Mentre Bruxelles è coinvolta in una
nuova campagna per portare altri Paesi nel suo contenitore, di fatto le
divisioni fra nazioni si fanno più profonde. La chiamata per
l’integrazione europea suona nelle piazze di Kiev e qualcuno teme che si
possa trasformare in una espansione occidentale. Chi sa quale può
essere la soluzione migliore? Oggi osserviamo questo scenario non con
gli occhi di un esperto o di un politico. Abbiamo chiesto l’opinione di
un grande artista sui cambiamenti che sono nell’aria: Emir Kusturica –
regista, attore, scrittore e musicista è su SophieCo.
Sophie Shevardnadze: Emir Kusturica – regista, attore, scrittore e
musicista – ti occupi di qualsiasi cosa. Bello averti oggi al nostro
spettacolo. L’Ucraina ultimamente ha fatto notizia, tutti ne parlano, tu
hai affermato che gli Ucraini stanno guardando allo scenario jugoslavo –
quale preciso parallelo faresti tra Ucraina e Jugoslavia? Pensi che la
guerra civile sia possibile?
Emir Kusturica: Non penso che arriverà una guerra civile perché il
problema dell’Ucraina è principalmente “chi ci darà di più”, perché ho
la sensazione che queste persone risvegliate dai loro colleghi europei
siano molto disponibili ad accettare qualche buona offerta. Quindi
questo nome artificiale di ciò che noi oggi chiamiamo NATO si sta di
fatto espandendo.. o come usavano dire durante la Prima Guerra Mondiale
“Drang nach Osten.” E oggi è molto visibile infatti che l’Unione Europea
non significa la NATO ma di fatto essa vi è molto connessa.
Perché sto dicendo questo? Faccio l’esempio per cui, per ragioni
strategiche, Bulgaria e Romania sono diventate Europa prima anche della
Serbia e della Croazia. Cosa è l’Europa per me?
L’Europa è un vecchio
sistema che ci diede il Rinascimento e i più grandi raggiungimenti della
civilizzazione giudeo-cristiana ed io sostengo tutto questo. Ma ogni
volta, e questo succede qualche volta in un secolo, che arriva una
crisi, allora si trova il modo formale per andare a prendere i beni che
stanno dall’altra parte. Il mio problema, un piccolo problema, è capire
questo: se, come dicono, l’attuale amministrazione con il presidente ha
deciso al 100% di non entrare in Europa, non capisco se questo è un atto
sincero di Yanukovych o se è di fatto una negoziazione, per cercare di
ottenere di più dall’Europa. Ma il punto è che non otterranno mai soldi
dall’Europa, perché l’Europa non può dar loro nulla.
SS: Non hanno soldi.
EK: Non hanno soldi e la domanda è: chi ha i soldi? E tutti loro sanno
che la Russia ha i soldi, perché la Russia ha le risorse in Siberia che
loro non hanno – Napoleone provò a prenderle, Hitler ci provò ed anche
Madeleine Albright disse che non è giusto che una popolazione così poco
numerosa viva su di un territorio così vasto. Lei pensava infatti che il
vostro gas, il vostro petrolio e tutti i minerali e tutte le risorse
che voi avete lì non sia giusto non condividerle con loro.
SS: Ma cosa ne pensi delle persone che stanno manifestando in Piazza Maidan? Cosa pensi di loro?
EK: Sembrano congelati, sono come tante altre persone…ma penso…
SS: Ma credi che siano sinceri nella loro volontà di integrazione con l’Europa?
EK: Alcuni di loro si. Ho osservato Pankovich, l’uomo che era un
Nazista, che festeggiava, infatti, l’anniversario della morte dell’uomo
che era un Nazista. Quindi c’è un ampio raggio di persone diverse, ci
sono persone che realmente credono che una volta entrati in Europa
avranno mille euro al mese e ci sono persone che sono strumentalizzate,
che sono addestrate – ma guardando la Siria, è ovvio che la Siria ha una
rivolta che non viene solo dal suo interno. Sono stato in Siria, bella
gente, persone tenere, incredibilmente pulite, come mai le ho viste
nell’intero mondo Arabo e Persiano e ciò che è scoppiato lì è stato
sicuramente organizzato. Chi fa queste cose?
