jueves, 12 de enero de 2012

IRAN TRASFORMA L'EMBARGO IN GUERRA MONETARIA

Supremazia non significa invincibilità Ajmedinajad in America latina - Teheran ha in pugno la continuitá e prezzo dei rifornimenti petroliferi agli aggressori - La Russia e l'India useranno le rispettive monete nazionali nel  commercio con l'Iran - Malconcio lo status del dollaro come moneta internazionale
Tito Pulsinelli
Da sei anni a questa parte, a settimane alterne, gli Stati Uniti e Israele hanno catapultato un crescendo di minacce bellicose contro l’Iran, in nome e per conto dell’igiene nucleare del pianeta. Il piú nuclearizzato del Medioriente, associato all’unica potenza che ha sganciato due atomiche contro la popolazione civile di due cittá, non si sono certo risparmiati nell’esibizione di muscoli anabolizzati o per rincarare la dose di truculente minacce. Nell’intermezzo, si sono puntualmente verificati atti di terrorismo contro scienziati o noti ricercatori iraniani. Prima di Natale, l’Iran ha risposto a tono dirottando
 elettronicamente un aereo-spia senza pilota degli Stati Uniti, del costo di 2,4 miliardi di dollari, che sorvolava illegalmente il loro territorio. Poi ha iniziato le esercitazioni navali piú complesse della sua storia nelle acque territoriali.

Nella notte del 31 dicembre, Obama ha apposto la sua firma ad una legge che ha per scopo l’imposizione di un embargo forzato, mediante sanzioni finanziarie alle compagnie ed ai Paesi che comprano petrolio o che hanno relazioni con la banca centrale iraniana. Autoritá civili e militari di Teheran hanno allora cominciato a chiarire che se non potranno commerciare il loro petrolio, allora non ci sará petrolio per nessuno, poiché blocherebbero lo stretto di Hormuz. Questo é un vero nodo scorsoio stretto al collo degli USA, dove transita la maggioranza dei prodotti energetici vitali per Washington e i vassalli europei.

Sentono come mai la precarietá dei rifornimenti, assicurati dall’esclusiva garantita dall’Arabia saudita e dagli emirati, ora sotto schiaffo dell’ostruzione che sará praticata dagli iraniani ad Hormuz. Affiora con crescente nitidezza la vulnerabilitá di una politica aggressiva basata su ultimatum e rappresaglie. Il golfo Persico non é una questione privata tra gli ayatollah e gli USA+NATO, é un nodo sensibile anche per la Cina e l’India, vogliose di mari tranquilli e di approvvigionamento energetico garantito da Teheran.

Fa capolino anche un notevole grado di ipocrisia nelle pieghe dell’embargo a cui -quel che resta dell’Europa- ha piegato la testa. Da 39 anni, Washington e Londra non comprano nemmeno uno spillo made in Iran. Per loro, é un embargo a costo zero. Non cosí per la Spagna, Grecia, Turchia o l’Italia. Come sostotuirá quel 30 di petrolio che importa dall’Iran? Il Giappone ha giá criticato le sanzioni di Obama perché "possono provocare gravi effetti sull'economia giapponese e del mondo". A Roma hanno giá dimenticato l'inutile guerra neocoloniale che ci ha chiuso i giacimenti della Libia, ora appartenenti ai francesi ed anglosassoni?

La Turchia, peró, mette al primo posto gli interessi nazionali e –nonostante la NATO- ha giá inviato a Teheran il ministro degli esteri Davutoglu per confermare la continuitá delle relazioni bilaterali. A scanso di equivoci, specifica che “..sono al miglior livello da 400 anni in qua”. La Cina che é pronta ad aumentare le importazioni di greggio iraniano ha ribadito che la diplomazia occidentale delle “vie di fatto” é nociva e controproducente; Pechino dará maggior impulso a relazioni commerciali improntate alla correttezza.

L’ambasciatore russo a Teheran ha reso noto che d’ora in avanti i due Paesi escluderanno i dollari dai loro interscambi, che saranno regolati dalle rispettive valute nazionali (rublo e rial). Ha ricordato che ció avviene nel quadro del polo eurasiatico del Patto di Shangai –alleanza commerciale, economico e militare- di cui l’Iran é membro osservatore. Anche l’India non é rimasta alla finestra: soddisferá il crescente consumo petrolifero attingendo dal limitrofe mercato iraniano, che é giá il suo secondo fornitore. Si tratta di 1 miliardo di dollari al mese. Stanno disponendo un meccanismo che consentirá di saldare gli ingenti scambi con rupie e il rials, cioé a salvo dei ricatti finanziari e l'extraterritorialitá pretesa da Obama e dal Pentagono.

