sábado, 17 de octubre de 2009

GUERRA DROGA E POLITICA: ELEMENTI DEL MONDO BIPOLARE (prima parte)

CONFERENZA DI NOAM CHOMSKY IN MESSICO

L’umanità ha progredito molto a livello tecnologico, scientifico e industriale, ma questa rivoluzione materiale sorprendentemente differisce molto dall’altra evoluzione, quella che alimenta l’ideale dello spirito umano: pace, giustizia, benessere…. Oggi più che mai viviamo in un mondo darwiniano, dove impera la legge del più forte, una giungla, dove gli interessi dei potenti vengono prima del bene e della salute di tutti, questo senza dire di voler salvare il pianeta e la sua sfida ecologica.

Chomsky chiacchiera su questi aspetti….Quale lezione ci hanno lasciato due decenni di una realtà del mondo unipolare? Noam Chomsky lunedì scorso ha parlato ampiamente su questa questione ed ha lasciato nelle orecchie dell’auditorio delle idee sorprendenti, durante una conferenza magistrale nella Sala Nezahualcoyotl trasmessa in diretta da TV Unam e 12 canali pubblici e universitari che si sono incrociati per inviare il segnale all' AguasCalientes, Hidalgo, Michoacàn, Morelos, Puebla , Quintana Roo, San Luis Potosì, Tlaxcala, Yucatàn, Durango e Nuevo Leon, oltre che da “la Jornada” online.

Idee sorprendenti come quella di B. Obama, presidente degli USA, descritto come una merce con un merchandising di successo, a tal punto che l’anno scorso si è meritato il primo posto delle campagne promozionali da parte dell’industria della pubblicità. Più famoso che i computers Apple. Vendibile come un dentifricio o una medicina.

O l’idea che l’invasione statunitense a Panama, nel 1989, oggi solo una nota a piè di pagina per molti, è stata in realtà il segnale che Washington cominciava, attraverso la finzione della guerra contro le droghe, un nuovo periodo di dominio, quando erano passate appena poche settimane dalla caduta del muro di Berlino.

Bene, come dato puntuale, stupefacente: la preoccupazione manifestata nel 1990, in un laboratprio di sviluppo di strategie per l’America Latina nel Pentagono, che una nuova apertura democratica in Messico poteva osare di sfidare gli Stati Uniti. La soluzione proposta è stata quella di imporre al nostro paese un Trattato che lo legasse con delle riforme neoliberali. La proposta fu materializzata con il Trattato del Libero Commercio (TLC) che è entrato in vigore nel 1994.

Così, la rassegna di Chomsky degli ultimi due decenni è arrivata al momento attuale, al processo di ri-militarizzazione dell’America Latina con sette nuove basi in Colombia e la riattivazione della Quarta Flotta della sua armata.Tutto, per finire nella visione di un continente, il nostro, che nonostante tutto comincia a liberarsi da solo da questo gioco, con governi che sfidano le direttive di Washington, ma soprattutto con movimenti popolari di massa molto significativi.

Coerentemente con l’importanza che Chomsky dà ai processi sociali e al suo continuo richiamo di rendere visibile i suoi protagonisti, concludendo la sua conferenza magistrale in un’ intervista con TV Unam, l’accademico aveva ancora forze per incontrarsi brevemente con Trinidad Ramirez, dirigente del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra, di San Salvador Atenco, moglie del prigioniero politico Ignacio della Valle, che ha ringraziato Chomsky per essere firmatario della seconda campagna per la libertà di 11 prigionieri.

Qui di seguito si riproducono le parole di Noam Chomsky nella sala Nezahualcoyoti.Quando si parla di questioni internazionali, è utile tener presente vari principi generali e di considerevole importanza. Il primo è la massima ( aforismo) di Tucidide “I forti fanno quello che vogliono, ed i deboli soffrono come è necessario”. Questo ha un importante corollario: ogni Stato potente si basa su esperti in apologetica, il cui compito è quello di mostrare che ciò che fanno i forti è nobile e giusto e quello che soffrono i poveri è colpa loro.

