Un recente rapporto di Human Rights Watch (HRW) mette sotto accusa la NATO per le sue operazioni di bombardamento aereo sulla Libia. Esamina otto incursioni aeree messe a segno dai Paesi che parteciparono alle operazioni belliche e -sulla base di testimonianze locali- rivela che ci furono 72 vittime civili, tra cui 20 donne e 24 bambini.
L'avvocato Purificación González, del Collettivo Internazionale Occhi per la Pace, è convinta che se la NATO rifiuta di indagare sui crimini di cui è accusata è per cercare di evitare che vengano alle luce crimini di maggiore gravità. Le bombe della NATO "hanno ucciso praticamente il 2% della popolazione libica, vale a dire più di 60000 persone". La campagna militare contro il Paese nordafricano, dal marzo all'ottobre 2011, cominciò con una risoluzione dell'ONU che imponeva una "zona di interdizione aerea" sulla Libia.
Immediatamente, la "no fly zone" venne illegalmente trasformata in una lunga campagna di bombardamenti aerei che distrusse tutta l'infrastruttura civile ed istituzionale. Il vero oggetto del contendere, infatti, erano le risorse naturali e gli idrocarburi che dovevano essere trasferiti nelle mani della Total e British Petroleum. La NATO e i governi dei Paesi coinvolti rifiutano ogni addebito e non hanno nessuna intenzione di indagare sui fatti denunciati da ONG tipo URW.
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