SS: E’ un esportazione dell’Islam fondamentalista in Siria…
EK: Ascolta, io sono la vittima dei fondamentalisti in Bosnia. Sono
stato “etnicamente pulito” da Sarajevo con altri 150-200.000 Serbi. So
che cos’è. Questa guerra è sempre stata quella che ha attratto quelli
che non volevano combattere.
SS: Cosa significa “attratto quelli che non volevano combattere”?
EK: Ad ognuno piace vivere in una buona società, nella quale puoi
incontrare un amico, bere un caffè con un musulmano, parlare di teologia
con un ortodosso, parlare di elettricità, di Nicola Tesla e di molti
altri argomenti. Quando una nazione è allarmata, è sempre meno
attraente. Sarajevo era multietnica… Oggi, per quanto io abbia
combattuto per l’unità della Jugoslavia, la parte nella quale sono
attivo – che è chiamata Repubblica Serba – penso sia il momento di
provare a vivere da soli, di scegliere una propria definizione come
nella problematica dell’autodifesa, perché se condividi un posto con
qualcuno che ti dice che l’ideologia Musulmana vincerà alla fine e nel
mezzo ci sono Cattolici e Ortodossi – il futuro allora non è garantito.
SS: Voglio tornare un po’ indietro, a Sarajevo, dal momento che
l’hai lasciata. Parli sempre di questa storia, è nei tuoi film, ne
scrivi, dici anche che la sogni. Non ci sei mai tornato. Cosa accadrebbe
se tu tornassi a Sarajevo?
EK: Il problema è che sono emotivamente bloccato, perché grossa parte di
ciò che amavo è naturalmente morto durante la guerra… Sarajevo è una
città “pulita etnicamente” in cui il 95 percento delle persone è
musulmano. Sarajevo era costituita da almeno 150,000-200,000 Serbi, che
sono stati cacciati. Sembra paradossale – la città era chiusa dalle
truppe serbe sulle colline, ma la maggior parte delle persone erano
civili, come si dice, Europei, come me – mi considero Europeo – sono
stati cacciati. Quindi quando penso di ritornare…una volta ho sognato di
essere in auto e nascondermi, prima di tutto per il fatto che io sono
cresciuto lì, ho fatto due film lì, ho cominciato a vivere lì e
“cominciare a vivere” vuol dire intraprendere un processo spirituale.
Così ci si potrebbe chiedere “come è possibile che non voglia tornare a
Sarajevo?” ma sono assolutamente preoccupato che il mio dissenso finisca
in una specie di storia esistenziale di Jean-Paul Sartre nella quale se
io fossi tornato avrei camminato e nessuno mi avrebbe preso a calci in
culo e avrei vissuto senza provare nessuna emozione. Una città è fatta
da chi la popola – quando frequenti la vita notturna di Mosca vai nel
posto in cui trovi gente, anche se non è la folla a interessarti, – e
questa folla a Sarajevo è cambiata – socialmente, religiosamente,
intellettualmente – e negli ultimi vent’anni ha costruito un altro
sistema di valori nel quale non mi ritrovo.
SS: La tua storia è simile ad una tipica vicenda rappresentativa di una generazione persa – il crollo dell’Unione Sovietica…
EK: Sono di una generazione persa?
SS: No, no, una generazione persa alla Hemingway. Come sai dopo
il crollo dell’Unione Sovietica la gente ha affrontato questo…Io sono un
po’ più giovane, ma comunque non ho un forte senso di appartenenza ad
una nazione o ad un’altra, perché sono Georgiana, ma ora vivo in Russia e
sono nata nell’Unione Sovietica. Hai un forte legame con una nazione o
senso di appartenenza ad un posto? Ti senti Serbo al 100%, e’ questo ciò
che sei?
EK: Riguardo all’identità, si, al 100%. Ma dall’altro lato, io lavoro
dappertutto, suono in America Latina, in Sud Corea, in Nord America.