Nell’Occidente contemporaneo questi esperti vengono chiamati intellettuali e, con eccezioni marginali, compiono il compito a loro assegnato con abilità e sentimenti di superiorità morale, nonostante i loro commenti siano assurdi. La loro pratica risale alle origini della storia della quale abbiamo conoscenza.

Gli architetti principali
Un secondo punto, che non bisogna dimenticare, è stato espresso da Adam Smith. Lui parlava dell’Inghilterra, la potenza più grande del suo tempo, ma le sue osservazioni possono essere generalizzate. Smith osservava che i principali architetti delle politiche pubbliche in Inghilterra erano i commercianti ed i produttori, che si assicuravano che i loro interessi fossero ben serviti da tali politiche, per grave che potesse essere l’effetto su terzi, includendo il popolo dell’Inghilterra, e nonostante la severità che avessero verso chi soffriva l' ingiustizia selvaggia degli europei in altri luoghi.

Smith è stato uno dei pochi che si è allontanato dalla pratica normale di dipingere l’Inghilterra come una potenza angelica, unica nella storia del mondo, dedicata senza egoismo al benessere dei barbari. Un esempio rivelatore, in questi esatti termini, è un saggio classico di John Stuart Mill, uno dei più decenti ed intelligenti intellettuali occidentali, nel quale spiegava perché l’Inghilterra doveva compiere la sua conquista in India in vista dei più puri scopi umanitari.

Lo ha scritto proprio nel momento in cui l’Inghilterra compì le più grandi atrocità in India, quando il vero scopo di questa politica era di permettere all’Inghilterra di appropriarsi del monopolio dell’oppio e di stabilire la più grande azienda del narcotraffico nella storia mondiale, e così costringere la Cina, con frecce di cannoni e veleni, ad accettare le merci di produzione britannica, che la Cina non voleva.

La preghiera di Mill è la norma culturale. L’aforismo di Smith è la norma storica.Oggi i principali architetti delle politiche pubbliche non sono i commercianti o i produttori, ma le istituzioni finanziare e le corporazioni transnazionali.Una raffinata versione attuale dell’aforismo di Smith è la teoria dell’inversione in politica, sviluppata dall’economista politico Thomas Ferguson, che considera che le elezioni sono l’occasione perché gruppi di investitori si uniscano con il fine di controllare lo Stato, cioè comprando le elezioni.

Come Ferguson dimostra, questa teoria è un meccanismo molto buono per predire le politiche pubbliche durante un lungo periodo.Allora, per quello successo nel 2008 abbiamo dovuto anticipare che gli interessi delle industri finanziare avrebbero avuto priorità nel governo di Obama. Sono stati i suoi principali fornitori di fondi e si sono inclinati molto più per Obama che per Mc Cain. E così è risultato essere.

Il settimanale di affari Business Week si vanta adesso che il settore assicurativo ha vinto la battaglia per l'assistenza sanitaria, e che le istituzioni finanziare che hanno creato la crisi attuale ne escono incolumi e anzi rafforzate, dopo un enorme riscatto pubblico- che sistema lo scenario per la prossima crisi- , scrivono gli editori.

E aggiungono che altre corporazioni hanno appreso preziose lezioni da questi successi campagne massicce per fermare l'approvazione di qualsiasi azione in materia di risparmio energetico (dal soft che sia), con la piena consapevolezza che frenare queste misure negherà ai loro nipoti qualsiasi possibilità di sopravvivenza decente.

Certamente, non è che siano cattive persone, nè sono ignoranti. Succede che le decisioni sono imperativi istituzionali. Chi decide di non seguire le regole viene escluso, a volte in modo appariscente. Le elezioni negli Stati Uniti sono dei montaggi spettacolari (stravaganze), conclusi dall' enorme industria delle relazioni pubbliche fiorita un secolo fa nei paesi più liberi del mondo, Inghilterra e Stati Uniti, dove le lotte popolari avevano guadagnato la libertà sufficiente perché il pubblico non fosse così facilmente controllato con la forza.

