martes, 5 de agosto de 2008

Effetti collaterali del laptop de Raul Reyes

L'onda espansiva ha raggiunto l'Italia e il vuoto generato dall'afa estiva favorisce le sparate propagandistiche più grezze, quelle che non sono nemmeno simil-veridiche. Il famoso laptop di Raul Reyes -sopravvissuto ad un bombardamento con ordigni ad alta frammentazione di 120 chili- ha raggiunto le italiche sponde, dove si prova a trapiantare le provocazioni "colombian style". Puntano in alto: a Rifondazione Comunista, all'Associazione Nuova Colombia, a gente che ha sempre agito alla luce del sole.

Quel computer, trafugato dopo l'incursione delle truppe colombiane in Ecuador, è rimasto negli uffici dei servizi segreti militari di Bogotà per 72 ore.
POI
venne consegnato all'Interpol per una perizia. Il risultato della perizia -tra l'altro- smentisce la trionfale dichiarazione fatta a Bogotà da un dirigente dell'Interpol; in altre parole il testo dei periti e il contenuto propagandistico dello show mediatico, non coincidono affatto.

La perizia non è in grado di stabilire che cosa è successo con i file in quelle 72 ore in cui è rimasto illegalmente in possesso dei servizi segreti colombiani. Pertanto ha un valore giuridico nullo, ma un altissimo potere propagandistico e ricattatorio. In altre parole, è un pozzo di San Patrizio.

Come tale, è stato usata dapprima contro il Venezuela, in cui si aveva addirittura la pretesa di voler tarscinarne il presidente dinanzi ad un Tribunale internazionale, colpevole di aver attuato come mediatore in una operazione umanitaria, su incarico del governo colombiano.
Poi è stata la volta dell'Ecuador. Falliti questi tentativi di mettere sul banco degli accusati Paesi che sono vittime dei problemi che il regime colombiano non sa risolvere ed esporta (narcotraffico, profughi, contrabbando, emigrazione), la mira si è spostata altrove.

Il laptop di Reyes è protagonista della campagna elettorale in Salvador dove -naturalmente- tentano di sparare contro il Farabundo Martí l'accusa di complicità con il "terrorismo", e in questo modo frenarne la corsa che -fino a questo momento- li vede favoriti nei sondaggi. Il "teorema di Reyes" è qui applicato per cercare di far recuperare terreno ad Arena, cioè agli eredi degli squadroni della morte dei tempi infausti della guerra civile.

La tournée del laptop ha scavalcato l'Atlantico e -settimana scorsa- ha debuttato nella penisola iberica, dove un'attivista è stata accusata di "terrorismo". Adesso è la volta dell' Italia. Del resto Uribe l'aveva anticipato "...recideremo ogni legame con la rete internazionale di appoggio".
Non c'è da stupirsi più di tanto.

Casomai può meravigliare che -accanto ai soliti noti fiancheggiatori come Omero Ciai- si sbracciano giornali che militano contro i Paesi latinoamericani che hanno preso le distanze dagli Stati Uniti, o che criticano la bora razzista che raggela l'Europa.
Tra questi, La Repubblica è una vera e propria Pravda in fotocolor: spaccia le frattaglie ideologiche delle narcomafie colombiane fattesi governo, e di uno Stato che vanta il record di sindacalisti trucidati.
Il PD, anzichè strofinarsi le mani, farebbe bene a ricordare che nessun Paese latinoamericano classifica la guerriglia colombiana come "terrorista". Questo è stato ribadito dalla Organizzazione degli Stati Americani (OEA) e dal vertice del Gruppo di Rio di Santo Domingo.

Non solo in Tibet, ma anche in Colombia si ledono i diritti umani e sindacali, e non solo da parte della guerriglia.



2 comentarios:

Anónimo dijo...

E' risaputo che chi lede seriamente i diritti umani in Colombia è lo Stato terrorista ed il governo filoimperialista al servizio di Washington. La Pravda è un giornale comunista di tutto rispetto e non ha nulla a he vedere al confronto del quotidiano borghese italico.
Bisogna recidere i contatti con un governo narcoparamilitare, mafioso, terrorista, criminale e genocida come quello del narcotrafficante Uribe Velez.

Ciro Brescia dijo...

C'è da evidenziare che Raul Reyes era un sindacalista e la sua scelta di entrare nella guerriglia è stata certamente dettata dalla necessità, in un paese dove si ammazzano più sindacalisti che in ogni altra parte del mondo. Inoltre, come hanno scientificamente e analiticamente messo in evidenza, Michel Collon, Michel Parenti e molti altri, molto che si dice intonro al Tibet sono pure falsità e manipolazioni mediatiche dettate dalla necessità di Washington di destabilizzare un paese in crescita inesorabile.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...