jueves, 26 de mayo de 2011

USA contro OPEC, EURO e PALESTINA


Sanzioni contro il Venezuela - FMI ad un ultraliberista reazionario del Messico - Euro sotto attacco - ONU insufficiente per far nascere Palestina -Demolire e sfasciare le nazioni arabe laiche - aviazione non basta per conquistare Tripoli
Tito Pulsinelli
Gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni selettive ai Paesi che mantengono relazioni commerciali con l’Iran. Tra questi, ha fatto un certo scalpore che –per la prima volta- venga segnalata la multinazionale statale PDVSA del Venezuela che –notoriamente- ha ottimi rapporti con tutti i patner produttori di idrocarburi. La “grida” di Washington specifica che disconoscerà agevolazioni di tipo bancario ed altre di simile natura, di cui il Venezuela -però- non si avvale già da molto tempo. Curiosamente, l’editto sottolinea che si tratta di misure che non puntano a intaccare le loro importazioni di petrolio. Il ministro Ramirez ha replicato che "..non è l'imperialismo a decidere con chi facciamo affari e chi sono i nostri amici".


Una cosa è certa: il tempo in cui potevano ricattare con la sospensione unilaterale  degli acquisti è parte del passato. 
Come pure la dipendenza basata sull’esportazione unidirezionale agli Stati Uniti e sull’importazione coatta di tutto da quel mercato. Oggi non manca chi è pronto ad assorbire il greggio esportato  ai nordamericani, ridottosi ad un terzo rispetto a dieci anni fa. La Cina, l’India e gli altri protagonisti emergenti del BRICS hanno ottime relazioni con Caracas, e partecipano alle operazioni congiunte nella mega-riserva dell'Orinoco.

L’editto è diretto contro l’OPEC, attualmente guidato dall’Iran, e punta a incrinare la compattezza dei Paesi esportatori; cerca di introdurre artificialmente dall’esterno conflittualità tra l’Arabia Saudita+Emirati contro Teheran. Le difficoltà crescenti incontrate per la conquista dei giacimenti della Libia, rende indispensabile piegare la decennale compattezza dell’OPEC. Vogliono imporre l’aumento dell’offerta di barili sul mercato, per questo devono sconfiggere la politica del controllo dell’offerta dell'OPEC.

L’autogolpe dell’11 di settembre, portò alla sospensione di interi pezzi della Costituzione e dei diritti individuali, a  due guerre simultanee contro nazioni asiatiche con risultati catastrofici, nonostante siano durate più della guerra contro il nazifascismo. Con il recente assassinio dell’ormai inservibile logo di Osama Bin Laden, i militari sono arrivati direttamente al governo. Due generali, alla difesa e ai servizi segreti (come ai tempi di Breznev), per gestire gli ascendenti e piramidali bilanci destinati all’apparato militar-industriale. L’immagine si adegua alla sostanza: la difesa e la politica estera non le decide Obama.

Gli USA sono all’offensiva su tutti i fronti. L’imboscata a Strauss Kahn ha mostrato la sua filigrana quando -senza rossore- hanno immediatamente proposto come successore l’ultraliberista ministro delle finanze messicano. Per strappare all’Europa la sessantennale guida del FMI, hanno adottato una posa terzomondista: ma allora perchè non designare il Brasile? No, prediligono un fondamentalista globalista che rappresenta un Paese di cui gli USA posseggono il sistema bancario, controllo integrale del suo mercato, e che si apprestano a dichiarare “Stato fallito” per l'irrefrenabile narcoeconomia,  a cui nemmeno l’esercito ha potuto metter freno. Obama sogna un FMI assegnato ad un socio del Trattato di Libero Commercio del Nordamerica, per dare un colpo decisivo all’euro, colando a picco la Grecia, Portogallo e presto la Spagna. Con Zapatero o senza.

