Il filo conduttore è stato il bilancio dell’esperienza dei governi progressisti e di sinistra di vario conio e soprattutto un’analisi della contro-offensiva imperiale che si fa sentire in molti dei Paesi della regione. Basti pensare al Venezuela, a Cuba , ed alla “guerra finanziaria dei “fondi avvoltoi” contro il governo dell’Argentina.
Questa volta è stata massiccia la presenza delle organizzazioni sociali boliviane, mobilitate per seguire i lavori del Foro, che per la prima volta si è riunito nella capitale boliviana. Un’occasione ghiotta che i movimenti non si sono fatti sfuggire. Le aule ed i corridoi nel nuovo centro fieristico di La Paz, erano colorati dalle “wipala”, dai cappelli e dai vestiti tradizionali delle donne boliviane, espressione tangibile delle 34 nazionalità, riconosciute costituzionalmente dallo Stato Plurinazionale della Bolivia.
Impossibile riassumere 5 giorni di discussioni a tutto campo. Tra le altre attività, durante l’incontro si è tenuta una Scuola di Formazione Politica sulla crisi del capitalismo, riunioni dei giovani, delle donne, degli afro-discendenti, dei parlamentari, degli eletti locali, un incontro tra le Fondazioni e gli Istituti di ricerca, così come una riunione dedicata alla “diplomazia dei popoli” Tra i più seguiti un interessante seminario sui governi progressisti della regione e le sfide da affrontare.
Affollati anche i 13 seminari tematici dedicati all’attualità continentale ed alle alternative al modello di sviluppo, in particolare il “vivir bien” in armonia con la madre terra, la “pacha mama” nella cosmovisione dei popoli originari di “Abya Yala”, il nome pre-colombino del continente. Di fronte al rischio di “ri-primarizzazione dell’economia” e di estrattivismo selvaggio in molti Paesi della regione la discussione verte su un possibile modello di un’economia plurale, in un continente che vuole approfondire la sua integrazione. Dopo il Venezuela, anche Ecuador e Bolivia si accingono ad entrare nel Mercosur.
Per l’Italia da molti anni anche Rifondazione Comunista partecipa come invitato ai suoi lavori ed ha salutato nella plenaria questa importante riunione. Anche in questa occasione si è avanzato nei rapporti con il resto dei partiti e movimenti sociali della regione, intercambiando esperienze di vittorie, di sconfitte, di lavoro e di buone pratiche. L’obiettivo politico è quello di rafforzare una agenda comune di riflessione e mobilitazioni che si è costruita negli anni, anche insieme al resto del Partito della Sinistra Europea.
Il cammino percorso
Molta acqua è passata da quando, nel 1990, il Foro di Sao Paulo fu fondato nell’omonima città brasiliana, su invito del Partito dei Lavoratori (PT) allora diretto dal lider sindacale Luiz Inácio Lula da Silva, in seguito eletto presidente del gigante latino-americano. L’obiettivo iniziale era quello di discutere il nuovo scenario internazionale dopo il crollo dell’Unione Sovietica e del muro di Berlino, l’impatto dei governi neo-liberisti nella regione e la necessità di una alternativa popolare e democratica all’onda lunga del neoliberismo, ancora egemone a livello mondiale. A quel primo incontro parteciparono 48 partiti ed organizzazioni che rappresentavano le diverse matrici politico-ideologiche della regione, tutte all’opposizione. L’unica forza di sinistra al governo era il Partito Comunista di Cuba.
Nacque così l’idea di una maggiore integrazione continentale attraverso l’intercambio di esperienze, la discussione delle differenze e la ricerca di consenso per le azioni della sinistra regionale.
Oggi, 24 anni dopo, molti dei partecipanti sono al governo o si consolidano come le principali forze dell’opposizione. Dopo il primo incontro del Foro del 1990, il primo a vincere nel 1998 fu Hugo Chavez con il primo governo di sinistra nel continente dopo decenni. Poi, nel 2002, fu la volta di Lula in Brasile alla testa di una coalizione di centro-sinistra. Seguirono poi Tabaré Vázquez del Frente Amplio in Uruguay nel 2004, Evo Morales con il Movimento al Socialismo in Bolivia nel 2005 e via via gli altri. L’ultimo in ordine di tempo è stato El Salvador dove nel giugno scorso si è insediato il Presidente Salvador Sanchez Ceren, ex-comandante guerrigliero del Frente Farabundo Martì (FMLN).
