Associazione YAKU – Roma, 10 luglio '08
Da lunedì scorso, 30 giugno, in Bolivia 21 persone sono in sciopero della fame per protestare contro le gravi violazioni dei diritti lavorativi degli operai nel Paese. Fra gli scioperanti, il dirigente sindacalista Oscar Olivera, anche portavoce della Coordinadora de Defensa del Agua y la Vida, che da dieci giorni, assieme ai suoi compagni, si è installato nelle stanze della sede sindacale della Federazione dei Lavoratori Metalmeccanici (Los Fabriles), nella Piazza 14 Septiembre di Cochabamba.
Invitiamo la stampa, le organizzazioni, i movimenti e le persone che anche a titolo personale si sentono vicini a questa importante battaglia in difesa dei diritti umani, civili e lavorativi, a manifestare la propria solidarietà sottoscrivendo il documento allegato, e dando visibilità a quanto sta accadendo in Bolivia.
Lo sciopero della fame in corso da dieci giorni in varie città in Bolvia è iniziato dopo che l'impresa di calzature Manaco, filiale a Cochabamba della multinazionale calzaturiera Bata, ha licenziato il proprio operaio Alejandro Saravia, 54 anni, 27 dei quali passati a lavorare il cuoio per la Manaco. Secondo quanto riportato dagli operai e dai sindacalisti in lotta, Saravia è stato licenziato senza giusta causa - e lasciato senza garanzie di mantenimento per se stesso e per la propria famiglia - dopo essere stato richiamato dai suoi dirigenti per presunte trasgressioni ai regolamenti interni della fabbrica.
La vicenda singola di Alejandro Saravia ha dato inizio all'estrema forma di protesta, perché è simbolo della situazione generale di molti operai in Bolivia, ed è stata dettata anche dalla totale mancanza di appoggio e di protezione da parte dello stesso sindacato degli operai della Manaco, definito in totale asservimento all'industria stessa. Il licenziamento di Alejandro Saravia pare essere stato solo l'ultima di numerose violazioni perpetrate dall'industria Manaco nei confronti dei propri dipendenti, che non possono avvalersi né di bonus di anzianità, né del pagamento degli strordinari, né di protezione sindacale, e che godono di stipendi medi di circa 700 bolivianos mensili (circa 70 euro al mese), a fronte degli stipendi degli impiegati, anche di 30 volte superiori.
La protesta di Oscar Olivera, anch'esso ex operaio e sindacalista alla Manaco per 30 anni, dei suoi compagni, e dello stesso operaio Alejandro Saravia, vuole mettere in luce la più ampia mancanza di tutela degli operai di tutta la Bolivia ed è un duro atto d'accusa contro lo stesso Governo boliviano e si sta estendendo in altri parti del Paese, ricevendo l'appoggio di sindacati ed operai di altre città boliviane.
Il gruppo Bata vanta una rete capillare di 4.600 punti vendita in più di 50 paesi nei 5 continenti. A questi si aggiungono le fabbriche di produzione calzaturiera, le concerie, i reparti di meccanica industriale, i laboratori controllo qualità, i centri di ricerca e sviluppo. La Manaco boliviana, presente nel Paese da decenni, da quanto denunciato porta avanti una politica lavorativa definita "dura" e coercitiva, e ad oggi non sta recedendo sulle sue decisioni nonostante la tensione, in Bolivia, stia crescendo sensibilmente.
Nel sito è possibile scaricare la lettera del Sindacato Los Fabriles di Cochabamba da firmare ed inviare agli indirizzi riportati.
Per info e lettere di solidarietà: www.yaku.eu
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