Quando faccio un film, vado in tutto il mondo. Ho anche la nazionalità
francese perché sono molto devoto all’idea francese di visione
dell’arte.
Non so per quanto possa durare e mi sento davvero bene con i
francesi. Quindi non è un concetto generale, ma una divisione di questi
generi di grandi Paesi – anche la Jugoslavia era grande – porta a
conseguenze con cui è assolutamente difficile continuare a vivere.
Perché una volta che sei cresciuto con una nazionale di pallamano che
vince i campionati con Croati, Macedoni e tutti gli altri che ti sono
attorno e apparentemente essi adesso sono nemici.. questo è ciò che non
si confa alla vita di un uomo.
SS: Cosa pensi dell’inevitabile adesione della Serbia all’UE,
perché a differenza dell’Ucraina a Belgrado non viene proposta
un’alternativa?
EK: Direi che la Serbia si trova nel sud est dell’Europa e diventare un
membro dell’UE ti pone un sacco di limiti nella produzione, ti permette
di svilupparti il tanto che vogliono loro, ti da la possibilità di
accedere a grandi fondi. La questione è quanto prendi e quanto invece
perdi. Penso che diventare un membro dell’UE sia davvero costoso per la
Serbia e se fossi stato io il Presidente non avrei intrapreso questo
percorso. Ma loro l’hanno intrapreso.
SS: Ma quale altra scelta ha la Serbia? Pensi che possano sopravvivere con le loro sole forze?
EK: Perché no? Si può sempre sopravvivere. Come è sopravvissuto Castro
accanto all’America e operando ancora bene, stando ancora in vita?
Perché no? Un’altra domanda è – quando si diventa un membro dell’Unione
Europea significa – ma non lo dicono – diventare pure membro della NATO?
Credo che sia automatico e questo è un grande pasticcio. Vorrei
rimanere neutrale; vorrei giocare militarmente ed economicamente il
ruolo di un Paese che potrebbe unire i due mondi. Se guardo
all’Ungheria, se guardo alla Repubblica Ceca – a parte il fatto che
hanno tutte queste vecchie case – non credo che la vita degli individui
sia molto meglio di prima, tranne per il fatto che possono viaggiare,
lavorare, fare molte altre cose. Ma cosa sappiamo della crisi, che è
molto evidente, fra 20 anni: quale Europa sarà tra 20 anni?
SS: Credo che nessuno possa dire cosa ci sarà tra 20 anni, ma se
si guarda all’attualità di sicuro ha un sacco di problemi e soprattutto
grandi Paesi dettano ciò che dovrebbero fare i piccoli membri. Ma, nel
complesso, ha la diversità…
EK: I Serbi avranno un grosso problema, perché non possono vendere la
Rakia che producono. Penso, se gli verranno offerte due possibilità, di
andare in Europa o di perdere la Rakia, essi faranno sempre la Rakia,
non andranno in Europa.
SS: Quindi c’è una possibilità che la Serbia non entri a far parte dell’UE?
EK: Non lo so…
SS: Ora, quello che sto dicendo è che se si guarda all’Europa
attuale, essa ha l’unità e la diversità, e queste sono le qualità che tu
apprezzavi nella ex Jugoslavia, no?
EK: Per favore, diamoci un taglio con le visioni idealistiche. L’Europa è
la Germania. Tutto il potere e tutto il potere produttivo e il potere
politico di dire l’ultima parola è della Germania. Quel che ti dice la
Germania, sarà. Non quel che ti dice la Romania o l’Ungheria. Stiamo
parlando di tutta una regione che sta attraversando una grossa crisi.
SS: Allora perché la Germania ha bisogno dell’Ucraina se ci sono Grecia, Spagna, Italia e tanti altri?
EK: In ogni pezzo di terra, in cui potrebbero delocalizzare la Siemens,
potrebbero portare anche le loro banche, si potrebbe estendere il loro
potere. Se hanno 1 milione di persone nel Paese – rappresentano un
mercato.