Allora, gli architetti delle politiche pubbliche si sono resi conto che ci sarebbe stato bisogno di controllare gli atteggiamenti e le opinioni. Un elemento del compito era quello di monitorare le elezioni. Gli Stati Uniti non sono una democrazia guidata come l’Iran, dove i candidati hanno bisogno di essere approvati dal clero imperante. In società libere, come gli Stati Uniti, sono le concentrazioni di capitali quelle che approvano candidati e, tra coloro che passano i filtri, i risultati finiscono quasi sempre determinati dalle spese di campagna elettorale.

Gli operatori politici sono sempre molto consci che frequentemente il pubblico dissente profondamente, in alcuni punti, dagli architetti delle politiche pubbliche. Allora, le campagne elettorali evitano di approfondire qualsiasi punto e favoriscono gli slogan, la ricercatezza dell’oratoria, le personalità, il gossip. Ogni anno l’industria della pubblicità consegna un premio alla miglior campagna promozionale dell’anno.

Nel 2008 il premio è stato dato alla campagna elettorale di Obama, sconfiggendo persino quella dei pc Apple. Si vantavano pubblicamente che questo era stato il loro successo più grande da quando avevano iniziato a promuovere candidati come se fossero dentifrici o medicine che associano a stili di vita, tecniche che hanno preso forza durante il periodo neoliberale, prima di tutto con Reagan.

Nei corsi di economia, s’impara che i mercati si basano su consumatori informati che scelgono razionalmente le loro opzioni. Ma chi guarda un annuncio televisivo sa che le aziende destinano enormi fondi per creare consumatori uniformati che scelgono irrazionalmente le loro opzioni.
Gli stessi dispositivi utilizzati per conquistare mercati si adattano all’obiettivo allo scopo di minare la democrazia attraverso la creazione di elettori irrazionali e disinformati che prenderanno decisioni compatibili con gli interessi dei due partiti, che al massimo sono fazioni in competizione di un solo partito.

Sia nel mondo degli affari come in quello politico, gli architetti delle politiche pubbliche sono continuamente ostili con i mercati e la democrazia, eccetto quando cercano dei vantaggi temporali. Certamente, la retorica può dire altro, ma i fatti sono abbastanza chiari.L’aforismo di Adam Smith ha alcune eccezioni, che sono molto istruttive.

Un esempio contemporaneo importante sono le politiche di Washington verso Cuba da quando questa ha ottenuto la sua democrazia, 50 anni fa. Gli Stati Uniti sono una società che gode di una libertà poco comune, così che si conta con un buon accesso ai registri interni che rivelano il pensiero ed i piani degli architetti delle politiche pubbliche.

A pochi mesi dell’Indipendenza di Cuba, il governo di Eisenhower, aveva formulato dei piani segreti per abbattere il regime ed iniziò dei programmi di guerra economica e di terrorismo, la cui scalata fu aumentata in maniera brusca da Kennedy, e che continua in vari modi anche nei giorni nostri.

Dall’inizio, l’intenzione esplicitata è stata quella di castigare sufficientemente il popolo cubano perché abbattesse il regime criminale. Il suo crimine era quello di essere riuscito a sfidare le politiche statunitensi datate dal 1820, quando la dottrina di Monroe ha dichiarato l'intenzione degli Stati Uniti di dominare l'emisfero occidentale, senza tollerare interferenze dall'esterno o dall'interno.

Anche se le politiche bipartisan verso Cuba concordano con la massima di Tucidide, entrano in conflitto con il principio di Adam Smith, e come tali ci danno uno sguardo speciale su come si configurano le politiche. Durante decenni, il popolo statunitense aveva favorito la normalizzazione dei rapporti con Cuba.

Disattendere la volontà del popolo è normale, ma in questo caso è più interessante che i settori potenti del mondo degli affari favoriscano anche la normalizzazione: le agroalimentari, le corporazioni farmaceutiche e dell’energia, e altri comunemente definito il quadro di base per la costruzione delle politiche. In questo caso i loro interessi sono colpiti da un principio di politica internazionale che non abbiano un giusto riconoscimento nei trattati accademici sul tema: potremmo chiamare il principio della mafia.