Oggi sono più di 10 i paesi governati da partiti del Foro, da forze progressiste, rivoluzionarie e di sinistra, con esperienze diverse, ma con una agenda di integrazione continentale in parte comune.
Negli anni ’90 dello “tsunami” neo-liberista hanno resistito, poi sono passati all’offensiva e infine hanno affrontato la prova del governo.
Non c’è dubbio che la resistenza è stato fattore di unità dal basso nelle mobilitazioni sociali ed il nuovo blocco sociale si è costruito nel conflitto.
García Linera: approfondire la democrazia verso il socialismo
Tra gli interventi più significativi, quello di Álvaro García Linera, Vice-Presidente della Stato Plurinazionale della Bolivia. Citando Antonio Gramsci più volte nel suo intervento, Garcìa Linera ha esaminato la fase continentale, passando per la Bolivia, ed ha concluso indicando 5 compiti per il futuro prossimo.
“Solo 15 anni fa il neo-liberismo era la Bibbia, oggi lo stiamo gettando nella spazzatura della storia, da dove non sarebbe mai dovuto uscire”, ha detto García Linera. “Oggi il mondo è un altro. La storia continua, l’ideologia e la falsa narrazione della fine della storia sono crollate con il sorgere delle lotte, di progetti e di ribellioni che si sono allargati a tutta L’america Latina”.
Secondo García Linera il primo obiettivo raggiunto è la democrazia come metodo per approfondire i processi rivoluzionari. “Nel passato avevamo assunto la democrazia come una tappa sospettosa, precedente alla rivoluzione, e ci eravamo preparati per questo. Le dittature ci avevano fatto visualizzare questa tappa previa a un processo che chiamavamo Rivoluzione” ha continuato García Linera. “Oggi in Bolivia abbiamo un governo dei movimenti sociali, grazie alla resistenza dei movimenti negli anni bui del’attacco neo-liberista”.
Nelle sue conclusioni, il Vicepresidente boliviano ha parlato di 5 compiti per la sinistra continentale:
Innanzitutto difendere ed ampliare i risultati ottenuti in quello che ha definito come “Post-neoliberismo”. Difendere e approfondire quello che si è ottenuto fin qui, prendendo in considerazione i rapporti di forza reali, per poter ampliare a tutti i benefici delle trasformazioni in atto.
Secondo, migliorare i risultati economici e raggiungere un modello di sviluppo sovrano ed indipendente a livello nazionale. A partire dalle proprie peculiarità, costruire un modello di sviluppo complementare e plurale, basato sulla cooperazione per l’integrazione. Garantire crescita economica e ridistribuzione a favore dei più poveri ed oppresi.
Terzo, approfondire la democrazia, ampliando la partecipazione popolare, istallando e rafforzando i canali istituzionali per l’inclusione, per la costruzione di una nuova società, sempre più democratica, verso il socialismo. Non sarà un processo facile, nè lineare. Dobbiamo promuovere la creazione di reti produttive partecipative, potenziando la tendenza socialista nelle mani dei settori produttivi. Partecipazione e produzione devono esere al servizio di tutti, dello “stato integrale” di gramsciana memoria.
Quarto, occorre saper affrontare le contraddizioni inevitabili e le tensioni emergenti all’interno di processi democratici: la costruzione dell’egemonia è fatta di autorità morale, consolidando il nucleo fondamentale ed incorporando le tendenze sociali più avanzate alle idee di cambiamento. Sapendo sommare ed ampliare la base sociale ad altri settori.
Il punto centrale del suo discorso è stata la consapevolezza delle tensioni tra Stato e movimenti sociali e della dialettica necessaria per avanzare; in sintesi essere capaci di costruire il “nuovo blocco sociale del cambiamento”, dando potere al popolo e democratizzando l’apparato statale.
Quinto ed ultimo compito, quello di approfondire l’integrazione regionale, costruendo la complementarietà produttiva. La sua base materiale è l’integrazione economica. La sfida è passare dalle riunioni e dai discorsi, all’integrazione economica reale. «Mentre abbiamo difficoltà sul versante dell’integrazione económica, l’integrazione continentale mostrerà i suoi limiti. E’ necessario basare l’integrazione politica, ideologica e culturale su quella economica, materiale e tecnologica», ha insistito Linera.
L’incontro con la sinistra Europea
Non c’è dubbio che oggi il Foro di Sao Paulo è l’articolazione politica più importante del continente. Al suo interno convivono tutte le anime della sinistra latino-americana ed anno dopo anno, nuove organizzazioni chiedono l’affiliazione. Ad oggi sono più di 100 i partiti che ne fanno parte.
