Ieri l’esercito ucraino ha subito una sconfitta bruciante. Forse la
guerra non è ancora all’epilogo finale ma questo capovolgimento cambia
le carte in tavola e demoralizza la Junta e la popolazione dell’Ovest.
Quest’ultima ha già chiesto a Poroshenko di richiamare i militari perché
le perdite sono ormai intollerabili. Madri e padri reclamano i loro
figli mandati a
morire per una causa
fratricida. Dopo essersi ritrovato circondato nella fascia a sud tra il
confine russo e le province ribelli, l’esercito è stato sfiancato a
Donetsk ed è capitolato a Lugansk, ritirandosi in gran fretta e in modo
disordinato.
Diventa un facile obiettivo per eventuali rappresaglie. I
mezzi e le truppe si stanno allontanando disordinatamente dalle zone del
fuoco sotto stretto controllo dei resistenti. Anche le infrastrutture
aeroportuali, nei due grandi centri regionali, hanno rappresentato una
trappola per topi per gli ucraini. Sono stati assediati dai miliziani
assediati che hanno interrotto le linee dei rifornimenti.
La strategia di Strelkov, che ha richiesto il duro sacrificio di
Slaviansk, abbandonata in mano agli uomini di Kiev, ha ripagato con
questa grande vittoria. Un vero capolavoro se si considerano le reali
forze in campo. Riportiamo in coda all’articolo la rappresentazione del
piano con il quale gli ufficiali e i soldati della Novorossjia sono
riusciti ad infliggere perdite pesantissime ai loro nemici sostenuti
dagli Usa.
Nei prossimi giorni assisteremo alle scene isteriche della dirigenza
ucraina la quale cercherà di negare la disfatta, ma dovrà ugualmente
fare i conti col malcontento nella Capitale. La scusa della guerra e
dell’emergenza legata alla preservazione dell’integrità territoriale del
Paese non può più reggere e non si possono chiedere altri sacrifici ad
una popolazione allo strenuo delle sue forze, che i governanti stanno
spremendo come un limone per assecondare i nuovi padroni occidentali.
Molti punti di Kiev non sono ancora stati sgomberati dagli accampamenti
di sbandati e banditi che continuano a terrorizzare le persone. L’aver
scoperchiato il vaso di pandora di un ingiustificato nazionalismo
revanscista e russofobo, tendente al settarismo nazistoide, sta rendendo
la situazione incontrollabile per lo stesso Poroshenko. La durezza
dell’austerità economica imposta a Kiev dal FMI e dalle regole per il
patto di associazione all’Ue impedisce di alleggerire le difficoltà
sociali.
Ieri Yantseniuk, l’uomo della Nuland, si è dimesso, ma il Presidente
della Repubblica ha respinto la sua lettera. Secondo il Premier, il
governo ed il parlamento starebbero ostacolando le privatizzazioni nel
settore industriale e agricolo e le dismissioni nel settore energetico.
Il capo del governo aveva annunciato con eccessiva prosopopea “la più
grande campagna di privatizzazione negli ultimi 20 anni”. Il consiglio
dei ministri dell’Ucraina ha, infatti, previsto di liberarsi del 50% di
Ukrnafta e del 99% delle azioni del Porto di Odessa.
Poi ancora ha
deciso per la messa sul mercato di industrie strategiche, come
Sumykhimproms, Turboatom ed altre 15 aziende del settore energetico,
oltre che la cessione dei pacchetti di controllo di una quarantina di
società del gas. Ulteriori vendite sono state preventivate nel comparto
agricolo e in quella della ricerca. Ora le cose si fanno più complicate e
l’Ucraina rischia di frammentarsi in più parti. Non solo la divisione
sancita dal conflitto tra Ovest e est, ma anche quelle a sud e al
centro. Uno scenario drammatico di difficile ricomposizione. Ci voleva
una rivoluzione per ridurre in pezzi lo Stato?
G Petrosillo fonte: Conflitti e Strategie
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