Il Padrino non tollera chi lo sfida e la fa franca, neanche il piccolo commerciante che non può permettersi di pagargli il pizzo (protezione). E’ molto pericoloso. Deve, quindi, essere sradicato brutalmente in modo che gli altri capiscano che disobbedire non è un' opzione. Che qualcuno riesca a sfidare il Padrone può diventare un virus che sia contagioso, per prendere in prestito il termine usato da Kissinger, quando si apprestava a rovesciare il governo di Allende.

Questa è stata la dottrina principale nella politica estera statunitense durante il periodo del suo dominio globale e, naturalmente, ha molti precedenti. Un altro esempio, che non ho il tempo di raccontare qui, è la politica statunitense verso l’Iran a partire del 1979.Ha richiesto di tempo compiere gli obiettivi plasmati nella dottrina Monroe, e alcuni di loro continuano ad affrontare numerosi ostacoli.

Il fine ultimo persiste ed è in questionabile. Ha acquistato molto significato quando, dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si sono convertiti in una potenza globale dominante ed hanno spiazzato il loro rivale britannico. La giustificazione è stata analizzata lucidamente. Per esempio, quando Washington si preparava a far cadere il governo di Allende, il Consiglio di Sicurezza Nazionale aveva puntualizzato che se gli Stati Uniti non riuscivano a controllare l’America Latina, non potevano aspettarsi di consolidare un ordine in nessuna altra parte del mondo, cioè, imporre con efficacia il loro dominio sul pianeta. La credibilità della Casa Bianca sarebbe decaduta, come è stato espresso da Henry Kissinger.

Altri ancora potrebbero tentare di farla franca nella sfida se il virus cileno non venisse distrutto prima che il contagio fosse avvenuto. Quindi, la democrazia del parlamento cileno se n’è dovuta andare, e così successe l’11 settembre del 1973, ma in termini di conseguenze per il Cile supera, e di molto, i terribili crimini dell’11 settembre del 2001.

Nonostante che gli aforismi di Tucidide e di Smith, e il principio della Mafia, non considerano tutte le decisioni in politica estera, coprono una gamma molto ampia, come lo fa anche il corollario riferito al ruolo degli intellettuali. Non sono il finale della saggezza ma s’incamminano verso di essa.

Con il contesto fornito finora, guardiamo il momento unipolare, che è l' argomento di molte discussioni accademiche e popolari da quando è collassata l’Unione Sovietica, 20 anni fa, lasciando gli Stati Uniti come unica superpotenza globale al posto di essere la prima superpotenza, come prima.

Apprendiamo molto sulla natura della guerra fredda e dello sviluppo degli avvenimenti da allora, guardando come reagisce Washington di fronte alla sparizione del suo nemico globale, "la cospirazione monolitica e spietata per conquistare il mondo", come la descriveva Kennedy. Qualche settimana dopo la caduta del Muro di Berlino, gli Stati Uniti hanno invaso il Panama.

Lo scopo era di sequestrare un delinquente minore, che fu portato in Florida e sentenziato per crimini che aveva commesso, in gran parte, mentre veniva pagato dalla CIA. Da valoroso amico si è trasformato in un malvagio demone per aver cercato di assumere un atteggiamento di sfida e di farla franca, andandoci cauto nel sostegno alle guerre terroristiche di Reagan in Nicaragua.

L’invasione è costata la vita a diverse migliaia di persone povere in Panama, secondo fonti panamensi, ed ha restaurato il dominio dei banchieri e trafficanti di droga legati agli Stati Uniti. E’ stato poco più che una nota a piè di pagina nella storia, ma per alcuni aspetti ha rotto la tendenza.

Una di queste è stato che si è reso necessario contare su una nuova scusa, e questa è arrivata in fretta: la minaccia di narcotrafficanti di origine latina che cercavano di distruggere gli Stati Uniti. Richard Nixon aveva dichiarato guerra alla droga, ma ha avuto un ruolo nuovo e significativo per il momento unipolare.

Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

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