euro e sterline ai rackett per cui lavorano, da cui sono cooptati o consustanziati.
Solite paranoie cospirative? Nei mesi immediatamente precedenti al grande crack finanziario, e' avvenuto il piu' grande esodo di CEO e capi d'impresa mai visto prima. Con acute doti di veggenza, sono state vendute miliardi di azioni, immediatamente prima dell'esplosione virale avvenuta a Wuhan.
Il record di esodo di CEO e direttori generali e' senza precedenti, secondo
"NBC News" sarebbero 1.332 quelli avvenuti tra gennaio e ottobre, 172 nelle ultime settimane secondo l'agenzia che si occupa della ricerca di lavoro per i manager Challenger, Gray & Christmas. 1480 hanno lasciato le loro funzioni nel 2019. Perche'? Ecco alcuni dei nomi piu' risonanti di imprese e manager investite dall'esodo:
Boeing - Dennis Muilenburg
United Airlines - Oscar
Munoz
Alphabet - Larry Page
Gap - Art Peck
McDonald's - Steve
Easterbrook
Wells Fargo - Tim Sloan
Under Armour - Kevin Plank
PG&E - Geisha Williams
Kraft Heinz - Bernardo
Hees
HP - Dion Weisler
Bed, Bath & Beyond - Steven
Temares
Warner Bros. - Kevin
Tsujihara
Best Buy - Hubert Joly
New York Post - Jesse
Angelo
Colgate-Palmolive - Ian
Cook
MetLife - Steven Kandarian
eBay - Devin Wenig
Nike - Mark Parker
Nel corso del solo gennaio del 2020, 219 big manager sono stati licenziati, in quello che e' un vero e proprio ridimensionamento del volume d'affari. Con tutta evidenza, le multinazionali erano consapevoli delle dimensioni di una crisi profonda, che andava ben oltre i confini di un'emergenza sanitaria, sia pure internazionale. Molti di questi managers percepivano emolumenti astronoomici che -nell'auge del trionfalismo piu' sfrenato- si vantavano che ammontassero a cifre impossibili da raggiungere per un salariato o per varie migliaia di essi, nel corso della loro vita. Erano i tempi in cui il "progresso" si misurava in termini di concenrazione della ricchezza, quando alcuni individui possedevano piu' dei fatturato di molte nazioni, piccole e medie, anche sommate assieme.
Adesso questi ex "deus ex machina" del liberismo sono licenziati alla stregua di operai, impiegati e commessi. Con la differenza che questi utimi, dopo l'abbattimento dello Stato sociale, l'elite vuole scaricarli alle cure esclusive della filantropia (laica o religiosa). Ecco alcuni degli illustri licenziati:
Bob Iger della Disney
Ginni Rometty dell'IBM
Matt Levatich diHarley-Davidson
John Legere di T-Mobile,
Ajay Banga di Mastercard
Tidjane Thiam del Credit Suisse
Del singolare esodo in coincidenza con il crack piu' distruttivo, e pertanto inoccultabile, ecco il punto di vista del Wall Street Journal: "Tra l'inizio di febbraio e fine settimana scorsa, i dirigenti delle societa' quotate negli Stati Uniti hanno venduto un totale di 9,2 miliardi di dollari di azioni delle loro societa'..con perdite potenziali di 1,9 miliardi, mentre l'indice della S&P 500 e' sprofondato di circa il 30% dal 19 febbraio al 20 al marzo". Poi Wall Street chiuse le porte, a differenza delle Borse europee, devote del liberismo piu' ortodoso.
Riusciranno i settori sociali subordinati d'Europa (e altrove) a far stampare soldi -"aumentare il debito" secondo il gergo dei bassifondi politici- per sostenere i loro declinanti consumi? Riusciranno a imporre che le pensioni siano erogate anche dopo il mese di maggio? Una volta usciti dal confino sanitario domiciliare, il panorama presentera' un aumento della disoccupazione, redditi famigliari falcidiati o con scarse entrate monetarie. Riusciranno a imporre a Bruxelles-FMI che mettano la vita e gli interessi delle maggioranze al di sopra di tutto?
C'era un volta Wuhan, con uno sfoggio sfrenato di massima arroganza e cinismo occidentale. Sognava una "chernobyl cinese", poi sopraggiunse l'imprevista e fulminea performance del paese-vittima, e ora siamo sull'uscio di un "vietnam finanziario" dell'ex pensiero-a-senso-unico. Tutto lascia intravedere che il sistema che poggiava le basi su Bretton Woods, sul dollaro e crescita infinita -oltre che su una guerra ogni 10 anni- e' giunto al capolinea. E' il tramonto conclamato dell'egemonismo unipolare e del neoliberismo di marca anglosassone che -a differenza di quello di Pechino- ha distrutto paesi, nazioni, popoli e -soprattutto- ha disintegrato gli Stati. L'altro modello lo preserva, facendone il fulcro regolatore dello sviluppo industriale.
Ripartire non e' ormai piu' una questione che possano risolvere gli economisti, o gli squalificati politici, sempre piu' tributari del monopolio mediatico, ma sara' opera di tutte le componenti che concorrono alla configurazione del reale. In particolare, il protagonismo attivo di tutti quelli che sono stati silenziati ed occultati, messi al bando dal processo decisionale.
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