lunes, 8 de diciembre de 2008

La rivoluzione bolivariana compie 10 anni

Bogota Stencil Art por LoisInWonderland.


Tito Pulsinelli

C'era una volta un territorio misterioso, situato dove il gran
fiume Orinoco, dopo un lungo percorso che perfora frontiere
amazzoniche, sfocia nelle calde acque orientali del
Venezuela.
Veniva vagamente designato come "Faja bituminosa del
Orinoco". Era un oggetto non meglio identificato, che a
fatica risaltava dal suo contesto tropicale, come una
conchiglia che nasconde una perla di valore
imprecisato.

Fino al 1998, si alludeva ad una vasta zona petrolifera
che disgraziatamente era provvista di idrocarburi di
scarsa qualitá. Un "bitume", quasi un catrame che
non valeva la pena portare alla superficie. Troppo
costosa la raffinazione, il gioco non valeva la candela.
Cosí si diceva.

Narra la leggenda che i diritti su quei giacimenti a
scarsa profondita' appartenessero alla Exxon Mobil,
Shell e poche altre multinazionali dell'anglosfera. C'e'
persino chi rimemora che le motovedette della
marina militare del Venezuela non potevano
accedere alle acque antistanti la foce dell'Orinoco.

Nel 1998, arriva alla guida del Venezuela un orco
chiamato Chávez, caratterizzato come "ufficiale
paracadutista", populista, fascista e/o comunista. L'orco
parlava strano, promunziava concetti fuori moda come
"sovranita' nazionale", o cose antiquate come "beni
strategici della nazione", di cui si doveva recuperare il
controllo.

L'orco cattiva predicava idee raccappriccianti, mettendo
in discussione chi doveva captare la ricchezza del sottosuolo,
e come doveva poi distribuirsi.
Man mano che segnalava con piu' insistenza che
l'industria petrolifera statale (PDVSA) era uno "Stato
nello Stato", aumentava il livore diffamatorio, urbi et orbi.

Nell'anno di grazia 2008, la zona "bitumonosa dell'Orinoco"
e' diventata magicamente una riserva di idrocarburi di 150
miliardi di barili, regolarmente certificati, tutti di pregevole
qualita'. Miracolo del pane e dei pesci? Stregonerie
degli orchi che trasformano il catrame?

Semplicemente, la maggiore riserva del pianeta non e'
piu' un segreto blindato mafiosamente dalle multinazionali
anglosassoni e da una classe dirigente autottona che si
accontentava delle briciole. Stupidita' o corruzione?
Entrambe. I governanti spodestati vararono leggi
che consentivano alle multinazionali di pagare modiche tasse:
un 15% complessivo.
Oggi, l'erario ne riceve ben 79% e le compagnie
devono associarsi con PDVSA, che si riserva la maggioranza
azionaria.

PDVSA smise di essere uno "Stato nello Stato" nel 2002,
dopo che la casta tecnocratica che la possedeva blocco'
gli impianti, sabotandone estrazione ed esportazione. Con
la complicita' della Casa Bianca arrecarono danni oscillanti
dai 15 ai 20 miliardi di dollari .
Qualcosa di simile alle distruzioni inferte dall'aviazione
israeliana con i bombardamenti sul Libano.

Il vecchio blocco di potere e i suoi padrini, uscirono sconfitti
da quella guerra economica condotta con armi non-militari.
Era in ballo l'approvigionamento esclusivo, sottocosto ed
unidirezionale, garantito sin dagli albori del secolo scorso.
Non e' difficile capire perche' l'amore e l'odio contro Chávez,
siano inversamente proporzionali, e dipende dal punto di
osservazione.

Oggi, PDVSA e' la quarta multinazionale del mondo e
nella "zona bituminosa" sono presenti le maggiori
multinazionali del mondo, che ora sono solo le statali:
Russia, Cina, Iran, Brasile, Norvegia, e poi l'ENI, Total
e Repsol. Scomparsa la Exxon e le sue sorelle.

La rivoluzione bolivariana porta in dote alla nazione
venezuelana questa ghiotta ricchezza. Se anche fosse l'unica
eredita' che lasciasse dietro di se', si tratta di qualcosa
di trascendentale, che apre la possibilita' storica di un
nuovo tipo di sviluppo.
Sufficiente per comprendere perche' i venezuelani
continuano a respingere le pressioni sguaiate e i consigli
interessati degli "opinionifici occidentali".
E perché finora hanno rimandato al mittente l'insistenza
scomposta e le intromissioni per bocciare il cambio
bolivariano e tornare alla anemica restaurazione.
C'e' chi crede nelle fate e chi negli orchi.

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