sábado, 4 de agosto de 2012

Siria: All'ONU, vittoria di Pirro della zona-NATO e petromonarchi

Passa una mozione light - Un terzo dei Paesi contrari al cambio forzato di governo e sanzioni - USA ufficializza l'appoggio agli anti-Assad
TP 
Vittoria di Pirro degli Stati Uniti e dei valletti europei, unanimi con la proposta di risoluzione (non vincolante) presentata da quel nuovo campione della "democrazia all'occidentale" che è l'Arabia saudita. Vittoria di Pirro? Yes, perchè circa un terzo delle 193 nazioni del mondo si sono opposte (1) o astenute (2), persino ad un testo light che ha tralasciato di menzionare l'estromissione di Assad o l'aggiunta di qualsivoglia sanzione contro gli abitanti della Siria. L'ambasciatore russo ha detto "Dietro la facciata d'una retorica umanitaria, la
risoluzione camuffa un appoggio fragrante all'opposizione armata che appoggiano ed armano attivamente".


L'ONU non si è fatta carico dei desiderata urlati dai terroristi di Aleppo (zona di interdizione aerea, corridoi umanitari, armamento pesante) e ripetuti a pappagallo dalla Clinton e dall'indotto diplomatico e mediatico di Londra, Parigi, Roma ecc. Le sanzioni sono e restano unilaterali e faziose, perchè pretendono punire solo una delle due parti in conflitto. Dopo la bomba contro il vertice militare siriano, che provocò l'eliminazione di 4 alti ufficiali, risulta arduo dare un manto legale alla pretesa di proibire ad uno Stato di neutralizzare forze mercenarie armate, che ricorrono ad autobombe, sabotaggi ed attentati. 


Il sequestro a scopo di estorsione del fratello del gran Mufti, avvenuto in una moschea di Aleppo, eseguito dai "democratici ribelli", e le rappresaglie contro gli abitanti dei quartieri popolari scelti come enclaves per l'ennesimo assalto finale al governo di Damasco, non sucitano certo simpatia. Il sequestro e l'esecuzione di Mohammed al-Saeed, noto presentatore e giornalista della televisione siriana, provoca indignazione e condanna generalizzata.
In ogni caso, non possono contare con l'avallo del Consiglio di sicurezza o dell'assemblea dell'ONU. Gli Stati Uniti hanno più volte ripetuto che non si lasciano impresionare, e tiravan dritto con il forzato "cambio di governo". Se non è possibile far bombardare dalla NATO, avrebbero armato i "ribelli", delegando ad Arabia saudita e Qatar il lavoro sporco di coodinare i tagliagole fondamentalisti. Ora lo farà ufficialmente: Obama ha appena firmato un decreto per finanziarli con una prima tranche di 25 milioni di dollari.


La sua politica di spurie alleanze per far fronte agli sciiti, è una pericolosa scorciatoia di corto respiro, destinata a guadagnar tempo però non l'acquisizione di nuovi spazi geopolitici. Il concubinaggio con i salafiti, l'amor eterno per i wahabiti di Ryad, comporta l'assunzione di paternità dubbiose ed assai insidiose. Tra qualche tempo, Israele potrebbe anche ritrovarsi con una Siria senza Assad, però circondato da forze più ferocemente antisioniste. Alla zona-NATO non resterà che prender atto che il sud sciita dell'Iraq è una terra promessa per gli ayatollah di Teheran.


La ragnatela geopolitica occidentale -in pieno processo di de/strutturazione, marcia verso la deglobalizzazione- si fa sempre più intricata, vischiosa e implosiva. E' certo che lo scenario indolore delle "primavere arabe" indotte dall'esterno ha quagliato qualcosa, ma si è esaurito. C'è un mutismo totale sui primaverili moti in Arabia saudita, e su quelli sciiti in Bahrein (3). L'intevenzionismo mascherato da "guerra umanitaria" benedetta dall'ONU è terminato in Libia. Non solo per il veto della Russia e della Cina, soprattutto per il sistema di difesa antiarea e di interdizione montato da Mosca in terra siriana, invalicabile per la NATO.


