jueves, 22 de junio de 2017

USA: Tillerson, ovvero il petrolio al timone


"Ci sono poche differenze tra il petrolio, la geopolitica e la diplomazia" dice Barkindo, segretario generale della OPEP

Coriolanis  Il petrolio é l'alfa e omega della politica estera USA, é l'asse strutturante delle relazioni con il resto del mondo. Dall'arrivo di Trump é una evidenza programmatica, perció ha incaricato alla multinazionale ExxonMobil la gestione diretta del Dipartimento di Stato. Tillerson ha
trascorso la sua vita all'interno della Exxon, passando dalla gavetta degli anni 80 fino a diventare nel 2015 direttore esecutivo con un salario di 27,3 milioni di dollari. Vive in una lussuosa villa di 15 milioni di dollari nella cittá di  Irving, Dallas, Texas. Il patrimonio di Tillerson é valutato attorno ai  151 milioni di dollari. 
Nel marzo de 2006 ascese alla presidenza dell'azienda, come tale si oppose radicalmente al governo iniziato nel 1999 da Chávez, cercando di demonizzare la sua politica petrolifera indipendente, in particolare la nazionalizzazione. Per Tillerson era una provocazione inaudita, che Caracas varasse una nazionalizzazione che autorizza solo la formazione di imprese miste con il 51% appartenente alla Stato. Tutte le grandi compagnie accettarono la nueva regola del gioco, meno la ExxonMobil.  

Tillerson si vendicó ipso facto esigendo un risarcimento di 12 miliardi di dollari peró -sette anni dopo- il tribunale del CIADI sentenzió che il risarcimento alla Exxon era limitato a soli 1,6 miliardi di dollari. 


Trump lo chiama a dirigere la politica estera su raccomandazione di Condoleezza Rice, ultima manager designata ministro degli esteri dalle corporazioni petrolifere. Tillerson non é  un soggetto pericoloso solo per il Venezuela, egli ha un conto in sospeso con tutti i Paesi dove abbondano ingenti giacimenti di idrocarburi, e si resistono ad adottare i dogmi del liberismo assoluto o che si azzardano a venderli  in valute diverse dal dollaro.
"Ci sono poche differenze tra il petrolio, la geopolitica, e la diplomazia" dice Mohamed Barkindo, segretario generale della OPEP. Infatti, a che cosa si riducono le pioritá degli Stati Uniti apparentemente diretti da Trump? Concentrare gli sforzi per destabilizzare il Venezuela, rinfuocare le velleitá di attaccare l'Iran, stringere il cappio intorno alla Russia -colpevole anche di collusione con l'OPEC. Minacciare persino il Qatar, colpevole di vendere gas all'India e Cina (in yuan!). Terminare di distruggere la Siria ed essere l'arbitro delle nuove linee di rifornimento energetico dell'Europa.

Il nocciolo dottrinario é: dalla destabilizzazione alla disintegrazione territoriale, fino alla distruzione dello Stato nazionale. Costi quel che costi, incluso il ricorso a milizie mercenarie dalla mutevole denominazione, ormai identificate come il corpo e l'anima del "terrorismo". La realtá sul terreno operativo é che "non vincono, non perdono, distruggono a fondo, guadagnano tempo, senza poter evitare un'ascendente autodistruzione domestica".

Negli Stati Uniti, a prescindere dai risultati elettorali, il comando dell' economia é patrimonio di Wallstreet,  mentre la geopolitica appartiene al Pentagono e ai suoi sponsor. La morsa dell'oligarchia l'ha trasformato in una piattaforma territoriale, non piú al riparo delle mareggiate e dei sismi sociali che inducono nel "mercato-mondo". A Bruxelles sono marmotte in eterno letargo. La Germania, peró, potrá continuare a tollerare i divieti di Washington in materia di oleodotti e gasdotti? Fino a quando chinerá il capo all'antirussismo e all'imposizione di boicottaggi che non consentono la diversificazione delle fonti energetiche? 

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