Riproponiamo un testo pubblicato nel dicembre del 2012. Di fronte all'invarianza dei problemi di fondo posti dal potere occulto e assoluto delle elites, ripetere giova.
Almeno per antevedere o intravedere le soluzioni parziali incontrate da quelli che hanno recuperato quote signifivative di sovranità. Dapprima nel potere politico e poi sul terreno dell'economia.
Tito Pulsinelli -Perchè le elites finanziarie
lo detestano tanto? E' lo statista che ha anticipato di un decennio il
cammino per mettere a salvo il suo Paese. Ha rimesso all'ordine del
giorno valori come la sovranità, preliminare
per recidere gli artigli con cui l'oligarchia finanziaria si appropriò
delle risorse strategiche di tutti venezuelani. Nel 1989, il
Venezuela ebbe la sventura di subire l'equivalente
dell'assalto frontale di cui è vittima oggi
l'Europa meridionale. La
depredazione era motivata dalle medesime ideologie onnivore, confiscatorie, finalizzate a trasferire a "controllori esterni" beni, risorse, autonomia e poteri istituzionali, propri delle nazioni e delle democrazie.
Chávez è il prodotto della sintesi tra le sollevazioni popolari spontanee
del febbraio del 1989, dilagate in tutte le principali città
venezuelane -debellate con il fuoco delle armi dal governo-protesi del
FMI e USA- e la ribellione del 1992 di quei militari utilizzati come cecchini contro i cittadini. Altro che golpe! Presero il controllo pieno delle cinque maggiori regioni,
con la partecipazione di almeno 8000 soldati. Il movimento bolivariano è
la ricomposizione della forza tellurica dei saccheggi, della sommossa
popolare e della ribellione organizzata dei sottufficiali. In esso
confluiscono le energie dell'equità sociale e quelle della sovranità, dell'antimperialismo e del nazionalismo (1), per aprire la prospettiva ad un altro Paese-possibile.
Poi dilagò l'antipolitica per un
altro decennio, i partiti si disssolsero come neve al sole, i frammenti
si coalizzavano in ammucchiate inqualificabili, incapaci di frenare
l'implosione, e dilagò una conflittualità diffusa, multiforme, che si
irradiava lungo mille rivoli. La democrazia rappresentativa agonizzava lentamente. Finalmente si consolidò un'ampia alleanza di forze sociali e politiche, e nel 1998 Chávez divenne presidente. Indicò tre obiettivi: processo costituente, democrazia partecipativa, nazionalizzazione verace degli idrocarburi.
Senza una nuova Costituzione, infatti, serviva ben poco la conquista
del potere legislativo, in uno Stato minimalista e sfasciato
deliberatamente dai liberisti.
Con la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, Chávez ha portato in dote ai suoi concittadini la riserva certificata più grande del mondo (300 miliardi di barili), che le multinazionali occidentali controllavano, asserendo cinicamente trattarsi di "bitume" (sic). Le regole delle nuove concessioni, impongono che lo Stato abbia sempre la maggioranza azionaria, e i petrolieri devono pagare il 60% di tasse (contro l'1,5% precedente). Questa è la base del nuovo Stato sociale, che rende possibile destinare il 40% del bilancio alle politiche sociali: sanità, istruzione e previdenza sociale.
Però non furono sufficienti solo i voti, per salvaguardarlo dalla controffensiva delle elites del 2002. Il fronte di resistenza dovette subire il sequestro di Chávez e una guerra economica interna, con la serrata dei porti e dell'industria petrolifera: 20 miliardi di dollari perduti
e caduta del PIL. I voti conferiscono il potere politico, ma per far
fronte a quello economico, finanziario, mediatico, religioso, imperiale,
ai poteri occulti e a quelli "globali", ha funzionato la tenaglia governo + movimenti sociali, nel quadro dell'unità civico-militare. Voti più lotta permanente dispiegata su tutta la linea del fronte psico-sociale.
L'odio contro Chávez è il marchio di fuoco dei paladini della cosiddetta autonomia della banca centrale: autonoma da chi? Autonoma dai governi, dal voto dei cittadini, dalla legittimità democratica, non da oscuri ed esclusivi club venali autottoni, non dai centri finanziari internazionali. Non da Goldman Sachs che
ora nomina apertamente i vertici della BCE, del Banco d'Inghilterra e
persino dei governi d'Italia e Grecia. La sovranità del Venezuela è
tangibile da quando la Banca centrale risponde alle autorità di Caracas,
unica leva per una politica monetaria ed economica autonoma. La
regolamentazione e restrizione cambiaria come scudo per impedire la fuga
dei capitali o l'esportazione di tutti gli utili delle multinazionali, è
l'altro crimine chavista contro l'immacolato dogma liberista.
L'inviso "populismo" non nutre simpatia per i monopoli nei settori sensibili, pertanto nazionalizzò (con indennizzazione) il latifondo improduttivo e telecomunicazioni, per diversificare l'offerta e garantire la concorrenza, grazie all'intervento pubblico. E' inviso perchè palesa il divorzio insanabile avvenuto tra elites e società? Sarà per questo che ha la vista lunga?
Nel 2007 non si regalarono soldi ai banca-rottieri, Chávez lasciò fallire i biscazzieri dell'azzardo globale, riscattò le banche più sane, però passarono a far parte del patrimonio pubblico. Ne sa qualcosa il gruppo spagnolo Santander.
