miércoles, 8 de febrero de 2017

UE: Bruxelles contro l’Italia appenninica


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Francesco Colace Abruzzesi, umbri, laziali, marchigiani sono le vittime di un colpo al cuore dell’Italia. Nonostante le vite distrutte e l’esistenza spezzata, i terremotati sono stati colti da uno spirito combattivo e di sopravvivenza, dimostrando grande tenacia di fronte all’umore imprevedibile di Madre Natura. In molti hanno provato sofferenza, ma ora vi è rabbia, poiché il desiderio di ripartire e
ricominciare a vivere è grande, ma le risorse a disposizione esigue. Gli abitanti delle regioni colpite dal terremoto hanno lamentato la mancanza di efficienza di coordinamento delle istituzioni nel fornire gli aiuti, la lentezza burocratica che danneggia la ripresa. Ad essere in rivolta sono soprattutto gli allevatori, la cui attività economica, vitale per il territorio, ha subito una terribile battuta d’arresto.

Molti di essi hanno deciso di trasferirsi in città limitrofe per fuggire dallo stato di calamità e trovare un nuovo lavoro (Roma, L’Aquila ecc.), altri di rimanere nel luogo natìo. Ripartire da zero è dura, soprattutto in una prospettiva dove le scosse sembrano non finire mai e dove la terra continua inesorabilmente a tremare.

 Dinanzi a questo scenario il governo italiano si è trovato impreparato, dovendo fronteggiare da un lato le onnipresenti vessazioni economiche dell’austerity burocratica (rischio di multe per il paese pari a 8,5 miliardi), dall’altro lo status di emergenza del proprio entroterra. Tuttavia, slanci di bontà talvolta giungono perfino dalla Commissione Europea. La proposta di quest’ultima consisterebbe nel finanziamento dell’intera ricostruzione post-terremoto.

L’idea era già stata lanciata dal Commissario per la Politica Regionale Corina Cretu, la quale avrebbe spiegato di non voler semplicemente “regalare” finanziamenti all’Italia, bensì di far rientrare il presente atto in un progetto politico più grande.
Esso consiste nella modifica del regolamento sulla politica di coesione per il periodo 2014-2020, con la possibilità di finanziare interamente non soltanto la ricostruzione, ma il restauro del patrimonio culturale dell’Italia e dell’Europa. Il programma prevede una prima fase di “gettito” massiccio di fondi e una seconda fase di riduzione, in maniera tale che i fondi di solidarietà UE siano accompagnati dal Fondo europeo di sviluppo regionale.

In questo modo, le risorse arriverebbero direttamente al Paese come anticipazione dei fondi Fesr 2014/2020, evitando alle Regioni le operazioni di cofinanziamento. Si tratta di intenzioni solidali, mosse da indubitabile empatia umana quanto dall’esigenza di ridare credibilità a un’Unione Europea sempre più impopolare agli occhi dei cittadini del vecchio continente.

L’aiuto economico internazionale costituisce sempre un’arma a doppio taglio; essa da un lato risolleva un Paese, ma dall’altro lo vincola inevitabilmente alla generosità del donatore. E’ bene ricordare cosa abbia comportato il Piano Marshall per l’Italia del Secondo Dopoguerra: l’inevitabile subordinazione politica alle forze atlantiche. Al di là delle congetture in merito, non si può negare che la proposta dell’esonero italiano dai costi di ricostruzione costituirebbe una notevole riduzione del peso e delle responsabilità per il Paese.

 Tuttavia, come avviene per la realizzazione di ogni progetto, subentrano gli ostacoli, quasi sempre di natura umana. Durante la discussione per l’approvazione della proposta nella commissione Sviluppo regionale al Parlamento europeo (24 gennaio), esponenti stranieri di alcuni partiti non hanno esitato a creare forti contrasti. Lambert van Nistelrooij, deputato olandese del Ppe (eurogruppo di riferimento del Nuovo Centrodestra e Forza Italia), ha esclamato:
“Quando ho saputo di questa proposta della Commissione, sono caduto dalla sedia, quello dell’Italia non è un caso speciale”.
Se un terremoto che a distanza di 6/7 mesi continua a mietere vittime, distruggere antichi borghi e danneggiare l’economia del Paese non costituisce un “caso speciale”, ci si domanda cosa invece cosa lo sia. Dal momento che un parere contrario non era sufficiente, la deputata tedesca e “socialista” (se vogliamo passare il termine) Constanze Krehl ha rincarato la dose: “Anche noi siamo stati dipendenti dalla solidarietà, dal momento che io vengo dalla Germania orientale, ma reputo sbagliato che l’Ue non chieda il cofinanziamento alle regioni italiane”.

Tralasciando il fatto che la ex DDR (Deutsche Demokratische Republik) non fosse uno stato così inefficiente e tralasciando che la politicante tedesca dovrebbe dimostrarsi più solidale in quanto proveniente da una tradizione socialista, l’amministrazione italiana ha tutto il diritto di evitare il cofinanziamento. Soprattutto sulla base dell’arricchimento finanziario che la Germania ha costruito intorno al progetto Ue, e soprattutto per il recente commissariamento dell’Italia, sempre più alle strette e ricattata da Bruxelles.

Il ministro dell’economia Padoan, in trattativa con i superiori (Valdis Dombrovski e Pierre Moscovici della Commissione Europea), al fine di evitare indebitamenti salati, ha invitato la “corte imperiale” e finanziaria europea ad avere pietà dell’Italia, ricordando come quest’ultima abbia riorganizzato il proprio mercato del lavoro attraverso il Jobs Act. E’ un po’ come esser vittime, ricordando al diavolo di aver venduto l’anima e che quest’ultimo non potrebbe domandare più.
Per i tedesco-olandesi, dunque, si tratterebbe di un “favore eccessivo” a Roma. Questa contrarietà ha ricevuto il rimprovero e il dissenso di Marc Lemaitre, direttore generale del dipartimento Sviluppo regionale della Commissione Ue:
“La solidarietà è uno dei valori fondamentali dell’Unione europea. Le catastrofi naturali potranno colpire un giorno anche un altro Paese, non solo l’Italia. E noi lo aiuteremo come stiamo facendo adesso. Non si può fare una proposta solo per l’Italia, ma una regola che valga per tutti”.
Dura anche l’opposizione del Movimento 5 Stelle, che ha criticato l’atteggiamento di passività dimostrato dagli eurodeputati italiani del PD (e aderenti al PSE, medesimo gruppo della socialista tedesca), del Nuovo Centro-Destra e di Forza Italia. Rosa D’Amato, deputata dei pentastellati attacca: “In commissione sono stata l’unica a difendere la proposta della Commissione Ue.  

Gli altri eurodeputati italiani dov’erano? Perché non sono intervenuti per prendere le distanze dai loro colleghi? Perché non lo hanno fatto pubblicamente? La verità è una sola: socialisti e popolari, con il silenzio complice di Pd, Ncd e Forza Italia, stanno impedendo che queste risorse importantissime vengano destinate in tempi rapidi e senza lungaggini burocratiche ai territori.

 Se lunedì in commissione socialisti e popolari confermeranno la loro opposizione, salterà la procedura accelerata, che avrebbe permesso di sbloccare i fondi già a marzo. E si andrà a un lungo processo legislativo, con emendamenti che rischiano di stravolgere la proposta e soprattutto di ritardare di mesi i finanziamenti Ue. Il tutto per ragioni di mero calcolo politico, di egoismi nazionali, sulla pelle dei terremotati italiani”.

Fonte: L'intellettuale dissidente qui

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