martes, 11 de diciembre de 2012

Fondi-avvoltoi all’attacco dell'Argentina

“L’Argentina sta pagando per una storia economica pericolosamente vincente”, intitola The Guardian - Gli usurai si avvalgono di sentenze dei giudici USA 
Adriana Bernardotti (Buenos Aires) La vita politica argentina in queste settimane scorre agitatamente nelle aule giudiziarie. Oggi 7 Dicembre, era la data attesa dal Governo per dare inizio alla piena applicazione della Legge sui Media che avrebbe finito con la posizione dominante del gruppo “Clarin” , tuttavia tutto è svanito nel nulla con il provvedimento emesso dalla Camera d’Appello Civile e Commerciale prorogando la misura cautelare che scadeva oggi fino a una sentenza definitiva sulla costituzionalità o meno degli articoli che costringono la corporazione nemica del Governo di disfarsi di parte delle licenze e delle imprese sotto il suo controllo.


Mentre la gran giornata del 7D – per la quale erano stati accuratamente organizzati atti politici, festival popolari e manifestazioni di massa in tutte le città e anche all’estero -  si è risolta in un appello a “non innovare”, un’altra vicenda giudiziaria ci ha tenuto col fiato sospeso in questi giorni: l’Argentina ha scampato al rischio concreto del 15 D, allontanato per un po’ l’ultimo tranello che le hanno teso i fondi speculativi che giocano di azzardo nella finanza globale.  Concretamente il prossimo 15 Dicembre, l’Argentina avrebbe potuto esser dichiarata in “default tecnico” se – nonostante la sua volontà e disponibilità finanziaria – non riusciva a liquidare le obbligazioni in scadenza con i titolari dei bond che avevano accettato le ristrutturazioni del 2005 e del 2010, compresi gli investitori italiani.
Anche in quella data del 15 dicembre si gioca un’altra partita importante nella battaglia contro gli avvoltoi, questa volta in merito alle sorti della Nave Scuola “Libertad”, ancora sotto embargo in Ghana e sempre su richiesta dei fondi pirata: dovrebbe pronunciarsi il Tribunale Internazionale sul Diritto del Mare di Amburgo, al quale ha fatto ricorso l’Argentina, sostenendo che si tratta di una nave di guerra e conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare gode di “immunità” e non è passibile di sequestro.
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“L’Argentina sta pagando per una storia economica pericolosamente vincente”, titola Il Guardian di Londra in un articolo pubblicato in questi giorni sulla battaglia implacabile che sostengono i fondi-avvoltoio e i loro alleati nel sistema giudiziario internazionale contro il paese sudamericano, nel timore che altri paesi in default possano capire che “l’austerità non è il modo migliore per superare una crisi” e ne seguano l’esempio.
fondi-avvoltoio – dall’inglese “vulture funds” – acquistano titoli di stato dei paesi a rischio o in default nel mercato secondario a prezzi molto inferiori al valore nominale, cercando poi di ottenere il loro valore originale in valuta, contando con l’appoggio di giudici permeabili e la loro capacità di lobbing sul Congresso degli Stati Uniti e sui media. Adottano la nazionalità e la forma giuridica più adatta ai loro interessi, operando normalmente dai paradisi fiscali.
Nel caso argentino, gli avvoltoi posseggono l’equivalente al 7-8% dei titoli del debito in default, che hanno acquistato pagando tra il 20-30% del loro prezzo e litigano per il riconoscimento del 100% del valore nominale, complessivamente 3.600 milioni di dollari più gli interessi. L’Argentina, ricordiamo, ha portato avanti con successo due operazioni di ristrutturazione del debito con i suoi creditori, la prima nel 2005 e la seconda nel 2010, raggiungendo tra entrambe, un’adesione del 93% dei creditori.  Simultaneamente al primo accordo (che aveva coinvolto oltre il 76% dei creditori), bisogna ricordare che il Senato approvava la denominata “legge lucchetto”(Legge 26.017), proposta dall’Esecutivo, che poneva un divieto ad eventuali riaperture di negoziazioni con i titolari di bond che non avevano accettato di partecipare (“gli holdouts”), per dare un segnale chiaro che non ci sarebbero stati miglioramenti nell’offerta.
Tuttavia, accogliendo pressioni internazionali e le ragioni dei piccoli investitori – fondamentalmente di creditori americani, italiani, tedeschi, giapponesi –, la legge è stata momentaneamente derogata per avviare la ristrutturazione del 2010.
I principali fondi che lavorano contro l’Argentina sono il NML Capital e l’EM Ltd. Il primo è lo stesso che promuove il giudizio che ha portato al pignoramento della Nave Scuola “Libertad” della Marina Militare Argentina, lo scorso 2 ottobre in Ghana. Il fondo è proprietà diPaul Singer, conosciuto per aver partecipato in passato alla ristrutturazione di Telecom Italia e anche per essere il principale finanziatore del Partito Repubblicano.
