jueves, 25 de enero de 2018

La CIA rivendica la regia delle sanzioni contro il Venezuela

Lo dichiara M.Pompeo - Trump esige, UE esegue con la rapiditá del fulmine- Prima ti affamo, poi ti invado

Coriolanis
"Il direttore della Central Intelligence Agency (CIA), Mike Pompeo, ha riconosciuto che i servizi di spionaggio degli Stati Uniti sono alla base di alcune delle sanzioni adottate lo scorso mese contro il governo del presidente venezuelano Nicolás Maduro. Durante una conversazione a margine della conferenza presso l'American Enterprise Institute, il moderatore aveva chiesto a Pompeo di elencare alcune delle situazioni in cui il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si era mostrato particolarmente interessato rispetto alle relazioni della CIA."
L'agenzia di notizie spagnola EFE conferma: dietro la guerra economica, mediatica e politica contro il Venezuela c'è la Cia.
L'ultima domanda da porsi ora però è questa: chi c'é dietro le sanzioni  adottate precipitosamente dall'Unione Europea? Semplice: prima dell'interruzione del negoziato tra il governo e l'opposizione a Santo Domingo, T. Shannon, alto funzionario della politica estera USA, é stato inviato da Trump a Madrid, per incontrarsi con il presidente Mariano Rajoy.

"Questo dialogo non s'ha da fare
, piú sanzioni e rapide!", é l'ordine impartito al rudere neo-franchista Rajoy, che l'ha girato immediatamente a Bruxelles. Trump ordina, l'Unione Europea esegue, a tambur battente, senza salvare neppure le apparenze. La classe dirigente piú che "europea" é immotivatamente assimilata al piú anacronico "americanismo". Pertanto full allineata all'elite  imperiale USA, e persino all'oscurantismo delle oligarchie latino-americane. Preferiscono queste ai popoli e i movimenti di critica pratica contro la depredazione neoliberista e quei governi che sono che su questa scia.

Bruxelles é organicamente confluita nei settori ispirati ai valori provenienti  dal neocolonialismo storico, golpismo (aperto o strisciante) e agisce come guardaspalle delle dittature di mercato prefabbricate a Washington. Accomunati dal rito sacrificale dei bisogni sociali della specie al feticcio dogmatico dell'economia. Beninteso quella che concentra la ricchezza in pochissime mani.

Se Trump schiocca le dita, la UE può anche sposare il neo-pinochetismo (così come in Ucraina è sponsor dei neonazi) Per questo non ha speso una sola parola in difesa di Lula da Silva, il primo presidente-operaio del Brasile, a cui vogliono impedire ad ogni costo di candidarsi alle elezioni. Bruxelles sta dalla parte del nuovo golpismo istituzionale, generato tra l'ambasciata e i corridoi dei palazzi istituzionali subordinati. Non ha visto l'ultimo "golpe elettorale" consumato in Honduras: non giudica, men che mai sanzionerebbe, quel che si pianifica nella base militare di Palmerola. Non osano intromettersi negli affari interni d'un paese gestito direttamente dal Pentagono.

Senza fronzoli, questo é concretamente il fronte "occidentale" catapultato contro i paesi sovranisti che osano disubbidire ai desesperados neoliberisti, arrivati all'ultimo stadio della guerra (camuffata, indiretta, per procura, subappaltata, ecc). Il Venezuela è un avamposto avanzato nell'emisfero, con frontiere comuni con la NATO (Antille olandesi, Martinica francese, Colombia, e più a sud le Malvine "inglesi"). Sottoposto a uno strangolamento finanziario che fa danni allo Stato (e non risparmia le imprese private) e commerciale (cibo e farmaci).

Prima ti  affamo, poi ti invado per portare sollievo agli umili, agli offesi e ai derelitti! Chiedete e vi sarà dato, dice il biforcuto vangelo globalista. «Ogni giorno siamo perseguitati per il cibo che importiamo dal mondo, bloccano le nostre navi in mare, le fanno rientrare nei porti di origine, cancellano i conti bancari, ci sequestrano il denaro con cui paghiamo le medicine», ha detto Nicolas Maduro.

Caracas ha commesso il peccato mortale di aver risposto alle sanzioni con la contromossa strategica della criptomoneta elettronica  petro, che può aprire una crepa nel muro dell'embargo USA-UE. Caracas ha osato spingersi dove volano le aquile, creando uno strumento che de-dollarizza il petrolio e mette in comunicazione diretta il mercato con quella materia prima. Senza le forche caudine dell'usura che finora ha imposto il miraggio verde della propria cartamoneta spacciata come oro. Non hanno mai avuto lo stesso valore, pertanto non solo la Russia e la Cina -stanca di vendere a credito a un cliente eternamente moroso- sostengono attivamente il petro, ma anche l'emirato del Qatar.

Doha ha legami di vecchia data con il Venezuela nell'ambito del cartello dei produttori di petrolio (OPEP). Da quando ha preso distanza dalle ingerenze in Siria e dall'aggressione saudita contro lo Yemen, il Qatar è sottoposto a un duro embargo decretato dall'Arabia saudita, riceve le derrate alimentari dall'Iran, a cui è legato nell'ambizioso progetto di sfruttamento dei grandi e comuni giacimenti di gas. Il Qatar -secondo CNN e Bloomberg- ha mostrato molto interesse verso il petro, e sarebbe disposto a comprare il 15% dei 100 milioni di petro, oltre 1 miliardo di dollari sui 6 miliardi della prima emissione.

La recrudescenza delle nuove sanzioni, è a tutti gli effetti una rappresaglia che vorrebbe disintegrare una iniziativa che permette al Venezuela di approvigionarsi di risorse economiche vitali. E' un tentativo di demolizione di un ponte diretto con il mercato internazionale, al riparo dei diktat politicizzati del FMI e grandi banche. E' l'aspetto nuovo che assume un conflitto implosivo, insanabile,  esteso a vari fronti: tra "americanismo scaduto" e pluripolarismo crescente. Si manifesta con la sembianza gramsciana del tradizionale scontro tra un "partito nazionale" e "partito imperiale". L'aspirazione a "progredire", sempre più spesso non si coniuga più con "occidentalizzazione" forzata.

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