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Non è la prima volta che i movimenti sociali si trovano di fronte a questo tipo di sfide. É interessante sapere che agli albori della grande crisi (un’epoca buia, non così differente dalla nostra), a Erfurt, in Germania, fu fondata una società di scambi chiamata del 'WARA'.
Era questa una “associazione privata per la lotta contro la stagnazione nel rifornimento delle merci e contro la disoccupazione”. Aveva lo scopo di favorire lo scambio delle merci e dei servizi tra i propri associati attraverso l'emissione di' buoni di scambio'.
Dopo 2 anni, più di mille ditte di tutte le parti della Germania di allora, aderì. Vi si incontravano
commercianti di alimentari, panetterie, latterie, ristoranti, drogherie, macellerie, fioristi, parrucchieri, artigiani, elettricisti, mobilieri, riparatori di biciclette, tipografie, venditori di carbone. Il nome dato ai buoni di scambio era 'WARA', emessi contro 'marchi tedeschi' o altre valute o garanzie. Le filiali della società di scambio emettevano i buoni in tagli nominali di mezzo, uno, due e cinque WARA. Tutti esponevano un cartello: “Qui si accettano i 'WARA'“.
Tra le imprese e gli individui, il WARA circolava al posto del marco tedesco come mezzo di
scambio. Le imprese pagavano (almeno parzialmente) i salari in WARA e con questi ci si poteva
comprare i beni necessari. A poco a poco, si creò una circolazione parallela di mezzi di scambio pirata accanto alla circolazione stagnante del marco in crisi.
Ne era ispiratore l’economista radicale Silvio Gesell (1862-1930), il quale sulla scia delle esperienze della repubblica dei Consigli di Baviera (1919), immaginava una società senza organi di Stato, basata sudi una economia di mercato senza monopoli e senza crisi, cioè senza estorsioni di interessi e di profitti speculativi.
I 'WARA' erano muniti di un motore di circolazione, che impediva di immagazzinarlo e di scatenare, quindi, delle crisi. Sul retro del buono erano stampigliate 12 caselline, che bisognava riempire ogni mese con un bollino che rappresentava l'1% del valore nominale del buono. I membri della società di scambio dovevano comprare - alla fine di ogni mese - un bollino per ogni WARA posseduto se volevano che il loro mezzo di pagamento conservasse il proprio valore nominale.
I bollini rappresentavano una specie di 'multa' per il non-uso del WARA come mezzo di scambio. I membri potevano evitare o ridurre al minimo la 'multa' se depositavano i WARA nella filiale, che poteva nuovamente prestarli sotto forma di crediti, o, se venivano spesi per acquisti. Il desiderio di evitare la 'multa' garantiva una circolazione permanente del WARA, perché vantaggiosa a tutti gli associati. I buoni venivano sostituiti ogni anno quando le caselline erano riempite.
Questa prima esperienza pratica con il denaro libero richiamò l'attenzione internazionale. Alla fine del 1930 la circolazione del WARA, fino ad allora limitata e su scala interregionale, si estese a vari villaggi dell’Alta Baviera.
L'idea di una moneta con circolazione garantita, era riuscita a dimostrare con una prima esperienza pratica la sua validità, e l'esempio aveva attirato l'attenzione della stampa tedesca.
Il successo del WARA stuzzicò l'orgoglio della banca federale tedesca. Temendo che il marco si
facesse scavalcare come mezzo di pagamento ufficiale da una proliferazione di WARA, nell'ottobre del 1931, il ministro federale delle finanze proibì con un decreto l'emissione e l'uso di ogni moneta di soccorso.
Pochi anni dopo, questa volta in Austria, lo stesso esperimento fu ripreso su base municipale. A
Worgl, nel 1932, la cassa del comune pagava i primi salari con “certificati di lavoro”. Si eseguirono opere di canalizzazione, infrastruttura turistica, illuminazione pubblica ecc. I salariati, i commercianti, la cassa di risparmio e il municipio usarono i `certificati` dando vita ad un circuito di economia autoorganizzata.
Nel giugno del 1933, 150 sindaci parteciparono a un convegno per studiare le possibilità` di
introdurre certificati analoghi nei rispettivi comuni. Di nuovo intervenne la Banca centrale che, il 15 settembre 1933, ne proibì l’emissione e la circolazione. La piccola diga contro la disoccupazione venne spazzata via, l’Austria precipitò nella voragine di un incolmabile debito e all’orizzonte si profilò la ricetta nazista contro la disoccupazione: industria bellica e guerra.
Quegli esperimenti lasciarono delle tracce. Cinquant’anni dopo, verso la fine degli anni ottanta, a
Basilea, in Svizzera, operava la WIR, una specie di Banca che interscambia servizi ed indirizzi e utilizza la moneta che essa fabbrica. Più di 30.000 associati - artigiani, negozianti, albergatori, imprenditori - usavano ancora questo sistema nei loro scambi reciproci. “Tu compri da me gli abiti, io affido la riparazione della mia macchina a un altro membro del gruppo, quest’ultima ti incarica di dipingergli la sua officina”.
Gli associati alla WIR ricevevano prestiti per la costruzione di case all’1,75%. Nessuno di questi esperimenti offre in quanto tale una soluzione globale, piuttosto si tratta di risposte locali a situazioni di crisi e a bisogni di primaria necessità. Forse per questo, anche all’altra parte dell’oceano possiamo scovare delle esperienze analoghe.
All’inizio degli anni novanta, in British Columbia (Canada), troviamo i LETS (Local Employment and Trading Schemes) mentre, nello stato di New York, a Itaca, si usano le “Itaca hours”, moneta locale la cui unità corrisponde a 10 dollari, valore del salario medio orario di un lavoro qualificato. In questo caso, si tratta di una moneta che non circola, ma che serve a calcolare il dare e l’avere di ogni appartenente alla rete che riceve un rendiconto mensile
assieme all’elenco dei nomi degli altri soci e dei servizi che ognuno di essi può offrire.
1997
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