sommare i tanti gruppetti sparsi di guarimberos che lanciano molotov, bruciano edifici e mezzi pubblici, magazzini di alimenti ecc.
I media hanno stabilito che del Venezuela si può parlare per abbinarla alla violenza e all'insensatezza di sparute minoranze estremiste, e si deve tacere in tutti gli altri casi. Così come per l'autore di un gesto violento è proibito usare il termine "attentato" se l'autore non è musulmano, a Caracas sono sempre "combattenti per la democrazia". Anche quando bruciano vivo un passante, o se da un elicottero lanciano ordigni contro il Tribunale Supremo.
La "narrativa" in voga deve bandire qualsiasi cosa rispecchi la normalità, l'allegria, la speranza, perchè il mondo deve essere convinto che regna solo caos, repressione, e le vittime devono andare sempre sul conto di "dittatori" immaginari. Puntano il dito accusatore sempre e solo contro la parte politica o sociale sgradita agli sponsor stranieri dei manipoli violenti.
Per questa ragione, tra tutte quelle avvenute in molte capitali, la sfilata più numerosa nella giornata dell'orgoglio gay, non ha trovato spazio nei media che pure scrivono a giorni alterni per diffamare o falsificare la vita quotidiana dei venezuelani.
Tutta questa gente non esiste, sono dei perturbatori della stanca "narativa" mediatica. Impegnata a spiegare com'è autoritario e intollerabile mettere sotto accusa la numero 1 della Pubblica accusa. Dimenticando che Trump, nella democrazia per antonomasia, ha licenziato ipso facto a Sally Yates, colpevole di impugnare il suo decreto antimigratorio. A Caracas è l'istanza superiore della magistratura a doversi pronunciare sulla procuratrice Luisa Ortega Dìaz. A Washington può farlo con una semplice firma un Presidente.
Sempre a Washington, un Presidente può nominare i giudici della Corte Suprema, che rimangono in carica tutta la vita.
Ormai è un segreto pubblico: la realtà esiste a prescindere dai media, e questi esprimono soltanto le idee -e gli interessi- dei loro proprietari. Per ora riescono ad alterare la percezione soprattutto della platea forestiera. Per tradursi in fatti concreti, però, o per corrodere la coesione sociale esistente, devono lavorare ancora molto. Piaccia o meno, Caracas è sempre Caracas. Non Damasco o Tripoli, e nemmeno Kiev.
Photos: Félix Gerardi / Adrián García / AVN (Pedro Mattey)
Source : http://albaciudad.org/2017/07/caracas-marcha-comunidad-lgbti-orgullo-diversidad-sexual/
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