viernes, 13 de mayo de 2016

BRASILE. Si chiama golpe, non "impeachment"

Tito Pulsinelli La volontà dei deputati è più importante di quella degli elettori e -da oggi- si può diventare Presidente del Brasile senza competere in una elezione. Più dei 54 milioni di cittadini che scelsero Dilma Rousseff, contro i venti e maree mediatiche, conta la decisione interessata di alcune centinaia di deputati e senatori. Costoro, più che in qualsiasi altro paese, godono di un prestigio
pressocchè nullo, visto che sono permanentemente all'asta e abbandonano i partiti di cui sono serviti subito dopo l'elezione ottenuta.

Questa transumanza mercenaria diventa una miscela esplosiva quando entra in simbiosi con il monopolio mediatico, con l'acquiescenza connivente dell'alto potere giudiziario e con il ritorno di fiamma darwinista dell'elite economica, spaventata dal crollo dei prezzi delle materie prime. La torta si fa più piccola e non esigono nuovi criteri di spartizione, semplicemente la vogliono tutta per loro.

 Scaraventano con malafede ogni responsabilità sul governo, passano alle vie di fatto contro la Presidente Dilma, utilizzando dubbiosi pretesti che attengono alla tecnica contabile, ottenendone una defenestrazione iniziata con l'insidiosa destabilizzazione iniziata già in occasione del campionato mondiale di calcio. Questi interessi, indubbiamente minoritari nell'attuale società brasiliana, diventano forza coercitica quando si coniugano con le mire abbastanza palesi degli Stati Uniti, e sprofondano il Brasile in un ciclo di instabilità.

Fa un certo effetto, peraltro, che il gigante sudamericano subisca la stessa terapia d'urto che trionfò in Honduras e Paraguay, notorie enclaves amministrate direttamente dalla CIA.

Da oggi, un Presidente può essere defenestrato senza specifiche accuse processuali o condanne penali. Un altro può prendere il suo posto senza elezioni, nonostante la scarsa reputazione e accuse di corruzione di cui è oggetto. E' il frutto di una prolungata operazione indotta che combina gli ingredienti tradizionali delle "rivoluzioni colorate": intossicazione psicologica, guerra cognitiva e confabulazione calcolata dei poteri forti. E' la convergenza di chi si sente parte dello staff globalista e volta le spalle alla sovranità popolare e nazionale.

Sbarrare la strada alle alternative politiche che interrompono, frenano o voltano la pagina storica del continuismo neo-coloniale e dello strapotere neoliberista delle oligarchie, è un pericoloso tentativo di riattualizzare un passato lugubre, quando le opposizioni non disponevano di altre scelte che quella armata.

E' un golpe che si risentirà nell'intero sub-continente americano. Il Pentagono è ora esposto su più fronti. Ha aggiunto alla ricetta un non troppo dissumulato embargo finanziario e commerciale contro il Venezuela per concretare l'obiettivo manifesto di far cadere in pochi mesi. E' questione di mettere mano al più presto sull'heartland costituito dalle ingenti riserve di materie prime e bio-diversità.

Il golpe messo a segno a Brasilia avrà ripercussioni geopolitiche più vaste, incrinando la solidità del BRICS, la prospettiva multipolare e di contenimento dell'area della de-dollarizzazione. Un disperato colpo di timone per cancellare il protagonismo e l'autonomia dell'integrazione regionale. L'elite carioca accetta la subordinazione, come fattore delegato alla supervisione del subcontinente. Guardare a Washington e chinare il capo al FMI.

La congiura di palazzo contro Dilma, riaccende automaticamente la temperatura sociale e il conflitto democratico della società e dei movimenti sociali brasiliani, che godono di buona vitalità e lucidità . Le proteste non tarderanno e si profila un rischio immediato per l'imminente Olimpiade.




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