Coriolanis La Russia investe 15 miliardi di dollari per comprare titoli di stato dell'Ucraina e abbassa il prezzo del gas da 410 a 268,5 dollari per mille metri cubici. La mossa finanziaria del Cremlino rimette in careggiata Kiev e scaccia il pericolo del default, e della necessità di sottostare ai ricatti economici del FMI e all'avventurismo dell'UE e dei suoi ultimatum
politici. Più simili all'imposizione di una resa che ai negoziati per firmare un trattato.
Sui due piatti della bilancia dell'Ucraina ci sono questi fatti concreti.
Il nuovo contratto offerto dalla Gazprom rivitalizza l'economia e si traduce in minori costi per l'industria chimica, vale a dire del 20% delle esportazioni dell'Ucraina. L'opposizione sediziosa rimane spiazzata, e appare più inconsistente o di natura prevalentemente mediatico-ideologica l'ingresso forzato -e senza condizioni- nella UE. A Bruxelles prevale una visione geopolitica velleitaria o subalterna, tipica di una dirigenza delegittimata, non-eletta, ormai disabituata a negoziare. L'Ucraina non è uno staterello baltico o balcanico, su cui l'UE passava come un rullo compressore.
Non si trova nemmeno nella stessa situazione dei paesi europei orientali dopo la caduta sovietica. Oggi, la Russia è in grado di offrire alternative concrete e praticabili (economiche, commerciali, finanziarie), differenti ed opposte a quelle del FMI o al modello in fase calante dell'UE. Gli USA, invece, non offrono assolutamente nulla, a parte l'impellenza di aprire basi militari proprie o della NATO. Tramonta la promozione dell'ex maoista portoghese Barroso alla segreteria della NATO.
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