Nella sua casa di Buenos Aires,
parliamo con Stella Calloni (1) del cammino verso l'emancipazione con cui
il continente ha aperto il terzo millennio. Un
cammino che oggi sta subendo una drammatica battuta d'arresto.
Il crollo economico del 2001 fu molto duro in Argentina, un paese
che aveva sempre voluto assomigliare all'Europa (e questo spiega il
disprezzo delle classi alte verso boliviani o paraguayani, quasi
fossero di un altro mondo). Però venne il momento in cui l'Argentina entrò finalmente in America Latina:
avvenne con il governo di Néstor Kirchner, che
proveniva dal
peronismo più combattivo, e che poté contare sulla
contemporanea presenza di Lula in Brasile e soprattutto di Hugo Chávez in Venezuela.
Avevo conosciuto Chávez nel 1994, quando nessuno avrebbe
immaginato che sarebbe diventato presidente. Era un leader naturale
e possedeva una grande audacia rivoluzionaria. E non aveva
complessi: si opponeva alla colonizzazione culturale
esistente in tutto il continente. In quel periodo si cominciò a realizzare l'unità della regione, culminata
nel 2011 con la creazione della Celac, la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños.
Non si era mai vista prima, in America Latina, tanta unità nella
diversità.
Kirchner in Argentina, Chávez in Venezuela, Lula in Brasile.
Come si era giunti a questa eccezionale coincidenza di governi
progressisti?
Questo fenomeno non è ancora stato
studiato a fondo. La prima grande rivolta contro il dominio del
neoliberismo avviene in Venezuela nel 1989 con il Caracazo:
una resistenza spontanea, di fronte alla quale alcuni giovani
militari prendono coscienza e si rifiutano di sparare contro il
popolo; da qui il levantamiento del 1992. In Argentina,
con l'imposizione delle misure neoliberiste, si ha un vero e
proprio assalto al paese finché nel 2001 la classe media, ormai in
ginocchio, si unisce alla rivolta popolare. In Bolivia Evo Morales
sorge dalle lotte nelle strade; in Ecuador la popolazione abbatte
tre presidenti che avevano mentito nel corso delle loro campagne
elettorali.
Ma gli Stati Uniti non tardano a reagire...
Il primo colpo gli Usa lo ricevono nel 2005 proprio qui in
Argentina, a Mar del Plata con la bocciatura dell'Alca, l'accordo
di libero scambio che volevano imporre al continente. Da questo
momento Washington sa che la situazione gli
sta sfuggendo di mano. E comincia a inondare la regione di
fondazioni e organizzazioni non governative. Le fondazioni, che
affermano di lavorare per la
democrazia, per la libertà, hanno in realtà il compito di
infiltrarsi in diversi settori della popolazione (studenti, operai,
imprenditori, magistrati) e di finanziare l'opposizione. Le ong si
insediano nelle zone indigene o nelle zone povere sostenendo di
voler aiutare lo sviluppo, ma in realtà distruggendo la rete
sociale naturale, come era già avvenuto in Centro America. Il
nostro problema poi è che manca la dirigenza politica: le dittature
militari degli anni Settanta si erano incaricate di eliminare tutta
una brillante generazione di sinistra. Inoltre il tema
dell'integrazione regionale, così importante, non è stato
debitamente spiegato alla popolazione, un po' come è avvenuto oggi
con l'accordo di pace in Colombia, bocciato nel referendum.
E adesso l'offensiva restauratrice è in pieno
svolgimento.
GliAmerica Latina Stati Uniti stanno applicando uno schema di
controinsurrezione che in altri tempi era militare e che oggi
utilizza essenzialmente la guerra psicologica. Grazie al controllo
sui mezzi di comunicazione di massa sono riusciti a diffondere
un'enorme disinformazione. Stiamo vivendo un momento molto
pericoloso, perché Washington intende recuperare il suo "cortile di
casa". Attraverso la pesante ingerenza nel voto come in Argentina
(con finanziamenti di milioni di dollari alla destra) o attraverso
golpes suaves come in Honduras nel 2009, in Paraguay nel
2012 e in Brasile quest'anno. Ma non sarà facile, costerà molte
vite: basta guardare il Venezuela che in questa battaglia conta già
numerosi morti. E noi dobbiamo lottare per riuscire a impedire
questa restaurazione e per sostenere Ecuador, Bolivia e soprattutto Venezuela.
Perché se quest'ultimo cade sarà una tragedia per tutta
la regione. (10/10/2016)
fonte http://www.latinoamerica-online.it/
(1)
Giornalista,
scrittrice e poetessa, l'argentina Stella Calloni è nota in tutta
l'America Latina. Per il suo pluridecennale impegno nell'informazione
militante ha ricevuto numerosi riconoscimenti
internazionali, tra cui il Premio Latinoamericano de Periodismo José
Martí. Tra le sue opere ricordiamo
Operación
Cóndor. Pacto criminal (in italiano Operazione Condor. Un
patto criminale, Zambon ed.), Evo en la mira,
Recolonización o independencia (con Víctor Ego Ducrot).
Nel 2014 è uscita la sua biografia, Stella Calloni íntima. Una cronista de la
historia, scritta da Héctor Bernardo e Julio Ferrer e con la prefazione di Fidel Castro.
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