EM Ltd è proprietà di Kenneth Dart, un uomo che ha iniziato la sua fortuna come fabbricante di contenitori di plastica e scommette adesso per ottenere con l’Argentina (e anche con la Grecia) guadagni similari a quelli ottenuti in passato con i debiti del Brasile, Perù, Polonia e con le privatizzazioni della Russia post-comunista.
I vari fondi, inoltre, sono riuniti nell’American Task Force (ATFA), un’organizzazione fondata da P. Singer e presieduta da Robert Shapiro, ex funzionario dell’amministrazione Clinton e attuale consigliere del presidente Barack Obama, che fa attività di lobbying e propaganda a favore degli speculatori minando l’immagine dell’Argentina nei diversi forum e simposi internazionali.
Gli avvoltoi hanno trovato in Thomas Griesa il loro miglior alleato. Il giudice federale della Corte distrettuale Sud, di New York, aveva deciso lo scorso febbraio a favore dei fondi in una sentenza ratificata ad ottobre dalla Corte d’Appello del Secondo Circuito di NY, fondata sulla presunta violazione della clausola del “pari passu” (obbligo di pari trattamento tra i diversi creditori) e la verifica di un comportamento discriminatorio da parte dell’Argentina. La sentenza, oltre a tutto ciò, riconosce ai fondi la totalità del valore nominale dei titoli, mettendo gli speculatori in posizione privilegiata rispetto ai creditori che hanno acconsentito  alle ristrutturazioni.
Griesa adopera un’interpretazione abusiva della clausola, inventata e testata a favore di Singer e NML Capital negli anni ’90, durante la ristrutturazione del debito peruviano: allora questo fondo era riuscito ad ottenere da quel paese 58 milioni di dollari per titoli il cui valore nominale era di 20 milioni, ma per i quali aveva pagato solo 5 milioni nel 1995, con un guadagno netto del 400 per cento[i]
Di fronte al rifiuto del Governo argentino di accettare le condizioni abusive dei fondi non ristrutturati, manifestata pubblicamente e in ripetute occasioni dalla Presidente Cristina Kirchner e dai suoi ministri, lo scorso 21 novembre, il giudice Griesa ha emesso un provvedimento che imponeva all’Argentina di depositare entro il 15 dicembre la totalità della somma richiesta da questi fondi (1.330 milioni di dollari) in un conto in custodia, come garanzia fino alla sentenza definitiva.
Il fatto è che il 15 dicembre è anche la data di scadenza più importante dell’anno per i titoli ristrutturati argentini emessi con giurisdizione a New York (3.500 milioni di dollari del Cupon PIB) e che il curioso provvedimento di Griesa esigeva alla Banca di New York, l’agente di pagamento di questi bond,di astenersi dal saldare gli azionisti che hanno partecipato agli accordi con l’Argentina, se questo Stato non avesse prima provveduto a versare i fondi in custodia giudiziaria.
Di conseguenza, l’Argentina non avrebbe potuto soddisfare “in tempo e forma” i suoi obblighi con i creditori e si sarebbe messa in una situazione di default tecnico”, come aveva già anticipato l’agenzia di rating Fitch.
All’avverarsi una simile prospettiva, oltre al default argentino si sarebbe prodotto un avvenimento di imprevedibili conseguenze a livello economico e finanziario globale, invalidando con questo semplice atto ogni operazione di ristrutturazione realizzata o in corso di realizzazione da altri paesi in crisi finanziaria, come ad esempio la Grecia o la Spagna.
Per questo motivo, le ragioni dell’Argentina sono adesso sostenute alla Corte d’Appello di New York dai principali rappresentanti dei creditori istituzionali e privati: la Banca di New York, la Riserva Federale degli Stati Uniti, le case di compensazione e fondi di investimento che hanno partecipato alle ristrutturazioni del debito del 2005 e 2010.  In particolare, la Banca di NY ha sollecitato essere ascoltata durante il processo, segnalando che i fondi che gestisce in quanto agente di pagamento non sono argentini, ma dei titolari dei bond e che la decisione di Griesa segnerebbe un “pericoloso precedente”.
La Corte di N.Y. si è pronunciata la settimana scorsa e ha dato un momentaneo sollievo all’Argentina, sostituendo il provvedimento di pagamento immediato di Griesa con un’agenda di deliberazioni che spostano le conclusioni fino a febbraio 2013. Gli avvoltoi hanno sollecitato una riduzione dei termini e nuove cauzioni senza successo per ora, comunque la trafila processuale vede impegnate attivamente tutte le parti con esiti incerti, e non si scartano nuovi colpi di scena.
In effetti, il Governo ha considerato l’ipotesi che i movimenti degli speculatori puntino più che altro alla riscossione delle assicurazioni contro il default del debito argentino, i denominati CDS (Credit Default Swaps), con la complicità delle agenzie di rating. Questi derivati finanziari, che sono stati vietati dal Parlamento Europeo lo scorso dicembre, sono responsabili del crollo di diversi istituti finanziari dopo la crisi dei mutui subprime.
Funzionano in modo similare a una polizza assicurativa con la differenza che in quanto non è necessario che l’acquirente di CDS possieda realmente titoli del debito, vi sono di solito più contratti CDS rispetto ai titoli emessi. Infatti, non ci sono regolamentazioni sulle operazioni di compravendita, non sono negoziate su un mercato formale, ma vengono concordate tra le parti in base a condizioni specifiche.