Da tempo il Foro è un’interlocutore prioritario per la sinistra alternativa europea e questa volta alla riunione tra il Partito della Sinistra Europea ed il Foro di Sao Paulo erano presenti ben 18 partiti.
Tra i punti di forte attenzione vi è la crisi europea, soprattutto per i suoi contraccolpi sul continente. Secondo un’ analisi condivisa, l’Unione Europea sta attraversando una fase di “austerità” del tutto simile a quella dei famigerati “Piani di Aggiustamento Strutturale” del cosiddetto “Consenso di Washington”, che in passato tanti danni ha provocato in America latina e nei Caraibi.
Nei rapporti tra l’Unione Europea ed i governi del continente, figurano in primo piano i Trattati di Libero Commercio (mascherati da “Accordi di Associazione”) su cui le lobby padronali di Bruxelles stanno lavorando da tempo per scaricare i costi della crisi verso altri lidi. Insieme a quello firmato con il Centroamerica (CAFTA) e quelli bilaterali con Colombia, Perù e recentemente l’Ecuador, la UE è ancora in fase negoziale con il Mercosur. Tra i nodi, quello sulla proprietà intellettuale, la protezione degli investimenti esteri e la possibilità per le grandi imprese europee di entrare nelle commesse pubbliche in condizioni di evidente asimmetria.
Non a caso, percentuali importanti dei profitti delle multinazionali “europee” dell’energia, della finanza, delle telecomunicazioni, vengono proprio da qui.
Tra i temi di una agenda comune di mobilitazioni necessarie, oltre al tema delle multinazionali, anche il debito estero, le migrazioni e la lotta per la pace.
Il prossimo appuntamento del Foro è a Città del Messico nel 2015.
FONTE: http://marcoconsolo.altervista.org/foro-boliviano/#sthash.EqPRiElU.dpuf
Marco Consolo
Dal 24 al 29 Agosto si è tenuto il 20°
Incontro del Foro di Sao Paulo a La Paz, capitale della Bolivia.
L’evento ha riunito quasi 200 delegati di partiti ed organizzazioni
della sinistra latinoamericana e dei Caraibi, con la presenza tra gli
altri di una nutrita delegazione di invitati europei.
Impegnativo il programma: “Per l’Agenda
della Patria Grande: sconfiggere la povertà e la contro-offensiva
imperialista. Conquistare la pace, l’integrazione ed il Vivir bien nella nostra America”.
Il filo conduttore è stato il bilancio
dell’esperienza dei governi progressisti e di sinistra di vario conio e
soprattutto un’analisi della contro-offensiva imperiale che si fa
sentire in molti dei Paesi della regione. Basti pensare al Venezuela, a
Cuba , ed alla “guerra finanziaria dei “fondi avvoltoi” contro il
governo dell’Argentina.
Questa volta è stata massiccia la
presenza delle organizzazioni sociali boliviane, mobilitate per seguire i
lavori del Foro, che per la prima volta si è riunito nella capitale
boliviana. Un’occasione ghiotta che i movimenti non si sono fatti
sfuggire. Le aule ed i corridoi nel nuovo centro fieristico di La Paz,
erano colorati dalle “wipala”, dai cappelli e dai vestiti tradizionali
delle donne boliviane, espressione tangibile delle 34 nazionalità,
riconosciute costituzionalmente dallo Stato Plurinazionale della
Bolivia.
Impossibile riassumere 5 giorni di
discussioni a tutto campo. Tra le altre attività, durante l’incontro si è
tenuta una Scuola di Formazione Politica sulla crisi del capitalismo,
riunioni dei giovani, delle donne, degli afro-discendenti, dei
parlamentari, degli eletti locali, un incontro tra le Fondazioni e gli
Istituti di ricerca, così come una riunione dedicata alla “diplomazia
dei popoli” Tra i più seguiti un interessante seminario sui governi
progressisti della regione e le sfide da affrontare.
Affollati anche i 13 seminari tematici
dedicati all’attualità continentale ed alle alternative al modello di
sviluppo, in particolare il “vivir bien” in armonia con la madre terra,
la “pacha mama” nella cosmovisione dei popoli originari di “Abya Yala”,
il nome pre-colombino del continente. Di fronte al rischio di
“ri-primarizzazione dell’economia” e di estrattivismo selvaggio in molti
Paesi della regione la discussione verte su un possibile modello di
un’economia plurale, in un continente che vuole approfondire la sua
integrazione. Dopo il Venezuela, anche Ecuador e Bolivia si accingono ad
entrare nel Mercosur.
