A FORZA DI OSSERVARE, HO VISTO
di Ciurma Anemica
Un’intera generazione ha visto le sue fototografie che conservano ancora la forza di scolpirsi nella memoria. Pochi sanno, però, chi è l’autore di quegli scatti che -dal 3 maggio- registrarono la poesia e la febbre creativa che emergeva alla superficie di una città. E che seppe irradiarsi al mondo. Era l’anno ’68, a Parigi, e Claude Raymond-Dityvon
(http://www.chambrenoire.com/index-7.html ) fu uno dei fotografi che seguì dall’interno la festa sovversiva.
Non certo come un reporter, ma partecipe attratto e identificato con quei “misfatti”, consapevole che si trattava di squarci profondi sul telone che aveva ricoperto le miserie di un’epoca.
Claude Dityvon era armato di una vecchia Pentax e due obiettivi di 35 e 50 mm, che durante ventisette giorni adoperò ininterrotamente, con gran maestria. Ci ha trasmesso con l’energia dirompente del bianco e nero, l’essenzialità estetica delle sagome e della loro ombra quando sono azione. I ribelli di quelle notti rischiarate dai bagliori dei lacrimogeni, ce li tramanda come danzatori leggeri, perchè il segno di Claude Dityvon ha la forza delle incisioni rupestri.
“Quella sera, riprendendo quelle immagini, mi resi subito conto che avevo registrato una storia meravigliosa. In quelle quattro settimane non ero stato un giornalista ma un narratore. Avevo realizzato un personalissimo giornale. Per la prima volta mi ero avvicinato nelle strade all’uomo. E’ lì che si sono rivelati i temi che ho continuato ad approfondire: la violenza latente, l’inquietudine, l’angoscia e l’incomunicabilità tra le persone” dichiarò dieci anni dopo al magazine “Photo” (Maggio 1978).
Il suo sguardo non si limitava all’esercizio della vista, sconfinava fino alla linea in cui scompariva la distanza tra la “cosa” osservata e l’osservatore. Fino a quand coglieva l’istante preciso in cui la vita diventa arte. “A forza di osservare, ho
visto” diceva spesso. "Si può essere testimoni del proprio tempo solo con l’osservazione dei dettagli, la sensibilità quotidiana, sommando i punti di vista. In quelle notti ho imparato che il foto-giornalismo è un’astrazione e che la
fotografia non è mai obiettiva. Non basta la fredda costazione”.
Sono pochi quelli che ci hanno tramandato immagini che non evaporano dalla memoria, e che si trasformano in simboli di un’epoca che i poteri continuano a detestare. E mostrano sempre il loro pollice verso, senza però riuscire a produrre la rimozione di uno snodo vitale della storia contemporanea. Anche quando gli editori patinati continuano a dar prova di grande cecità.
Claude Raymond Dityvon ci ha lasciati per sempre il 3 giugno. Forse ora, quelli che non vivono in Francia, riusciranno a collegare le immagini parigine al suo nome e alla sua passione.
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