E' istruttivo rileggersi gli anatemi dei profeti di sventura, le bolle
di scomunica dei prezzolati adoratori de "i mercati". Però Caracas
seppe resistere e percorse una strada opposta a quella imboccata
dall'attuale classe dirigente europea, che finanzia a fondo perduto solo la banca privata. Non le imprese, non il consumo nè il fabbisogno sociale primario.
Chávez aiutò l'Argentina con prestiti umani, consentendo a Nestor Kirchner di mantenere alla larga il capestro offerto dal FMI o troike,
che non si limita ad esigere esosi tassi di interesse, ma pianifica
dall'esterno le politiche economiche, fiscali, monetarie, militari e
-ovviamente- sociali. E' una autentica usurpazione di sovranità. Il Venezuela ha costituito un'alternativa per l'accesso al credito, nei momenti più critici della svolta antiliberista sudamericana, allargando lo spazio di manovra della Bolivia, Ecuador, Nicaragua e nazioni del Caribe. Anche con scambi non basati sul monetario, nè sul dollaro (2).
Venne sbugiardata la favola dei "globalisti", che indica nel ritorno all'autarchia dell'isolato Stato-nazione, l'unica alternativa possibile alle loro fisime autoritarie. Senza di loro non c'è il caos. La rivoluzione bolivariana, invece, divenne l'asse propulsore del blocco regionale sudamericano. Con l'idea-forza della complementarietà contro la concorrenza, dello sviluppo autonomo con redistribuzione versus
crescita senza regole. La sovranità e autodeterminazione come
alternativa all'espansionismo darwinista "occidentale", permeò la nuova
architettura d'un continente che volta pagina. L'UNASUR (Unione delle
Nazioni Sudamericane), CELAC (Comunità Stati Latino Americani e
Caraibi), allargamento del MERCOSUR (Mercato Comune sudamericano), ALBA
(Alleanza Bolivariana delle Americhe), la nascita di istituzioni
finanziarie sovranazionali come il Banco del Sur, sono traguardi
ottenuti per il gran impulso impresso da Chávez.
La sua acuta visione geopolitica multipolare,
ha influito in gran misura sul fallimento del progetto colonizzatore
dell'ALCA, modello d'integrazione con cui gli Stati Uniti tentarono
l'annessione non solo dei mercati, ma anche delle economie, risorse,
biodiversità di tutti gli Stati nazionali a sud del Rio Bravo.
L'accresciuto peso strategico dei prodotti energetici, si è aggiunto
alla storica peculiarità geopolitica del Venezuela, come cerniera ed asse strutturante delle Ande, Amazzonia e Caraibi.
L'arrivo al governo dei bolivariani si propagò lungo la colonna
vertebrale Andina, e non tardarono a manifestarsi gli effetti in
Brasile, Ecuador, Uruguay, Argentina e Bolivia. Senza la benzina inviata
dal Brasile di Lula non sarebbe stato possibile sconfiggere
pacificamente il sabotaggio e la serrata del 2002. Due secoli prima, da Caracas scoccò la scintilla che spense il sole all'impero spagnolo.
Il Venezuela, da enclave con scambi unidirezionali -tutto l'export agli USA e viceversa per le importazioni- sta avanzando nel progetto di uno sviluppo nazionale, autonomo dai centri finanziari "globali", perchè ridefinì con anticipo la sua collocazione nella nuova realtà della fase post-egemonica nordamericana. La rotta bolivariana ha messo il Venezuela in relazione con tutte le potenze emergenti, con i nuovi attori globali e con due patner strategici che siedono nel Consiglio di sicurezza dell'ONU.
L'importanza di Chávez oltrepassa le frontiere, va al di là dei benefici del sistema di redistribuzione e del welfare garantito
ai venezuelani -in pieno auge della penuria imposta come dottrina
universale- ed è un punto di riferimento decisivo per il subcontinente.
E' la stella polare che ispira le forze sovraniste,
popolari, nazionali e rivoluzionarie di tutte le latitudini. E' il
cattivo maestro che ha dimostrato che ribellarsi paga, che è possibile
resistere a chi è sotto minaccia permanente del potere oscurantista dei
grossisti del denaro fittizio. Autoproducono il denaro ma dipendono dal lavoro di tutti, perciò cercano che sia forzato.
L'odio
del vecchio giro del G7 è l'impotenza crescente verso le barriere che
vanno erigendosi contro il fallimento d'un modello economico, divenuto
ormai implosione d'un progetto di socialità distruttivo, malthusiano,
antinaturale, non più umanista. Chávez ha osato rivendicare un
socialismo per il secolo XXI, democratico e pluralista, caratterizzato
da una nuova egemonia sociale. Questo è imperdonabile se diventa forza
reale che trasforma o modifica lo stato delle cose presenti.
(1) In
Venezuela, il nazionalismo non è mai stato espansionista, colonialista,
guerrafondaio, ha avuto -ed ha- una valenza opposta. In particolare, la
gestazione del Venezuela è in stretto connubio con le radici della sua
Indipendenza, dove fu la piattaforma di lancio del crollo dell'Impero
spagnolo. Grazie a Bolivar, gli insorti venezuelani promossero la
liberazione dell'attuale Colombia, Ecuador, Bolivia, Perù, Panama. La
concezione di nazione è implicitamente derivata e collegata alla Patria
Grande.
(2) Il
Sucre è una unità di conto, basata sulle rispettive monete nazionali,
che regola gli scambi dei membri dell'ALBA. Ha raggiunto il miliardo di
dollari, al suo secondo anno.
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