Migliaia di morti ammazzati
Il 27 di febbraio del 1989, scoppia la prima ribelione di massa contro il FMI, che si estende a tutte le metropoli del Paese sudamericano. Un presidente appena rieletto, dopo una campagna elettorale ingannevole e cinica, passa immediatamente dai fiori e rose a all'annuncio funesto di misure sacrificali per la maggioranza della popolazione. In dosi da cavallo e simultaneamente: 200% di svalutazione, 30% d'aumento dei tassi d'interesse, raddoppio del prezzo della benzina, liberalizzazione dei prezzi, eliminazione dei sussidi anche per il cibo e beni di prima necessità,
adesione completa alla legge del cosiddetto "mercato".
Caracas e le altre grandi città si paralizzano, manifestanti a petto e mani nude si battono contro l'esercito. Cominciano i saccheggi. Il governo ordina di aprire il fuoco contro i rivoltosi. Il bilancio oscilla tra i 2000 e 3000 morti ammazzati. Il governante si chiamava Carlos Andres Perez, era la star dell'Internazionale socialista in America latina, e nel suo staff vi era un tal Moisés Naím, dipinto come un astro nascente del dell'economia. Ohibò! Oggi è solo lo specialista di fiducia dei "grandi"media per la disinformazione e intox sul Venezuela.
Poi nel 1992 scoppia la ribellione militare diretta da Chávez contro il continuismo neoliberista, sul punto di privatizzare il petrolio. Golpe? No, ribellione militare che coinvolse migliaia di soldati a Caracas e in altre otto città. I golpes, di solito, sono fatti da un manipolo che assalta il potere, appoggiati da potenze straniere, finanza internazionale e FMI. Si susseguirono stanchi governicchi e coalizioni, che cambiavano solo l'impacchettatura ma non il contenuto, e arrivò l'antipolitica.
La ribellione di massa senza armi del 1989 e quella armata ma senza popolo del 1992, arrivano al governo nel 1998, per la capacità di sintetizzare e ricomporre le forze sociali latenti protagoniste. I venezuelani non accettarono d'essere schiavi della dittatura dell'economia e i militari non si piegarono ad essere la forza armata del FMI. Da allora, non si sono ancora messi d'accordo se si tratta di fascismo, comunismo o populismo. Si tratta di socialismo bolivariano, e sembra chiara che il pop-ulismo sia tutto quanto nega, contrasta o mette in discussione i dogmi della finanza.
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