jueves, 16 de mayo de 2013

Venezuela: La rete contro la piramide

G.Posadas
Riproponiamo un articolo del 2002 sulla guerra mediatica - Scritto all'indomani d'un fallito colpo di Stato, ed alla vigilia di una serrata padronale camuffata da rivolta della società civile - Paralizzò l'estrazione del petrolio e i rifornimenti di viveri alle aree metropolitane: danni per 20 miliardi di $ - Da probblema del Venezuela, la guerra mediatica è diventata una calamità internazionale -
Tito Pulsinelli
Caracas 24/11/2002, In Venezuela la guerra dell'informazione non é forzatura semantica o metafora velenosa, bensí una patologia sociale quotidiana. Sul vasto scacchiere di un
conflitto sociale che contrappone un governo legittimato da sette processi elettorali in 4 anni, e il polo di forze che furono spodestate ed estromesse dal potere, i mezzi di comunicazione scritta ed audiovisiva svolgono un ruolo di incontenibile protagonismo. Tutti i giornali - (meno due) - e tutte le reti TV - (tranne una)- sono impegnate in una battaglia campale contro una democrazia poco gradita alle elites interne e internazionali, ed hanno persino rivendicato pubblicamente il loro "agire da partito". 

Vogliono essere attore politico ed informatori "indipendenti" allo stesso tempo. Il risultato di questa anomalia va ben oltre le usuali manipolazioni, omissioni, tergiversazioni, l'apologia del golpismo o le percentuali di tempo riservate agli avversari nei telegiornali. 
E' sufficiente costatare il giubilo con cui commentano l'aumento dell'inflazione o la fuga dei capitali, e le loro facce da funerale quando non possono esimersi di comunicare l'aumento delle riserve monetarie o quando la moneta recupera 200 punti sul dollaro! Si tratta di un tipo di faziosità che sconfina nel masochismo.

Il partito mediatico del golpismo, interpreta l'informazione come prosecuzione della guerra sociale con altri mezzi, sfoggia disinvoltamente gran creatività nelle notizie false e tendenziose o inventa di sana pianta eventi mai accaduti. E' pervenuto a creare un nuovo genere: l'intervista-dibattito. L'intervistatore ribatte strillando le affermazioni sgradite o sconvenienti di un intervistato, e definisce tranquillamente gli avversari politici con queste parole: orde, alcolizzati, teppaglia, invertebrati, bande ecc. 


E' ricorrente l'uso del falsi prefabbicato per scoop che durano lo spazio di un mattino, fino a che un altro falso lo cancella dalla memoria. In sostanza, quando manca la notizia scandalosa, la auto-producono.
A loro vergogna, rimane incancellabile il blackout informativo decretato dal monopolio TV mentre la ribellione popolare sconfisse il golpe e impose il ritorno del Presidente Chavez alla guida del paese. Mentre l'intero paese era percorso dalla passione civile e sociale, le TV trasmettevano...cartoni animati. I venezuelani per sapere quel che accadeva si sintonizzarono con canali esteri. Quando la realtà non corrisponde alle aspettative dei proprietari della comunicazione, essi tentano di cancellarla con simili espedienti, assolutamente inconsistenti con la tecnologia diffusa di questa epoca, e al di sotto di qualsiasi etica professionale.


La realtà, però, non si può cancellare a piacimento. Essa esiste, nonostante gli schermi o le pagine la ignorino. Il reale é più forte del virtuale, e le folle che sconfissero il golpe circondando le basi militari e altre sedi istituzionali, poterono autorganizzare la ribellione avvalendosi di una decina di radio libere, quattro TV di quartiere, la telefonia fissa e, soprattutto, quella cellulare. Laddove la politica dell'informazione é direttamente ispirata ai manuali militari di operazione e guerra psicologica, si é dimostrata finora vincente la strategia della rete che imbriglia la piramide. La diluizione orizzontale contro la concentrazione verticale. La menzogna é stata combattuta efficacemente con la moltiplicazione delle radio locali, le liste di discussione internet, giornali e bollettini locali, con l'estensione del territorio sociale coperto dai gruppi di affinità, e con il boicottaggio.