L’approccio militarista degli USA risulta velleitario, al punto che la guerra economica decretata dalla Casa Bianca produce fratture interne continue, e l’embargo forzato si sta trasformando in guerra monetaria persa. Lo status del dollaro come moneta di scambio internazionale ne esce malconcio, e si accelera con evidenza la riduzione della sua area di circolazione. Questi recenti episodi si aggiungono a quelli di Russia-Cina e Brasile-Argentina che da tempo hanno estromesso il biglietto verde dai loro commerci.

Nonostante le semplificazioni propagandistiche, l’Iran non é un boccone facile da deglutire. Non basta un bombardamento né una campagna di bombardamenti prolungati, tipo Yugoslavia o Libia. Il ritiro senza gloria dall’Iraq, dopo dieci anni di guerra –in due anni si impadronirono totalmente dell’Europa occidentale!- sanziona un dato inoppugnabile: l’egemonia militare relativa garantisce solo la distruzione di Paesi. Puó destrutturare le economie, ma non garantisce il controllo pieno delle genti su di un territorio, e le loro risorse. Dall’Iraq oggi si imbarcano appena 400mila barili, meno di un quarto di quel che esportava Saddam Hussein nella sua fase terminale.

L’Iran é un problema globale, non solo israeliano” ha detto il generale israeliano Dan Halutz. Non é risolutivo il bombardamento unilaterale della centrale nucleare. L’Iran non é isolato, ha dalla sua parte la Cina e Russia non solo in sede ONU, e dispone di una capacitá defensiva rilevante perché autoproduce gran parte della tecnologia usata dalle sue forze armate. Ha collaudato e lanciato missili terra-mare, terra-aria e terra-terra. Sotto gli occhi del comando USA di stanza a Doha, ne ha misurato la gittata. Forse Tel Aviv e la sponda mediterranea sono irraggiungibili o precluse. Forse. Ma i pozzi dirimpettai dell’Arabia saudita sono a un tiro di sputo, corrono un serio pericolo, tant’é che Washington ha spedito tecnologia militare di punta per 6 miliardi di dollari.

C’é di piú. L’ostruzione di Hormuz é perseguibile con mezzi tradizionali come le mine, motovedette, mini-sommergibili e sommozzatori kamikaze. Per farvi fronte, devono ora schierare il costoso apparato delle portaerei nucleare a montar la guardia allo stretto, a vigilare per la sicurezza dei rifornimenti. Per quanto tempo? La propulsione nucleare di questi gingilli é onerosa per l’anemica economia occidentale, da troppo tempo in affanno.

Non va dimenticato che nel 2011, la marina militare nordamericana e sudcoreana sono state in permanenti esercitazioni navali, in apparente funzione anti-Nordcorea. In realtá, il presidente cinese Hu Jintao ha proclamato la mobilitazione di tutta la flotta militare contro lo scoperto tentivo di bloccare il mar della Cina. E' il loro tallone d'Achille, l'unico sbocco al mondo per le esportazioni e le importazioni di materie prime di Pechino. Anche qui, l'approccio é militarista, tipico degli imperi che faticano ad assimilare quando la loro egemonia é sempre piú relativa. Soprattutto con una potenza emergente che gli vende a credito. Non é un'epoca di cambio ma un cambio di epoca.

Teheran ha in mano la fisarmonica con cui accompagnare la danza dei prezzi petroliferi, con saliscendi calibrati alla misura delle sue convenienze. Dimostra di avere piú frecce al suo arco per trasformare la minaccia permanente di aggressione occidentale in una guerra economica e monetaria diversificata. Mentre stanno sbarcando in Israele 9mila marines, destinati a schierarsi permentemente su questo nuovo fonte, Ajmedinajad conclude un impegnativo giro internazionale.

Ha visitato i nuovi patners acquisiti lungo le Ande, nei Caraibi e in America centrale. Venezuela, Nicaragua, Cuba ed Ecuador accolgono il leader iraniano che cosí fa sfoggio del suo accresciuto raggio d’influenza geopolitico. I latinoamericani fanno spallucce ai moniti di prammatica di Obama e ratificano il livello dell'autonomia regionale raggiunto. Cominciano a giocare a tutto campo, soprattutto dove confluiscono interessi comuni di varia natura. Non ultima, la nanotecnología, scambio tecnologico, petrochimica, sviluppo agro-industriale. Dal nord del continente, invece, arrivano solo sermoni e ingiunzioni, ma hanno la borsa vuota e un mercato che si contrae sempre piú. Non é piú uno sbocco obbligato, né preminente per l'export della CELAC.

1 comentario:

Avenarius dijo...

I criminali imperialisti sono solo esportatori di morte

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