Per l’Italia da molti anni anche
Rifondazione Comunista partecipa come invitato ai suoi lavori ed ha
salutato nella plenaria questa importante riunione. Anche in questa
occasione si è avanzato nei rapporti con il resto dei partiti e
movimenti sociali della regione, intercambiando esperienze di vittorie,
di sconfitte, di lavoro e di buone pratiche. L’obiettivo politico è
quello di rafforzare una agenda comune di riflessione e mobilitazioni
che si è costruita negli anni, anche insieme al resto del Partito della
Sinistra Europea.
Il cammino percorso
Molta acqua è passata da quando, nel
1990, il Foro di Sao Paulo fu fondato nell’omonima città brasiliana, su
invito del Partito dei Lavoratori (PT) allora diretto dal lider
sindacale Luiz Inácio Lula da Silva, in seguito eletto presidente del
gigante latino-americano. L’obiettivo iniziale era quello di discutere
il nuovo scenario internazionale dopo il crollo dell’Unione Sovietica e
del muro di Berlino, l’impatto dei governi neo-liberisti nella regione e
la necessità di una alternativa popolare e democratica all’onda lunga
del neoliberismo, ancora egemone a livello mondiale. A quel primo
incontro parteciparono 48 partiti ed organizzazioni che rappresentavano
le diverse matrici politico-ideologiche della regione, tutte
all’opposizione. L’unica forza di sinistra al governo era il Partito
Comunista di Cuba.
Nacque così l’idea di una maggiore
integrazione continentale attraverso l’intercambio di esperienze, la
discussione delle differenze e la ricerca di consenso per le azioni
della sinistra regionale.
Oggi, 24 anni dopo, molti dei
partecipanti sono al governo o si consolidano come le principali forze
dell’opposizione. Dopo il primo incontro del Foro del 1990, il primo a
vincere nel 1998 fu Hugo Chavez con il primo governo di sinistra nel
continente dopo decenni. Poi, nel 2002, fu la volta di Lula in Brasile
alla testa di una coalizione di centro-sinistra. Seguirono poi Tabaré
Vázquez del Frente Amplio in Uruguay nel 2004, Evo Morales con il
Movimento al Socialismo in Bolivia nel 2005 e via via gli altri.
L’ultimo in ordine di tempo è stato El Salvador dove nel giugno scorso
si è insediato il Presidente Salvador Sanchez Ceren, ex-comandante
guerrigliero del Frente Farabundo Martì (FMLN).
Oggi sono più di 10 i paesi governati da
partiti del Foro, da forze progressiste, rivoluzionarie e di sinistra,
con esperienze diverse, ma con una agenda di integrazione continentale
in parte comune.
Negli anni ’90 dello “tsunami”
neo-liberista hanno resistito, poi sono passati all’offensiva e infine
hanno affrontato la prova del governo.
Non c’è dubbio che la resistenza è stato
fattore di unità dal basso nelle mobilitazioni sociali ed il nuovo
blocco sociale si è costruito nel conflitto.
García Linera: approfondire la democrazia verso il socialismo
Tra gli interventi più significativi,
quello di Álvaro García Linera, Vice-Presidente della Stato
Plurinazionale della Bolivia. Citando Antonio Gramsci più volte nel suo
intervento, Garcìa Linera ha esaminato la fase continentale, passando
per la Bolivia, ed ha concluso indicando 5 compiti per il futuro
prossimo.
“Solo 15 anni fa il neo-liberismo era la
Bibbia, oggi lo stiamo gettando nella spazzatura della storia, da dove
non sarebbe mai dovuto uscire”, ha detto García Linera. “Oggi il mondo è
un altro. La storia continua, l’ideologia e la falsa narrazione della
fine della storia sono crollate con il sorgere delle lotte, di progetti e
di ribellioni che si sono allargati a tutta L’america Latina”.
Secondo García Linera il primo obiettivo
raggiunto è la democrazia come metodo per approfondire i processi
rivoluzionari. “Nel passato avevamo assunto la democrazia come una
tappa sospettosa, precedente alla rivoluzione, e ci eravamo preparati
per questo. Le dittature ci avevano fatto visualizzare questa tappa
previa a un processo che chiamavamo Rivoluzione” ha continuato García
Linera. “Oggi in Bolivia abbiamo un governo dei movimenti sociali,
grazie alla resistenza dei movimenti negli anni bui del’attacco
neo-liberista”.
