sábado, 26 de junio de 2010

Iran: USA, Israele e il nodo scorsoio

Sanzioni, blocco navale, embargo, distruzione degli impianti nucleari - Il prezzo caro è per l'Europa

Tito Pulsinelli
L’effetto ipnotico indotto dal Mondiale sudafricano di calcio agisce come fattore di distrazione di massa e il Pentagono sta utilizzandolo contro l’Iran; così come durante l’Olimpiade di Pechino mossero infruttuosamente i valvassini della Georgia contro la Russia. Ora completano il dispiegamento bellico aereo-navale nel golfo Persico e nel Mar Caspio, per stringere il nodo scorsoio attorno all'Iran.

Gli Stati Uniti ed Israele non erano affatto contenti delle sanzioni approvate nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, in versione molto attenuata per evitare che la Russia e la Cina si defilassero. Erano troppo light, inadatte per ottenere risultati immediati.

A distanza di una sola settimana, infatti, Stati Uniti ed Europa si sono affrettati a varare un pacchetto aggiuntivo di sanzioni e divieti contro Teheran che riguardano non solo le forniture militari, ma pure i prodotti farmaceutici, chimica, banche, veicoli di trasporto, beni di consumo. Prendono di mira anche i prodotti energetici come petrolio, gas liquido e derivati, colpendo gli interessi di molte piccole e medie aziende europee che forniscono strumentazione per raffinare il petrolio in Iran. Troppe cose che poco hanno a che vedere con gli armamenti ed il nucleare.

Gli Stati Uniti hanno poco da perdere, visto che da 40 anni non fanno affari con l’Iran, ma per gli europei non è così, e pagheranno un prezzo elevato. Ammonta a 30 miliardi di dollari l’interscambio con l’Iran, e la Francia, Germania e Italia sono soci commerciali di spicco. Inoltre, gli idrocarburi rapresentano il 90% delle esportazioni verso l’Europa, e sicuramente il succoso export europeo svanirà nel nulla. E’ impensabile che gli iraniani si lascino metter sotto embargo economico senza applicare contromisure della stessa indole.

I divieti alle piccole imprese fornitrici di parti tecnologiche per le raffinerie e tuberie difficilmente riusciranno a privare l’Iran della benzina, che continuerà ad affluire dall’India, con cui è in piedi il progetto di un gasdotto e contratti per forniture ventennali. Tra un mese gli europei cominceranno a chiudere anche i porti, aeroporti e banche. Molti pensano che la Cina approfitterà -senza colpo ferire- della ghiotta occasione per rimpiazzare la concorrenza “occidentale”.

La dislocazione dei mezzi aereo-navali sul teatro d’operazione iraniano si è accelerata, in quella che si preannuncia come una missione di lunga durata per isolarne ermeticamente le coste ed i porti. Con un obiettivo: mettere in ginocchio l’avversario con un mega-embargo economico. Questa versione modernizzata della coloniale “politica delle cannoniere” è abbinata anche alla necessità di mantenere aperti e transitabili lo stretto di Ormuz e l’area del golfo Persico. Garantire il vitale transito delle petroliere dirette nei porti del sud degli Stati Uniti. Più del 70% del petrolio passa da lì.

Le portaerei, i sommergibili e gli aerei devono neutralizzare la prevedibile risposta simmetrica di Teheran nell’area marittima, proteggere Israele ed Arabia saudita e rendere possibile il bombardamento delle istallazioni nucleari, molto gettonato da Tel Aviv. Questo sarebbe uno schiaffo agli ayatollah che -in combinazione con la guerra economica- ritengono che provocherà un corto circuito capace di metterli in ginocchio. E’ una costosa e micidiale azione disciplinaria per mettere in riga una scomoda potenza regionale emergente, per nulla funzionale e compatibile con gli USA. E che l’Europa si lascia imporre come nemico, pur essendo un socio commerciale di primo piano, e una fonte energetica alternativa a quella russa.

Come sempre, gli “occidentali” sembrano sottovalutare un avversario che dispone di una forza armata di un milione di uomini, oltre ai Guardiani della Rivoluzione. Collaudata in una guerra decennale vittoriosa contro un nemico armato con la migliore tecnologia bellica fornita da Washington e vari Paesi europei. Il loro pupillo si chiamava Saddam Hussein. Non viene valutato il fattore Turchia dopo il suo recente viraggio verso Teheran ed il ruolo oiù autonomo sulla scena regionale. Com'era prevedibile, con un automatismo simultaneo, è stato riattivato il separatismo kurdo con azioni inclinate verso il terrorismo. C'è da pensare che nella parte meridionale iraqena gli sciiti renderanno incandescente la situazione.

Il falò che sta per accendersi non sarà circoscritto alle frontiere iraniane, può invischiare militarmente l'intera regione, e il suo riverbero economico negativo -a parte le fabbriche d'armi- si sentirà su scala globale, soprattutto in Europa.


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