martes, 8 de noviembre de 2016

Sudamerica: "Fermare l'offensiva restauratrice" (a colloquio con Stella Calloni)


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Nella sua casa di Buenos Aires, parliamo con Stella Calloni (1) del cammino verso l'emancipazione con cui il continente ha aperto il terzo millennio. Un cammino che oggi sta subendo una drammatica battuta d'arresto.

Il crollo economico del 2001 fu molto duro in Argentina, un paese che aveva sempre voluto assomigliare all'Europa (e questo spiega il disprezzo delle classi alte verso boliviani o paraguayani, quasi fossero di un altro mondo). Però venne il momento in cui l'Argentina entrò finalmente in America Latina: avvenne con il governo di Néstor Kirchner, che proveniva dal
peronismo più combattivo, e che poté contare sulla contemporanea presenza di Lula in Brasile e soprattutto di Hugo Chávez in Venezuela.

Avevo conosciuto Chávez nel 1994, quando nessuno avrebbe immaginato che sarebbe diventato presidente. Era un leader naturale e possedeva una grande audacia rivoluzionaria. E non aveva complessi: si opponeva alla colonizzazione culturale esistente in tutto il continente. In quel periodo si cominciò a realizzare l'unità della regione, culminata nel 2011 con la creazione della Celac, la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños. Non si era mai vista prima, in America Latina, tanta unità nella diversità.

Kirchner in Argentina, Chávez in Venezuela, Lula in Brasile. Come si era giunti a questa eccezionale coincidenza di governi progressisti?

Questo fenomeno non è ancora stato studiato a fondo. La prima grande rivolta contro il dominio del neoliberismo avviene in Venezuela nel 1989 con il Caracazo: una resistenza spontanea, di fronte alla quale alcuni giovani militari prendono coscienza e si rifiutano di sparare contro il popolo; da qui il levantamiento del 1992. In Argentina, con l'imposizione delle misure neoliberiste, si ha un vero e proprio assalto al paese finché nel 2001 la classe media, ormai in ginocchio, si unisce alla rivolta popolare. In Bolivia Evo Morales sorge dalle lotte nelle strade; in Ecuador la popolazione abbatte tre presidenti che avevano mentito nel corso delle loro campagne elettorali.

Ma gli Stati Uniti non tardano a reagire...

Il primo colpo gli Usa lo ricevono nel 2005 proprio qui in Argentina, a Mar del Plata con la bocciatura dell'Alca, l'accordo di libero scambio che volevano imporre al continente. Da questo momento Washington sa che la situazione gli sta sfuggendo di mano. E comincia a inondare la regione di fondazioni e organizzazioni non governative. Le fondazioni, che affermano di lavorare per la democrazia, per la libertà, hanno in realtà il compito di infiltrarsi in diversi settori della popolazione (studenti, operai, imprenditori, magistrati) e di finanziare l'opposizione. Le ong si insediano nelle zone indigene o nelle zone povere sostenendo di voler aiutare lo sviluppo, ma in realtà distruggendo la rete sociale naturale, come era già avvenuto in Centro America. Il nostro problema poi è che manca la dirigenza politica: le dittature militari degli anni Settanta si erano incaricate di eliminare tutta una brillante generazione di sinistra. Inoltre il tema dell'integrazione regionale, così importante, non è stato debitamente spiegato alla popolazione, un po' come è avvenuto oggi con l'accordo di pace in Colombia, bocciato nel referendum.

E adesso l'offensiva restauratrice è in pieno svolgimento.

GliAmerica Latina Stati Uniti stanno applicando uno schema di controinsurrezione che in altri tempi era militare e che oggi utilizza essenzialmente la guerra psicologica. Grazie al controllo sui mezzi di comunicazione di massa sono riusciti a diffondere un'enorme disinformazione. Stiamo vivendo un momento molto pericoloso, perché Washington intende recuperare il suo "cortile di casa". Attraverso la pesante ingerenza nel voto come in Argentina (con finanziamenti di milioni di dollari alla destra) o attraverso golpes suaves come in Honduras nel 2009, in Paraguay nel 2012 e in Brasile quest'anno. Ma non sarà facile, costerà molte vite: basta guardare il Venezuela che in questa battaglia conta già numerosi morti. E noi dobbiamo lottare per riuscire a impedire questa restaurazione e per sostenere Ecuador, Bolivia e soprattutto Venezuela. Perché se quest'ultimo cade sarà una tragedia per tutta la regione. (10/10/2016)
 fonte http://www.latinoamerica-online.it/

(1) 
Giornalista, scrittrice e poetessa, l'argentina Stella Calloni è nota in tutta l'America Latina. Per il suo pluridecennale impegno nell'informazione militante ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui il Premio Latinoamericano de Periodismo José Martí. Tra le sue opere ricordiamo Operación Cóndor. Pacto criminal (in italiano Operazione Condor. Un patto criminale, Zambon ed.), Evo en la mira, Recolonización o independencia (con Víctor Ego Ducrot). Nel 2014 è uscita la sua biografia, Stella Calloni íntima. Una cronista de la historia, scritta da Héctor Bernardo e Julio Ferrer e con la prefazione di Fidel Castro.

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