Nelle sue conclusioni, il Vicepresidente boliviano ha parlato di 5 compiti per la sinistra continentale:
Innanzitutto difendere ed ampliare i
risultati ottenuti in quello che ha definito come “Post-neoliberismo”.
Difendere e approfondire quello che si è ottenuto fin qui, prendendo in
considerazione i rapporti di forza reali, per poter ampliare a tutti i
benefici delle trasformazioni in atto.
Secondo, migliorare i risultati
economici e raggiungere un modello di sviluppo sovrano ed indipendente a
livello nazionale. A partire dalle proprie peculiarità, costruire un
modello di sviluppo complementare e plurale, basato sulla cooperazione
per l’integrazione. Garantire crescita economica e ridistribuzione a
favore dei più poveri ed oppresi.
Terzo, approfondire la democrazia,
ampliando la partecipazione popolare, istallando e rafforzando i canali
istituzionali per l’inclusione, per la costruzione di una nuova società,
sempre più democratica, verso il socialismo. Non sarà un processo
facile, nè lineare. Dobbiamo promuovere la creazione di reti produttive
partecipative, potenziando la tendenza socialista nelle mani dei
settori produttivi. Partecipazione e produzione devono esere al servizio
di tutti, dello “stato integrale” di gramsciana memoria.
Quarto, occorre saper affrontare le
contraddizioni inevitabili e le tensioni emergenti all’interno di
processi democratici: la costruzione dell’egemonia è fatta di autorità
morale, consolidando il nucleo fondamentale ed incorporando le tendenze
sociali più avanzate alle idee di cambiamento. Sapendo sommare ed
ampliare la base sociale ad altri settori.
Il punto centrale del suo discorso è
stata la consapevolezza delle tensioni tra Stato e movimenti sociali e
della dialettica necessaria per avanzare; in sintesi essere capaci di
costruire il “nuovo blocco sociale del cambiamento”, dando potere al
popolo e democratizzando l’apparato statale.
Quinto ed ultimo compito, quello di
approfondire l’integrazione regionale, costruendo la complementarietà
produttiva. La sua base materiale è l’integrazione economica. La sfida è
passare dalle riunioni e dai discorsi, all’integrazione economica
reale. «Mentre abbiamo difficoltà sul versante dell’integrazione
económica, l’integrazione continentale mostrerà i suoi limiti. E’
necessario basare l’integrazione politica, ideologica e culturale su
quella economica, materiale e tecnologica», ha insistito Linera.
L’incontro con la sinistra Europea
Non c’è dubbio che oggi il Foro di Sao
Paulo è l’articolazione politica più importante del continente. Al suo
interno convivono tutte le anime della sinistra latino-americana ed anno
dopo anno, nuove organizzazioni chiedono l’affiliazione. Ad oggi sono
più di 100 i partiti che ne fanno parte.
Da tempo il Foro è un’interlocutore
prioritario per la sinistra alternativa europea e questa volta alla
riunione tra il Partito della Sinistra Europea ed il Foro di Sao Paulo
erano presenti ben 18 partiti.
Tra i punti di forte attenzione vi è la
crisi europea, soprattutto per i suoi contraccolpi sul continente.
Secondo un’ analisi condivisa, l’Unione Europea sta attraversando una
fase di “austerità” del tutto simile a quella dei famigerati “Piani di
Aggiustamento Strutturale” del cosiddetto “Consenso di Washington”, che
in passato tanti danni ha provocato in America latina e nei Caraibi.
Nei rapporti tra l’Unione Europea ed i
governi del continente, figurano in primo piano i Trattati di Libero
Commercio (mascherati da “Accordi di Associazione”) su cui le lobby
padronali di Bruxelles stanno lavorando da tempo per scaricare i costi
della crisi verso altri lidi. Insieme a quello firmato con il
Centroamerica (CAFTA) e quelli bilaterali con Colombia, Perù e
recentemente l’Ecuador, la UE è ancora in fase negoziale con il
Mercosur. Tra i nodi, quello sulla proprietà intellettuale, la
protezione degli investimenti esteri e la possibilità per le grandi
imprese europee di entrare nelle commesse pubbliche in condizioni di
evidente asimmetria.
