Miguel Vivanco, incaricato per l'America latina dell'organizzazione Human Right Watch, è stato espulso dal territorio nazionale. Vivanco era in Venezuela per il lancio pubblicitario del consueto rapporto annuale di questa organizzazione. Nel corso di un atto pubblico affollato di giornalisti ed operatori televisivi -nazionali e stranieri- il Vivanco ha infilato una serie di accuse roventi contro la "riduzione della libertà di espressione in Venezuela".
Non era la prima volta che questo avveniva. La novità è che in questa opportunità, il Vivanco ha usato parole di fuoco ed un tono provocatorio, forse per ravvivare il clima di una campagna elettorale che sta appena cominciando.
Ieri, però, le autorità venezuelane hanno risposto con l'espulsione del Vivanco, e vari portavoce hanno sottolineato che a tutto c'è un limite, anche al cinismo di un personaggio che -dietro il paravento dei "diritti umani"- non ha ancora pronunciato una parola di condanna contro la chiusura del canale televisivo statale VT, avvenuta nel corso del fallito colpo di Stato e del sequestro di Chávez.
Dopo sei anni, Vivanco e URW persistono con un mutismo assoluto, così come non hanno mai speso una parola di condanna sulla prigione di Guantanamo e sulle torture ai prigionieri lì rinchiusi, privati di qualsiasi diritto.
HRW -come Reporter Sans Frontiere- sono ormai un tipo di ONG che sono politicamente schierate ed agiscono con la logica di attaccare sistematicamente i Paesi invisi alla Casa Bianca. E chiudono gli occhi su tutto il resto.
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