danza macabra con il corpo dell'ambasciatore C. Stevens
Tito Pulsinelli La "primavera" seminata con molta generosità mediatica ha fatto sbocciare un frutto velenoso a Bengasi. La retorica che ha infarcito le menti occidentali -l'imperativo categorico è cacciare il tiranno Gheddafi! costi quel costi!- ora è inchiodata ad un'aspra evidenza simbolica: la bandiera nera dell'integralismo svetta sulle ambasciate USA del Cairo e di Bengasi. In Libia è stato trucidato anche l'ambasciatore USA e la sua scorta, la sede diplomatica data alle fiamme. Gheddafisti? Salafiti, cioè i beniamini degli inesistenti "comitati rivoluzionari" cari a tutto l'indotto neocolonialista. Non basta creare un deserto e chiamarlo "primavera araba", per di piùusando con insensatezza il forcipe della NATO. Il vuoto lasciato dai ciclici e ricorrenti "tiranni", prima usati e poi aborriti da Washington, viene riempito dagli oscurantisti e le nazioni sottoposte a vivisezione. Prima bombardate e poi spezzettate in frammenti etnici, segmentate in numerose contrade confessionali integraliste.
Non imparano dagli errori, insistono a fabbricare dal nulla i nemici del futuro prossimo, per poterli utilizzare (apparentemente) come carne da cannone contro i nemici designati dal Pentagono. L'altro ieri in veste antisovietica in Afganistan, per ritrovarseli contro in Iraq, poi in Libia e in Egitto. Sarà così nella Siria del domani? Guerreggiare contro le rare nazioni arabe laiche, multietniche e multireligiose è una miopia che risponde ad una logica immediatista, sempre più suicida. Senza futuro. E' una povera politica internazionale il complottare nell'ombra, ai margini dell'ONU, per allearsi sottobanco con bande armate foraggiate dal regno dell'Arabia saudita e del Qatar. Marca le proporzioni dell'involuzione e del declino accelerato del conglomerato della NATO.
Il petrolio che con l'occhio preferenziale di Gheddafi affluiva verso l'Italia, oggi va alla BP, alla Total e agli USA. A parte la striscia costiera petrolifera e i terminal marittimi, oggi la Libia è in mano a una trentina di milizie "l'un contro l'altra" armate. A che cosa è servito l'occultamento della prigionia inflitta dalle milizie integraliste ai giudici del Tribunale Penale dell'Aya? L'Europa meridionale è ora fortemente esposta a rischi reali di destabilizzazione ed attacchi diretti, evirata com'è d'una propria ed autonoma politica con l'altra sponda mediterranea.
Ma l'ex signora Clinton e il cavaliere del Sacro Romano Impero -nonchè ministro degli esteri italiano- non se ne danno per intesi e continuano a giocare a mosca cieca. Rilanciano la scommessa in quella lotteria dell'azzardo che è diventata la Siria. Incuranti di un'altra e ben più rapresentativa "comunità internazionale" riunitasi a Teheran, dove i 2/3 dei Paesi aderenti all'ONU, condannano le ingerenze clandestine nell'antica terra siriana,. E affidano un mandato di intermediazione all'Egitto, Iran, Turchia ed Arabia saudita. La Siria viene declassata a problema regionale, e sottratta alle manovre oscure e reiterative degli occidentali. Per controllare l'Egitto, non bastano più 2 miliardi di dollari ai generali egiziani: Morsi ha trovato di più e meglio nel suo viaggio a Pechino.
C'è più di qualcosa che non torna nella diplomazia atlantista. E' tempo di assimilare in fretta che non sempre le "primavere" riescono con il buco. Il Medioriente è qualcosa di più vasto di Israele ed è in piena metamorfosi. Isolare l'Iran sarà una misione impossibile fino a quando continueranno ad ignorare le bombe nucleari presenti negli arsenali di Tel Aviv. Gli ayatollah replicano agevolmente: energia nucleare per tutti, bombe atomiche per nessuno. E trovano orecchie attente anche al Cairo e Ryad.
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