In barba ai principi elementari di reciprocità, apertura delle frontiere e riduzione delle restrizioni in materia doganale che vigono tra nazioni che hanno sottoscritto un Trattato di Libero Commercio, questa settimana il Governo del Canada ha preso la decisione unilaterale di imporre il requisito del visto turistico ai viaggiatori messicani che decidono di visitare il suo paese, con il pretesto ufficiale di non poter più accogliere il numero crescente di rifugiati provenienti dal Messico.
Strano. Secondo l’ACNUR, nel 2006 –anno di fuoco per il Messico, in cui si sono verificate le stragi di Atenco e Oaxaca e il paese è stato scenario di nutrite mobilitazioni contro la frode elettorale- 4.913 messicani hanno chiesto asilo politico al Canada1. Un numero esiguo, se si prende in considerazione l’entità della popolazione (circa 110 milioni di abitanti) e la gran quantità di casi di evidente violazione dei diritti umani negli ultimi anni.
Per non parlare del fatto che il Messico fin dai tempi di Lázaro Cárdenas (1934-1940) si è contraddistinto come una delle nazioni al mondo che ha maggiormente accolto rifiugiati politici, dai repubblicani della Guerra Civile Spagnola ai disertori statunitensi della guerra in Vietnam, così come i profughi delle dittature latinoamericane e persino i latitanti europei degli Anni di Piombo durante gli anni del riflusso.
Si tratta, dunque, di una scusa da parte del governo canadese. Il vero problema è l’indurimento della politica e delle misure migratorie negli Stati Uniti verso i migranti latinoamericani e il conseguente maggior afflusso migratorio verso il Canada.
Il numero di messicani che ogni anno si recano in Canada si aggira intorno ai 250 mila, di cui circa 10 mila per ragioni di studio (per perfezionare le proprie conoscenze della lingua inglese o francese) e il resto per turismo o in cerca di migliori condizioni di vita.
La misura ha causato un certo sconcerto in Messico, che al di là di qualche protesta verbale non si è, però, tradotto parimenti in un irrigidimento delle regole migratorie nei confronti dei canadesi che viaggiano in Messico, circa un milione quattrocentomila.
Cosa invece ha fatto la Repubblica Ceca nei confronti del Canada o il Brasile nei confronti degli Stati Uniti per ragioni analoghe.
È lampante che dopo l’effetto disastroso dell’influenza suina sul turismo e quello ancor più pesante e duraturo della crisi mondiale e nazionale, non ci si può permettere di intaccare una simile fonte di guadagni. Quindi, ancora una volta, bisogna abbassare la testa e mandar giù il rospo.
Eppure è emerso il fatto che il Canada, grazie al NAFTA, controlla il 70% dell’industria mineraria messicana (con attività altamente inquinanti e dannose per l’uomo e l’ambiente)2 e che dall’entrata in vigore del trattato lo scambio commerciale tra Canada e Messico si è tradotto in 11 dollari su 12 di beneficio per il primo paese contro un misero dollaro per il secondo3.
No hay comentarios:
Publicar un comentario