Tito Pulsinelli
Anche ieri -domenica- sono caduti 12 razzi oltre la frontiera d'Israele, in quei territori che appartenevano ai palestinesi, oggi rinchiusi nel ghetto di Gaza. Anche ieri, come all'inizio dell'invasione e delle distruzioni indiscriminate di uomini e cose che hanno indignato il mondo. Eppure ieri, il governo di Tel Aviv ha sospeso unilateralmente le azioni belliche ed ha cominciato a ritirare l'armata.
Hamas ha detto "OK, avete una settimana per la ritirata completa e per l'apertura delle frontiere".
Sembra la sequenza di un film in cui la trama si rivela totalmente differente dai manifesti e dalla campagna pubblicitaria per il suo lancio nel mercato. Che cos'e' successo? Che cosa ha indotto alla svolta repentina coloro che erano rimasti sordi alle condanne urbi et orbi? Che cosa ha ammorbidito i cuori di pietra che avevano rigettato con sdegno le condanne del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea generale dell'ONU? E poi quelle della Croce Rossa internazionale, di Amnesty International e della maggioranza dei governi dei Paesi non europei?
E' il "primo miracolo" di Obama? Tel Aviv non vuole rovinare la sua festa dell'ascensione alla Casa Bianca? Eppure, dodici razzi Kassam sono stati lanciati anche ieri. Ciò dimostra che Hamas è ancora in piedi e che per distruggerla bisogna conquistare palmo a palmo il suo territorio, casa per casa, piano per piano.
L'operazione militare israeliana si e' fermata prima, non ha varcato questa soglia, che è quella della "guerra asimmetrica" ortodossa in cui si sono impantanati gli Stati Uniti in Iraq e la NATO in Afganistan. E' la soglia in cui la tecnologia bellica e i tecnoguerrieri perdono la superiorità e diventano parecchio vulnerabili. E bisogna conquistare la mente, i cuori, non solo spazio urbano.
Quando non si può annichilire un nemico, sarebbe saggio scendere a patti e trovare soluzioni che siano qualcosa di piu' che un nuovo intervallo fino alla seguente recrudescenza di violenza. Tel Aviv e -soprattutto- i suoi sponsor, nulla possono contro "l'arma demografica" palestinese e la forza di una resistenza decisa a non indietreggiare piu'.
Gli sponsor dicano chiaramente se il 15% del territorio residuale è troppo -o troppo poco- per uno Stato palestinese. Dicano apertamente che la Palestina non è "una terra senza popolo per un popolo senza terra", e cancellino questo dogma sionista assurto a mito fondativo e dottrina dello Stato di Israele.
Nel frattempo, lo sconfitto numero uno è il mito dell'onnipotenza e imbattibilita' militare dei guerrieri di Israele. Una superpotenza nucleare contro un gruppo di "terroristi"? In soli due anni, ha dovuto indietreggiare di fronte al partito-milizia di Hezbollah; e oggi non ha potuto polverizzare Hamas, soprattutto gli ha conferito gran prestigio e respiro politico.
Contro la logica inesorabile della guerra, nella società civile internazionale si è radicato il ricorso al boicottaggio come strumento di pressione concreto, non-violento, dal basso.
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