Su queste manovre si sono espressi sia la Presidente sia il Ministro di Economia Hernán Lorenzino. “Qualcuno sta scommettendo molti soldi affinché qualche agenzia di rating affermi che l’Argentina non ha adempiuto gli obblighi, al di là che questo succeda o meno, in modo di fare scattare il pagamento dell’assicurazione acquistata nel mercato, ottenendo un sacco di soldi, anche di più di quanto reclamano i fondi avvoltoi” – rifletteva il Ministro – “L’agenzia di rating Fitch ha già avvertito che considererebbe in default il debito sovrano argentino se vi fosse un problema per il pagamento in tempo delle scadenze, ad esempio un ordine del Tribunale affinché la Banca di New York fermi il trasferimento dei fondi ai creditori. Le agenzie di rating non solo non svolgono il ruolo per il quale sono state create, ma accelerano anche la crisi finanziaria internazionale. Queste aziende adottano una posizione politica e ideologicanon tecnica, nella valutazione del rischio”. La Fitch è la stessa agenzia che il giorno dopo della rielezione di Obama ha abbassato il rating del debito USA, ha anche ricordato Lorenzino.
Niente da stupirsi ormai, in un sistema impostato al guadagno facile dei grandi capitali che giocano all’azzardo con le nazioni e la vita dei popoli.
Comunque, al di là di ogni considerazione di merito, la destra argentina non ha avuto nessun prurito nell’ applaudire Griesa attraverso giornali come “La Nacion” e altri portavoce, innalzando (e identificandosi con) il giudice che è riuscito a stoppare le minacce e l’autoritarismo di Cristina difendendo i diritti di proprietà e individuali calpestati.
La stampa di opposizione ha sottolineato con dovizia i fondamenti del provvedimento del giudice, in particolare dove Griesa puntualizza le“ripetute dichiarazione della Presidente e altre membri del governo, affermando che l’Argentina non onorerà o assumerà le decisioni della Corte Distrettuale e del Tribunale d’Appello” che hanno ormai riconosciuto il diritto a riscuotere dei fondi speculativi, o dove consiglia “al Governo argentino di allontanarsi dalle minacce poco consigliabili per sfidare risoluzioni giudiziarie, visto che non solo sono illegali ma rappresentano il peggior tipo di irresponsabilità nei rapporti con la giustizia”.
Da sinistra, invece, si critica il fatto di aver rinunciato alla sovranità giuridica, accettando i titoli emessi sotto giurisdizioni estere come quella di New York, dove l’Argentina è considerata un semplice debitore commerciale e non uno Stato. Più in generale si mette in discussione il fatto di non aver intrapreso un audit del debito per separare quello legittimo da quello illegittimamente contratto, per rifiutare “tutti i contratti, trattati, accordi viziati d’incostituzionalità, di clausole estorsive o altri vincoli, che impongono una rinuncia di sovranità e l’estensione della giurisdizione a tribunali internazionali, compresi tra gli altri, le obbligazioni e l’adesione al CIADI”, come puntualizza una dichiarazione promossa dal Premio Nobel della Pace Adolfo Perez Ezquivel e Nora Cortiñasdell’Ass. Madres Plaza di Mayo-Linea Fundatrice, tra altre personalità del mondo sociale, politico, culturale.
Il deputato Claudio Lozano del Frente Amplio Progressista si è dichiarato contrario alla proposta ufficiale di riaprire un terzo giro di negoziazioni per accogliere gli holdout ancora in conflitto, proposta uscita in questi giorni dal Governo come la soluzione finale al problema con i creditori privati internazionali.
Capovolgendo decisioni politiche precedenti – come le varie dichiarazioni su “non pagare un solo dollaro ai fondi-avvoltoi” e la stessa “legge lucchetto” -, la strategia ufficiale vuole sensibilizzare e orientare la Corte americana, considerando che gli avvoltoi difficilmente accettino una ristrutturazione. Dunque, l’Argentina cerca adesso di ottenere un pronunciamento in questi termini da parte della Corte di Appello di New York, reinterpretando la clausola pari-passu nel senso di assimilare holdout e avvoltoi ai creditori che hanno accettato le negoziazioni, creando così un precedente per il paese e per tutte le altre ristrutturazioni di debiti nel mondo.
Il pensiero ufficiale è quello di obbligare le minoranze che vivono della speculazione ad accettare gli accordi di ristrutturazione dei paesi in difficoltà. Secondo la posizione argentina, le attività dei fondi avvoltoio sarebbero ostacolate se ci fosse un meccanismo giuridico riconosciuto a livello internazionale per la risoluzione dei debiti sovrani, una specie di Tribunale Fallimentare per i deviti sovrani, come quello suggerito dall’allora numero due del FMI Anne Krueger, al quale l’ex presidente George W. Bush ha posto il veto. http://cambiailmondo.org
[i] “Rapaces”, di Cristian Carrillo, in Pagina 12, 2 sett. 2012.

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