Di fronte alla totale impunità del monopolio TV, che si era praticamente spinta fino alla diretta-continua di un golpe organizzato nei propri studi, il boicottaggio é stata la prima spontanea risposta, che é andato via via propagandosi e persistendo. Il quotidiano di maggiore tiratura (El Nacional) é passato dalle 183 mila copie di prima del golpe alle attuali 92 mila. Il giornale che teorizzò e che tuttora agisce come "partito mediatico" é costretto ad una severa ristrutturazione: diminuzione delle pagine, eliminazione di supplementi e di rubriche, licenziamento di giornalisti non ostili al presidente Chavez.


Parallelamente, viene affiorando un rigetto istintivo per difendersi dalle dosi massicce di tossine informative, il cui unico obiettivo é la diffusione di un senso di angustia, insicurezza e stanchezza mentale, che pieghi la volontá collettiva ad arrendersi all'avvento di un governo quale che sia, capace però di restituire la tranquillità perduta. La gente ora spegne le TV, diserta i programmi di informazione e, chi se lo puó permettere, ricorre alla TV via cavo.
A livello politico, il monopolio dell'informazione in connubio con le elites finanziarie e politici vedovi del vecchio regime, non riescono a buttar giù il governo, nonostante serrate padronali mascherate mediaticamente come scioperi. Nonostante le ingenti risorse dilapidate per retribuire le maestranze per non-lavorare. 


La guerra dell'informazione riesce ad ottenere una progressiva destabilizzazione che a volte sfiora i confini dell'ingovernabilità, e produce patologie di angoscia e stress per chi vi si espone eccessivamente. Incrementa il consumo dei tranquillanti contro l'ansia, però fallisce l'obiettivo principale della contesa.
La posta in palio di questa guerra é un regime autoritario capace di imporre la privatizzazione della settima azienda petrolifera del mondo, e un progetto-paese che vorrebbe riportare il Venezuela ad essere una semplice "stazione di benzina" degli Stati Uniti.


In questa guerra, però, i media hanno dato fondo al loro capitale più prezioso - la credibilitá - e stanno perdendo pure la partita politica. Assomigliano ad un esercito con un arsenale che non incute più timore ai propri nemici. Com'é lontano il 1972, quando con uno sciopero di camionisti e una campagna di disinformazione che diffuse fotomontaggi di Salvador Allende mentre copulava con cani, riuscirono a porre fine a un governo legittimo, inaugurando il ventennio delle dittature che "sperimentarono", per la prima volta, la dottrina neoliberista nella versione dei Chicago boys!


Oggi, quando il modello imperante sta perdendo vertiginosamente il consenso, e ci dice che governerà con la forza di leggi dettate dall'emergenza, possiamo dire che il caso venezuelano non é affatto un'eccezione o una curiosa bizzarria tropicale. Nell'epoca del neoliberismo di guerra, dove la guerra sta via via cancellando i confini tra civile e militare -sia negli obiettivi da colpire che negli attori dei conflitti- scompare anche la differenza tra informazione e propaganda, e Goebbels diventa un referente degno e rispettabile. 


Ai nostri nemici, però, non é ancora possibile dare l'ultimo passo: cancellare la differenza tra la verità e la menzogna, e far svanire l'inconciliabile distizione tra la libertà delle maggioranze e gli interessi materiali delle elites dominanti.
I nuovi conflitti che si profilano all'orizzonte si caratterizzeranno come una mistura di azioni militari con alto contenuto tecnologico, abbinata a destabilizzazione economica, guerriglia informatica, sabotaggi, eliminazione fisica di personalità ostili, attentati alla salute mentale pubblica e, soprattutto, molta guerra sul fronte dell'informazione. All'inizio dei bombardamenti, sui cieli afgani volavano tre C130 capaci di saturare tutti i programmi, su tutte le frequenze delle radio locali. 


La situazione in Venezuela, a livello della guerra dell'informazione, é solo un gradino immediatamente inferiore a questo. Eppure, quando in aprile si dispiegò la forza che tramuta gli spettatori passivi e i consumatori inerti in soggetti agenti e ribelli che autoproducono informazione e storia, si stabilí il record mondiale di durata di una dittatura: 48 ore! Lo scrittore Luis Britto Garcia ha brillantemente sintetizzato: "La dittatura informatica, al massimo produce dittatori virtuali".

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