Gerusalemme". Ha persino "autorizzato" i residenti negli insediamenti israeliani limitrofi alla frontiera con Gaza a tornare nelle loro case. "Siamo stati capaci di rompere la forza di dissuasione di Israele". Chi ha vinto? Quando la parte più debole non ha perso, quelli dello schieramento più forte percepiscono questo come una disfatta.
Ci si chiede perchè Tel Aviv ha condotto una guerra in modo tanto scriteriato e feroce, e perchè l'hanno terminata con un comunicato laconico e un pugno di mosche in mano. Sono sotto accusa l'ambizione smodata e l'estremismo di Netanyahu, accusato persino di aver anteposto i suoi fini politici personali agli interessi del sionismo. I critici più feroci lo accusano di aver capitolato goffamente con una "organizzazione terrorista come Hamas". L'avrebbe legittimata internazionalmente e rinsaldato la coesione della dirigenza Palestina.
Il trionfalismo di Israele sarebbe frutto di un mito che ha sempre proiettato un'immagine di invincibili, già smentita nel 2006 in Libano da Hezbollah, ed oggi a Gaza dopo un insensato tiro al bersaglio deliberato contro infrastrutture e popolazione civili. Pochi risultati positivi ottenuti sul terreno di lotta e censura morale universale che ha portato l'attuale dirigenza israelita ad essere accusata di crimini di guerra.
La tregua ha le premesse politiche per poter durare: Hamas si impegna con il maresciallo Sissi a non aver nessun tipo di relazione con i Fratelli musulmani egiziani. L'Egitto riapre la frontiera con Gaza e mette con le spalle al muro i falchi di Tel Aviv. Diventa cosi impraticabile la soluzione apocalittica della distruzione integrale di Gaza, con il conseguente esodo dei suoi abitanti verso la penisola del Sinai. Questo scenario condiviso da Israele e Stati Uniti, è tramontato assieme alla "primavera araba". Archiviato con la detronizzazione di Morsi ad opera dei militari egiziani che l'accusano -tra molte altre cose- di alto tradimento per voler trasformare il Sinai in un ghetto più ampio di Gaza.
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