L'esistenza accertata di ragguardevoli giacimenti di idrocarburi tra Cipro e la costa mediorientale ha precipitato gli avvenimenti, mettendo a nudo l'impazienza e l'aggressività di Washington, vassalli europei e petromonarchi feudali d'Arabia. L'ambiguo ruolo della Turchia -come bulldog NATO di prima linea- ha già un costo sensibile. La fattura da pagare contempla il riattizzarsi della questione kurda sulla frontiera siriana e iraniana. L' aumento della conflittualità interna dovuto al severo deterioramento del livello di vita, frena l'avventurismo bellico contro i vicini siriani. Solo l'8% dei turchi è favorevole alla guerra, mentre il 41% è contario a qualsiasi coinvolgimento (vedi sondaggio QUI)


Ora c'è persino uno sfaldamento istituzionale, evidenziato dalla purga di ben 55 generali ed ammiragli turchi, imprigionati per golpismo. E' lo strascico esacerbato dell'areo abbattuto sui cieli siriani combinato all'insofferenza contro la neo-islamizzazione promossa da Erdogan, che abbandona la laicità del fondatore Ataturk. Non c'è più nemmeno la lusinga dell'entrata nell'Entità Europea a tener buoni i militari, forti d'un formidabile peso complessivo nel sistema economico turco.


Le imminenti manovre navali nell'area del giacimento ”Leviathan, di fronte alle coste del Libano, Palestina, Israele, Turchia e Siria, più che una muscolare esibizione di forza o pedagogia dissuasiva, ha il sapore della remota politica delle cannoniere. Era l'epoca coloniale, ora siamo entrati nel multipolarismo, ma faticano ad assimilare il dato, non ne tengon conto. Reagiscono in modo prevedibile, con riflessi condizionati ed  appannati. Tant'è che Russia, Cina, Iran hanno preso posizione, tracciando una linea de demarcazione netta e invalicabile in Siria. 
Fino a questo momento, i "dirrittoumanisti" non sono ancora riusciti a fiaccare l'unità e la coesione delle forze armate siriane, nè spezzare i suoi forti vincoli con la popolazione civile. Per le tecno-armate occidentali e' l'obiettivo più credibile e imprescindibile dopo i capitomboli in Iraq e Afganistan. Tutto il resto è narrativa ad uso e consumo degli utenti del monopolio mediatico transatlantico.

(1) Russia, Cina, Iran, Venezuela, Cuba, Bolivia, Nicaragua, Corea del Nord, Birmania (o Myanmar), Bielorussia,  Zimbabwe.
 (2) Algeria, Angola, Antigua & Barbuda, Armenia, Burundi, Ecuador, Erytrea, Fidji, Ghana, Guyana, India, Kazakhstan, Kirghizstan, Laos, Libano, Lesotho, Madagascar, Mali, Namibia, Nepal, Pakistan, Santa-Lucia, Saint- Vincent e Grenadines, Samoa, Sierra Leone, Isole Salomon, Sri Lanka, Surinam, Uganda, Tanzanie, Vietnam.
(3)  L’AFP  riprende dall'agenzia ufficiale saudita SPA. Venerdì pomeriggio, una pattuglia della polizia è stata bersagliata con armi da fuoco, sparati da "4 ribelli armati" a bordo di una moto. E' avvenuto nella regione di Qatif, sul Golfo persico, di fronte all’Iran, a 100 chilometri dal nord di Bahrein

2 comentarios:

Anónimo dijo...

"Israele potrebbe anche ritrovarsi con una Siria senza Assad, però circondato da forze più ferocemente antisioniste"
I siriani saranno troppo impegnati a cercare di fare pulizia etnica a vicenda per occuparsi di Israele, il cui obiettivo è distruggere l'unità statale di tutto il MO.

Anónimo dijo...

Ci penseranno Hezbollah; i kurdi che -grazie all'autismo dell'autodesignata "comunità internazionale"- sono in fase di azione convergente offensiva;

In ogni caso, la deliberata politica di disseminare il caos contro i nemici, è efficace quando si ottiene l'obietivo rapidamente, quando è di corta durata.Dopo si paga un prezzo alto.
La Siria resiste e contrattacca, è un osso duro, anche per il prossimo semestre: Russia, Cina e Iran continueranno a fare da barriera.

L'alleanza con i "barbuti" fanatici, è una mela avvelenata. L'Afganistan non ha insegnato nulla: li utilizzarono contro i Sovietici, ed oggi se li ritrovano dappertutto, e bersagliano anche i "british".Allevano la vipera che li morderà.

Ad Israele succederà identica cosa, nonostante l'elite militare sia consapevole dei pericoli e sia riuscita -finora- a bloccare la mano di Netanyau e dei suoi fanatici. Non si contan più le uscite pubbliche degli ex capi del Mossad, che sulla stampa raccoandano di non aggredire l'Iraan

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