Rodolfo Ricci
(Segr. FIEI)
Non ce lo dicono, non ce lo diranno, faranno di tutto per far finta di niente; ma il 7.9.08 è una data storica: in questo giorno, diciannove anni dopo il crollo del socialismo reale, sette anni dopo il crollo delle torri, è finito ufficialmente il pensiero unico neo-liberista, l’ideologia che ha dominato e controllato il mondo nell’ ultimo trentennio e forse qualcosa di più.
Con la nazionalizzazione dei due mega-istituti di credito ipotecario dai nomi che ricordano vagamente i cartoons, Fannie Mae e Freddie Mac, finisce l’ideologia del libero mercato, quella imposta dentro e fuori i confini degli USA e dell’Europa, fino alle lande più desolate dei continenti della povertà, nei paesi che dovevano essere sottoposti alla ricetta degli “aggiustamenti strutturali” imposte da FMI e Banca Mondiale che null’altro richiedevano se non la progressiva resa dello Stato e della Politica a vantaggio dell’acquisizione delle risorse e dei beni pubblici da parte del libero meccanismo del mercato che tutto regola e tutto decide come una vasta macchina mistica che “regge il sole e l’altre stelle”.
Che il meccanismo naturale del mercato portato al parossismo dagli adepti della scuola di Cicago fosse solo una delle più grandi imposture della storia, lo avevano sperimentato da tempo molte popolazioni del globo; e le innumerevoli gravissime crisi economico-sociali di grandi paesi come il Messico, la Turchia, il Brasile, la Russia, l’Argentina e il permanere nella miseria più nera dei paesi africani ed asiatici che a questa ricetta si sono sottoposte, come ampiamente dimostra Joseph Stiglitz nei suoi lavori, ne davano già ampia dimostrazione.
Ma ciò che è accaduto il 7.9.08 ne costituisce il sugello indiscutibile, poiché proviene da uno dei centri fondamentali dell’economia mondiale e dal governo del paese guida del neo-liberismo.
Già le nazionalizzazioni delle grandi banche inglesi coinvolte nella crisi dei mutui sub-prime ne avevano fornito un precedente, ma la dimensioni dell’operazione della Federal Reserve sugli istituti Fannie Mae e Freddie Mac, vanno al di là di ogni aspettativa: come ricorda Federico Rampini su “La Repubblica” di ieri, l’iniezione di liquidità operata per evitare il fallimento delle due banche e a cascata dell’intero sistema finanziario USA e mondiale, ma soprattutto l’entità dell’assunzione dei rischi che gli USA si assumono con questa operazione è impressionante e non ha precedenti: si tratta di 5.200 miliardi di Dollari, cioè circa 3 volte l’intero PIL italiano e un terzo del PIL USA.
Ciò significa che i cittadini americani, si ritrovano, d’un tratto, con un debito superiore del 30% a quello già abissale del giorno prima. Un debito in mano in gran parte alla Cina, il maggior detentore dei titoli di stato americani.
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