SS: Tu conosci molto bene la Russia, ci sei venuto molto spesso, parli il russo, stai girando un nuovo progetto che è anche basato sul punto di vista di Dostoevskij
e hai detto molte volte che Putin è ciò di cui la Russia ha bisogno; tu
lo appoggi, dici che lui è un grande per la Russia. Perché pensi che il
conservatorismo ed un atteggiamento anti-occidentale siano buoni per la
Russia, secondo te?
EK: Penso che ogni Paese del mondo, compresa l’Inghilterra, che
costituisce il parametro per questo, deve avere i conservatori, perché
ciò che la gente è portata a sperimentare avviene semplicemente in
maniera troppo veloce, e governare lo Stato comporta molte fasi e molte
difficoltà inaspettate. Pertanto, c’è bisogno di qualcuno che controlli
il territorio, sotto tutti gli aspetti, con una mano molto forte, e
penso che Putin non sia così forte come dicono. Tra Putin e alcuni
altri, puoi avere o l’anarchia o lo stalinismo. Quindi penso che Putin
sia una via di mezzo molto valida, in cui almeno le merci che stanno
arrivando ai russi possono ancora essere adattate. E spero che, un
giorno, molto presto, inizi a sviluppare maggiormente la questione della
consapevolezza sociale, la questione della gente, insegnanti che vivano
meglio, la classe media. Il problema per lui è che la crisi del mondo
non fa più vivere la classe media, anche in America, come era abituata.
Il mondo intero sta tornando all’epoca dei Faraoni, in cui avremo il 3%
di miliardari e basta, per il resto avremo più o meno solo poveri.
Un
sistema come questo deve essere evitato, e il mio sostegno a Putin era
infatti, direi, molto giusto, perché c’erano le elezioni, mi avevano
chiesto “Cosa voteresti, per chi sarebbe il tuo voto?” e avevo detto che
se fossi stato inglese sarei stato contro di lui perché so che cosa
vuole l’Inghilterra dalla Russia. La storia inglese degli ultimi 200
anni è stata “come fermare la Russia nel suo cammino verso l’Europa”. Se
fossi americano, e sai cosa fanno gli americani nel mondo, lo sanno
tutti: uno lo dice ad alta voce, l’altro non è abbastanza coraggioso per
dirlo. Sappiamo che la NATO, apparentemente, ha unificato il mondo
occidentale dal punto di vista militare, esisteva per fare fuori il
Patto di Varsavia, e alla fine continuano ad esistere ancora. Per che
cosa? Per i terroristi? Non è molto convincente. Così, quando hai un
tizio, che è venuto dopo Eltsin, dopo un Presidente ballerino, che ha
permesso a ogni singola agenzia di accedere al suo ufficio, qualcuno che
sta cercando di proteggere la tua dignità, per consentirti di cavartela
da solo e di decidere autonomamente quale strada percorrere – e ho
detto che avrei sempre votato per Putin.
SS: È così interessante – il modo in cui parli di politica in
Europa, in Russia, in America – come, se si guarda al tuo stile
artistico, come nei film e nella musica – tu sei sempre quello che
infrange le regole, in tutto quello che fai. E poi quando parli di
politica…
EK: Ormai mi sto avvicinando ai 60…
SS: Sì, ma quando si parla di politica, per un spettatore medio, sei piuttosto conservatore. Come fai a combinare quella veste?
EK: Si cambia. Se vi ricordate il film di Scorsese Taxi driver,
prima non ha un lavoro, poi arriva un taxi, e poi guidando il taxi
incontra molte persone, si innamora… Nel frattempo, si taglia i capelli e
diventa d’aspetto simile ad un punk, poi è testimone dell’abuso di una
ragazza, la donna che ama se ne è andata, è rimasto solo e uccide in una
scena molto sanguinosa gente che fa cose cattive. L’anarchia è dietro
di lui, sopravvive, la sua ragazza è tornata a casa e lui è nuovamente
una persona normale. Così sto parlando da conservatore perché non voglio
vedere di nuovo la rivoluzione bolscevica in cui la massa distrugge un
così forte e così buono Zar, ammazzando lo Zar e ammazzando tutta la sua
famiglia intorno.