Nella prima tappa londinese del tour europeo, Obama ha reso noto che si dovrebbe condonare  all’Egitto un miliardo di debiti, prestare altrettanto, per far brillare con più fulgore la “primavera araba”. A cambio di robuste privatizzazioni che pongano fine al protagonismo statale nell’economia iniziato con Nasser. A vantaggio delle multinazionali, soprattutto anglosassoni, pronte ad entrare in Egitto. In fondo, come in Yugoslavia e in Iraq, continuano a demolire e sfasciare le nazioni arabe laiche, cui una forte tradizione sovranista ha eretto economie con presenza statale di peso. 

Stessa ricetta e stesso sogno per la Siria e la Libia, ma qui la NATO deve caricare tutto  il fardello. La nulla capacità operativa degli improvvisati “ribelli” per assicurare un controllo indiscusso almeno di qualche città (oltre Bengasi), obbligherà ad un’invasione terrestre. Non è dato sapere se il tepore democratico della "primavera araba" debba irradiarsi anche in Arabia saudita e nelle petromonarchie degli Emiri ligi agli anglosassoni.

Un Obama sempre più senza veli, ha calato un altro carico: “Non basta una decisione dell’ONU per la nascita della Palestina”. Traduzione: non è sufficiente che a settembre l’Assemblea generale voti a stragrande maggioranza a favore della creazione della Palestina, con le frontiere del 1967. Che farà, opporrà il veto? Strano, è invece bastato il voto di un gruppetto sparuto –come le dita di una mano- nel Consiglio di sicurezza per cominciare una campagna di bombardamenti contro la Libia e la sua capitale. Hanno esaurito tutti gli obiettivi militari, e ora bombardano strutture civili, ministeri, ospedali e scuole. Meno le raffinerie e i pozzi petriliferi: questa roba la vogliono intatta! L'Assemblea generale sarebbe un covo di sovversivi, mentre il Consiglio di sicurezza è la cupola della democrazia con format corretto.

Gli USA sono all’offensiva, agiscono a zigzag, melliflui, ma non guardano in faccia a nessuno. Non risparmiano nemmeno gli amici e presunti alleati. Cercano di indebolirli e paralizzare in un reticolo di effetti disgreganti, che segmentano e frantumano in tante schegge le entità che vogliono ridimensionare o minimizzare. Non solo gli arabi, anche l’Europa che continua a fare il palo, e che ha sotto attacco l’euro, uno dei due pilastri eretti dall’utopismo liberista della Commissione e della BCE. Senza geopolitica, senza esercito, ridotta  all'unidimensione di mercato & moneta.  E quest’ultima patisce un infarto indotto. Ma non tutti porgono l'altra guancia: il Brasile ha bloccato la compra dei Raphale dopo che Sarkozy si oppose all'iniziativa della Turchia-Brasile per il nucleare iraniano. Da allora è stato messo nel congelatore anche il miliardario contratto per le forniture militari.

Le organizzazioni globali che gli Stati Uniti rispettano e riconoscono realmente sono solo la NATO, il FMI e la OMC. Le elites europee, ancora ignare che l’egemonismo assoluto post-Unione sovietica è già svanito, sono recidive e si cullano nel sogno di un gran mercato transatlantico, capace di assicurare egemonia e materie prime con le sole armate d'assalto della NATO. Persiste l’illusione inveterata di essere alleati del “più forte”, ignorando un declino inoccultabile. Riconosciuto anche dalle menti più lucide che hanno disegnato la geopolitica USA. 

L’emergente multipolarismo accelera l’eclissi, e a Bruxelles si stanno ritrovando con una moneta azzoppata, un mercato anemico per la caduta del reddito dovuta alla disoccupazione crescente, senza coesione interna, e con forze militari a mezzadria, comandate dal Pentagono. Non si va lontano, solo navigazione a vista. Il ritorno della politica neocoloniale delle cannoniere è sintomatico. Per l'Italia la guerra contro la Libia insegna come perdere forniture e mercati, a prescindere dal risultato.

1 comentario:

Avenarius dijo...

A mio avviso il Venezuela dovrebbe chiudere completamente i rubinetti al criminale zio sam ed ad i suoi numerosi lacché.

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