nel concetto di cosmogonia che abbiamo ereditato dai nostri antenati, la salute è qualcosa di integrale, una relazione stretta fra l’essere umano e lo spazio vitale, la natura. Gli studenti provenienti dai diversi popoli originari (wayu, warao, ñangatu, chaima, pemon, kariña) si formano nella medicina convenzionale, ma senza dimenticare le proprie radici e le conoscenze ancestrali dei popoli, e quindi saranno capaci di offrire alle loro comunità un’alternativa nella prevenzione e nella cura.»
E mentre i giovani delle varie comunità ci regalano la traduzione nella loro lingua natale di un motto più che urgente, «Pace per il mondo», Leyda sottolinea l’importanza delle cure naturali: «Il Venezuela è il quarto paese con maggiore biodiversità al mondo! L’industria straniera ci ha spesso rapinati dei principi attivi che vengono falle nostre piante autoctone, malgrado le nostre leggi vietino questa appropriazione dei saperi ancestrali dei popoli indigeni.»
Già, l’albero della moringa. La moringa oleifera è chiamata anche «albero miracoloso» perché ha foglie ricchissime di proteine, vitamine e sali minerali, Una centrale di alto valore nutritivo e curativo. Tanto che può bastarne un cucchiaino al giorno per riequilibrare i valori nutrizionali. Ha poi diversi altri usi, dall’olio alla possibilità di avvantaggiare altre colture. Il rettore José Luis Berroteran spiega il Plan Moringa che ha portato avanti anni fa:
«Il comandante Fidel Castro nei suoi ultimi dieci anni di vita approfondì molto la questione agroalimentare. E arrivò a concludere che la moringa è una soluzione al problema della fame nel mondo, perché ha una condizione eccezionale dal punto di vista nutritivo – oltre il 20% di proteine nelle foglie –, ha tutti gli aminoacidi necessari per la dieta, è un alimento eccellente, ha più calcio del latte, più ferro degli spinaci. All’ettaro arriva a produrre 100 tonnellate di materia fresca all’anno. Nessuna pianta arriva a tanto! Per non dire del suo potenziale medicinale».
Fidel Castro regalò i semi di moringa al presidente Chavez. «Dobbiamo continuare questo progetto, industrializzarlo su piccola scala, anche grazie al Fronte nazionale innovatori e ricercatori della scienza, il Frebin, di cui sono portavoce», conclude il rettore.
Dal canto suo, il professor Severiano Rodríguez Parilli studia da tempo le api senza pungiglione, le Melipona. «Il loro miele ha proprietà antibiotiche molto interessanti. Catalogare e proteggere queste api significa aiutare la biodiversità, in un contesto, quello del bosco secco tropicale, che caratterizza la metà del territorio venezuelano ma che è stato via via sostituito dalle colture e dall’allevamento.»
Uno dei progetti del professore è la classificazione delle diverse Melipona sulla base dello studio del Dna. Un altro è la pubblicazione di un libro, già pronto, sulle «sue» api (eccole affaccendarsi in un nido spontaneo che hanno ricavato in un muretto all’università), anche per sensibilizzare gli agricoltori alla preservazione di questa specie importante. Ma vorrebbe anche ricreare, sui terreni dell’università a scopo di studio e ricerca, uno o due ettari del tipico bosco secco tropicale.
fonte: QUI
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