Dopo 14 anni di governo, Caracas è stata teatro d'un evento senza precedenti che va ben oltre i contorni di una contesa elettorale, sicuramente di grande importanza anche per il resto dell'America latina. E' stato scandito un poderoso sì alla continuità d'un potere politico che destina il 42% del suo bilancio agli investimenti sociali: istruzione, salute, sicurezza sociale. Si è consolidata una muraglia contro il ritorno al neoliberismo, e in questo senso l'eco degli accadimenti e la cronaca politica provenienti dall'Europa, funzionano come un esempio negativo da non seguire. Un pedagogico monito a non lasciarsi incantare dal canto della sirena liberista e le sue infauste terapie anoressiche.
Il giovane rampollo della hight society, candidato dell'oligarchia, è stato costretto a camuffarsi, occultare il suo programma made in FMI, e travestirsi inutilmente da progressista. Inutilmente. La folla gioiosa, dall'entusiasmo contagioso che ieri si è impadronita della capitale venezuelana, è qualcosa di più d'una garanzia sicura per la rielezione di Chávez. Ne è convinto anche il Bank of America Merrill Lynch (qui). Si intravedono i primi segni vitali del blocco sociale da tempo in gestazione, la coesione di una identità culturale nazional-popolare più forte del latifondo mediatico, che testimoniano il sopravvenire della nuova egemonia sociale post oligarchica. Sintonizzata con il nuovo contesto del multipolarismo e con il sorgente blocco regionale sudamericano. Nella partita tra il socialismo del secolo XXI e il capitalismo del secolo XVIII, non ci sarà bisogno dei tempi supplementari.
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