BHO si
pavoneggia come un ardito dei diritti umani, proprio lui che era impegnato a bombardare -simultaneamente- ben sette nazioni, forse per superare G.W.Bush in materia bellica. Proprio lui che ogni martedi firmava la lista delle esecuzioni extra-giudiziarie via drone. Il premio Nobel della pace non ha lesinato sforzi nelle arti marziali, distinguendosi in guerre non vinte, nè perse, però ad alta distruttività per la popolazione civile, l'economia e le strutture di sette Paesi.
BHO ha persistito nella meta strategica di edificare il mitico Grande Medio Oriente cara ai neocons, e per tale "ristrutturazione" agì con mano apparentemente di velluto. In realtà, si avvalse dell'attuazione melliflua, doppio discorso e -ancora una volta- l'agire divorziato dall'esternazione etica. Riuscì con qualche esito a vendere il trompe-l'œil delle "primavere arabe", fino a quando la pochezza dei risultati svelò l'essenza di un connubio contronatura con l'estremismo sunnita, in turbante e no.
Ciò significò la perdita dell'Egitto che uscì dall'orbita degli Stati Uniti. Con il fallito cambio-di-regime forzato in Siria, Obama venne travolto dalla deriva geopolitica. L'impossibilità di schierare armi ed eserciti propri, accelerò il ricorso al mercenariato reperito in loco. L'acrobazia spericolata di utilizzare i polivalenti "ribelli moderati" anche in chiave antiterrorista -cioè due piccioni con una fava- precipitò il crollo dell'impostura di Obama. Damasco rimane un sogno proibito. Soprattutto quando si basa sul riciclaggio e formazione professionale della "devianza pseudoreligiosa e della delinquenza politica".
L'intervento della Russia ha cambiato l'equazione: non c'è Grande Medio Oriente, Stati Uniti con ruolo minimizzato in quell'area. Massime dopo il fallito golpe dell'estate scorsa in Turchia, recante visibili tracce di fattura "occidentale". Motivo che ha indotto Ankara a un ri-orientamento di fondo, più vicino a Mosca, al multipolarismo e all'Organizzazione del Patto di Shangai. Cosa non di poco conto, trattadosi dell'ex bastione avanzato della NATO, da ascriversi al narcisismo inconcludente di Obama.
Il Trattato liberista di commercio con l'Europa è rimasto fortunatamente sospeso nel vuoto. Il bilancio di Obama è scarso anche sul piano interno, poichè nel primo mandato disponeva di una maggioranza di senatori e deputati. Non seppe ricavarne vantaggi di qualche consistenza per la base sociale popolare e per il suo elettorato di salariati e ceto medio. Come spiegare il suo triste primato storico di migranti deportati? Due milioni e settecentomila (2milioni700mila)!! In fondo, Trump non arriva da Marte, o da un misterioso sottosuolo infraumano, rimosso come inconfessabile passato dalla nazione "indispensabile". Lo ammetta o no, Obama e la sua ondivaga condotta pubblica hanno molto a che vedere.
Il velleitarismo dell'uomo Obama, però, non spiega tutto. E' la crisi di un grande Paese e dell'insostenibile rotta dell'unipolarismo. Aggravata dagli Obama, dinastia Bush, clan Clinton, indifferenziati "yesman" del tribalismo finanziario, impegnati nell'accanimento terapeutico del globalismo. Per continuare ad essere "insostituibili" non basta l'antirussismo, ultimo nemico esterno necessario della serie. Siamo seri. Nella storia c'è qualcuno che abbia combattuto qualche sorta di "guerra infinita"? Non vincere nè perdere aiuta a guadagnar tempo, null'altro.
L'egemonismo richiede qualcosa di più e di diverso da armamenti, tecnologie per lo spionaggio di massa ed eccedenze avariate del ministero della cultura di Holywood. Il 63% della produzione mondiale raggiunto dalla Cina e India, sebbene occultato, sono una realtà.
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