Tito Pulsinelli
Detroit ingurgita la FIAT grazie ad un robusto finanziamento statale degli Stati Uniti, ma la congerie di "rivoluzionari liberali" di antica e recente conversione intona imperturbabile i salmi d'una fede contraddittoria: zero Stato in libero mercato. L'insistita litania è divenuta un'acrobatica e schizofrenica incoerenza, protesa a conciliare l'assoluto assenteismo dello Stato italiano -dileguatosi dalla questione FIAT dopo averla finanziata per mezzo secolo- con l'interventismo statale di Obama. Quel che non sarebbe lecito a Roma sfocia nell'apologia di Washington che mette il becco nell'economia e ne diventa un protagonista.
Lo strabismo schizofrenico dei tardi "rivoluzionari liberali" può avallare simultaneamente la versione romana di "Stato minimo" e quella da verace "capitalismo di Stato" di Washington.
Misteri della fede millenarista che fa a cazzotti con la realtà. In nome del libero mercato lo Stato nordamericano si assicura la tecnologia, gli impianti, i modelli e i marchi della defunta FIAT. Marchionne, già insignito del cavalierato del lavoro, interessato solo a scelte di brevissimo periodo, sbolognerà tutto a Detroit, e potrà finalmente incassare le sue succulente "stock option" ed aspirare alla candidatura a "santo subito".
In questo guazzabuglio spicca la statura delle decadenti elites dirigenti che ormai non riescono a stare più al di sopra della palude politica, com'era avvenuto fino agli anni 80, quando l'economia e l'imprenditorialità (privata e statale) funzionavano nonostante l'insipienza dei politici. Nell'Italia d'oggi non è più possibile perchè esiste l'Europa e il liberismo, due abbagli cercati e trovati che accecano e paralizzano. Persino la logica ed il buon senso, sacrificati in onore dei grossisti del denaro e dei centri finanziari internazionali controllati dagli anglosax.
I "rivoluzionari liberali", continuano a scalare gli specchi, incuranti che i nuovi poli emergenti (Cina, India, Brasile e Russia) non subiscono o si discostano dalle fisime dogmatiche di cui sono depositari il FMI, Banca Mondiale (BM) o Banca Centrale Europea. Tra sei anni la Cina sorpasserà gli Stati Uniti perchè non ha mai abbandonato la centralità dello Stato come autore delle regole del gioco, attore attivo nell'economia, saldamente in possesso della sovranità economica e monetaria. Gli "occidentali", con l'emigrazione degli impianti produttivi per avvalersi della favorevole normativa cinese, credevano di potersene avvantaggiare in eterno. Non è stata affatto una pietra filosofale: ora si ritrovano con la Cina come concorrente globale nel sistema produttivo e finanziario.
Dopo Tienanmen, i cinesi hanno aperto le porte -a certe condizioni- ai capitali ed alle teconologie "occidentali", ma rimangono inalterate l'essenza e la struttura istituzionale, che marcano la direzione ed il ritmo della marcia verso la sua nuova egemonia. In primo luogo ignorando santuari e madrasse del liberismo globale. Ha sempre rinviato al mittente le ingiunzioni di "Stato minimo" o autonomia totale delle banche centrali, tant'è che -vent'anni dopo Tienanmen- possono comprarsi a buon mercato il debito estero "occidentale", cioè pezzi della loro economia.
I trasversali devoti di "Marchionne santo subito" tartagliano più vistosamente nella loro maccheronica neolingua, sordi alla realtà che li smentisce apertamente. Non producono più il grano, hanno liquidato l'industria automobilistica, e scalpitano irrequieti per mettere all'asta anche l'ENI e Finmeccanica. Non decidono la politica economica, monetaria ed industriale, vedovi della politica estera e con le forze armate a mezzadria. Dove credono di condurre un'Italia che -oltretutto- ha paura del futuro ed è vittima del flagello demografico? Non lo sanno, nè se ne preoccupano: è un'icombenza della BCE e FMI. Si tratta di una strada nota che sfocia nella deindustrializzazione integrale, decimazione del potere d'acquisto delle famiglie, debiti crescenti e fallimenti a catena. Ritorno alla dimensione di Paese dimezzato e declassato a "espressione geografica".
E' il precipizio da cui si sono salvati il Brasile, l'Argentina, la Russia e tante altre vittime designate dei centri di pianificazione esterna delle economie nazionali, quando gettarono nel cestino il menù neoliberista, sotto la spinta di rivolte e moti popolari. L'economia deve servire gli interessi delle maggioranze, non il contrario. I governi devono finanziare il reddito diffuso, la domanda e l'impresa nazionale presente sul territorio. Non i banchieri o le oligarchie europee. Sulla sponda dirimpetto alla Sicilia siamo ai moti del pane e alla riedizione del "que se vayan todos!" che riecheggiò recentemente in Argentina.
Il beato Machionne angelico ha cozzato contro la determinazione di chi non alza le mani, e vuole continuare a negoziare il prezzo della sua merce (lavoro). Quel 47% che ha detto no è la linea del fronte sociale contro l'estensione delle forche caudine e di quella formula a tutto il territorio.
1 comentario:
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;)
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