Non credo che sia questo il modo di fare le cose, io
oggi sono sempre più a favore dell’evoluzione che della rivoluzione, ma
potrei ancora essere un rivoluzionario da un altro punto di vista –
perché, non mi dire che la gente in Piazza Maidan sta portando roba
buona per l’Ucraina, perché oggi nella Jugoslavia disintegrata, in ogni
Repubblica, c’è un grande ricordo del passato e tutti dicono che
vivevano molto meglio prima rispetto a come vivono ora. Io domando:
“Come mai ora siete in Europa?” Dicono che non lo sanno, ma che era
molto meglio prima.
SS: Ma anche il catalizzatore che ti ha fatto diventare così
famoso tutto all’improvviso e vincere la Palma d’oro – nasceva dallo
spettatore occidentale, che ha visto il tuo film e ti ha apprezzato – ci
vedi una contraddizione qui?
EK: Non sono assolutamente in contraddizione con i miei spettatori
occidentali! Il problema del nostro Oriente nella percezione
dell’Occidente è che noi crediamo che il mondo occidentale sia unificato
da cima a fondo e che loro pensino la stessa cosa. Vai a Parigi e
capita alle 4 del mattino in diversi bar e vedi quanto odiano la
politica che fanno. Così, questa massa, questi gruppi di persone sono
come noi – persone normali. Coloro che governano, pensano tutti “in nome
di milioni”, come dice Dostoevskij. E potrebbero anche uccidere senza
essere colpevoli.
SS: Con tutto quello che fai, hai questa completa libertà
interiore, vero? Nei tuoi film, nella tua musica, nella maniera in cui
parli alla gente – ma ti concedi il lusso di parlare di problemi non
essendone coinvolto. Pensi che tale libertà sia applicabile ai politici?
EK: La mia libertà è comparabile alla verità che non sono mai stato un politico.
SS: Ecco perché te lo sto chiedendo, pensi che potrebbe essere applicata ai politici che sono in carica?
EK: Nel momento in cui io diventassi un politico tutto crollerebbe,
perché poi devi avere una disciplina, devi seguire la via che ti indica
qualcuno. E così – potrei dire ciò che provo e devo dirti: per tutta la
mia vita ho fatto quel che mi piace e questo è il motivo per cui potrei
dire che ho una vita abbastanza felice e di successo.
SS: So che quando sei diventato famoso nel mondo, tenevi lezioni
alla Columbia University. Stavi facendo un film a Hollywood con i
migliori attori. Perché non sei rimasto lì?
EK: Sarei morto.
SS: Perché?
EK: Perché lì non c’è nessuna libertà. Hollywood è impressionante,
grande, era la fonte della mia conoscenza, i film degli anni Cinquanta,
Settanta, da Capra a Lubich, i migliori registi del mondo. Poi Hollywood
è diventata quel che è oggi – è una fabbrica, che essi chiamano
“l’industria cinematografica”, e quando ne parlano, gli agenti tra loro,
parlano di un’industria. Devo dire che io sono un uomo vecchio stile
che vede il cinema come una grande avventura in cui ogni volta che
inizio a fare un film non so mai dove potrei finire, è come suonare
Tchaikovsky e finire con Vivaldi. Io sono al 100% nella baraonda, che lì
non è consentita. Hanno un sistema forte, nel quale fabbricano film,
mentre io creo film. Ma ora mi dedico ad altro. Io sto finendo la
seconda città, che sorge su una penisola sul fiume Drina, che è al
confine tra Serbia e Bosnia, nella Republika Srpska. Sto costruendo una
fattoria, in cui ho intenzione di soggiornare prendendomi cura di mucche
e pecore, e sto finendo il mio film e spero che la mia vita prosegua e
si modifichi in maniera tale che, quando arriverà il momento di morire,
non sentirò che sono morto.
SS: Emir Kusturica, ti ringrazio tanto per la tua intervista, e ti auguro tutto il meglio in tutti i tuoi impegni futuri.
EK: Grazie!
Traduzione di M. Janigro e L. Salimbeni
Fonte
byebyeunclesam
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