Non a caso, percentuali importanti dei
profitti delle multinazionali “europee” dell’energia, della finanza,
delle telecomunicazioni, vengono proprio da qui.
Tra i temi di una agenda comune di
mobilitazioni necessarie, oltre al tema delle multinazionali, anche il
debito estero, le migrazioni e la lotta per la pace.
Il prossimo appuntamento del Foro è a Città del Messico nel 2015.
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Marco Consolo
Dal 24 al 29 Agosto si è tenuto il 20°
Incontro del Foro di Sao Paulo a La Paz, capitale della Bolivia.
L’evento ha riunito quasi 200 delegati di partiti ed organizzazioni
della sinistra latinoamericana e dei Caraibi, con la presenza tra gli
altri di una nutrita delegazione di invitati europei.
Impegnativo il programma: “Per l’Agenda
della Patria Grande: sconfiggere la povertà e la contro-offensiva
imperialista. Conquistare la pace, l’integrazione ed il Vivir bien nella nostra America”.
Il filo conduttore è stato il bilancio
dell’esperienza dei governi progressisti e di sinistra di vario conio e
soprattutto un’analisi della contro-offensiva imperiale che si fa
sentire in molti dei Paesi della regione. Basti pensare al Venezuela, a
Cuba , ed alla “guerra finanziaria dei “fondi avvoltoi” contro il
governo dell’Argentina.
Questa volta è stata massiccia la
presenza delle organizzazioni sociali boliviane, mobilitate per seguire i
lavori del Foro, che per la prima volta si è riunito nella capitale
boliviana. Un’occasione ghiotta che i movimenti non si sono fatti
sfuggire. Le aule ed i corridoi nel nuovo centro fieristico di La Paz,
erano colorati dalle “wipala”, dai cappelli e dai vestiti tradizionali
delle donne boliviane, espressione tangibile delle 34 nazionalità,
riconosciute costituzionalmente dallo Stato Plurinazionale della
Bolivia.
Impossibile riassumere 5 giorni di
discussioni a tutto campo. Tra le altre attività, durante l’incontro si è
tenuta una Scuola di Formazione Politica sulla crisi del capitalismo,
riunioni dei giovani, delle donne, degli afro-discendenti, dei
parlamentari, degli eletti locali, un incontro tra le Fondazioni e gli
Istituti di ricerca, così come una riunione dedicata alla “diplomazia
dei popoli” Tra i più seguiti un interessante seminario sui governi
progressisti della regione e le sfide da affrontare.
Affollati anche i 13 seminari tematici
dedicati all’attualità continentale ed alle alternative al modello di
sviluppo, in particolare il “vivir bien” in armonia con la madre terra,
la “pacha mama” nella cosmovisione dei popoli originari di “Abya Yala”,
il nome pre-colombino del continente. Di fronte al rischio di
“ri-primarizzazione dell’economia” e di estrattivismo selvaggio in molti
Paesi della regione la discussione verte su un possibile modello di
un’economia plurale, in un continente che vuole approfondire la sua
integrazione. Dopo il Venezuela, anche Ecuador e Bolivia si accingono ad
entrare nel Mercosur.
Per l’Italia da molti anni anche
Rifondazione Comunista partecipa come invitato ai suoi lavori ed ha
salutato nella plenaria questa importante riunione. Anche in questa
occasione si è avanzato nei rapporti con il resto dei partiti e
movimenti sociali della regione, intercambiando esperienze di vittorie,
di sconfitte, di lavoro e di buone pratiche. L’obiettivo politico è
quello di rafforzare una agenda comune di riflessione e mobilitazioni
che si è costruita negli anni, anche insieme al resto del Partito della
Sinistra Europea.
Il cammino percorso
Molta acqua è passata da quando, nel
1990, il Foro di Sao Paulo fu fondato nell’omonima città brasiliana, su
invito del Partito dei Lavoratori (PT) allora diretto dal lider
sindacale Luiz Inácio Lula da Silva, in seguito eletto presidente del
gigante latino-americano. L’obiettivo iniziale era quello di discutere
il nuovo scenario internazionale dopo il crollo dell’Unione Sovietica e
del muro di Berlino, l’impatto dei governi neo-liberisti nella regione e
la necessità di una alternativa popolare e democratica all’onda lunga
del neoliberismo, ancora egemone a livello mondiale. A quel primo
incontro parteciparono 48 partiti ed organizzazioni che rappresentavano
le diverse matrici politico-ideologiche della regione, tutte
all’opposizione. L’unica forza di sinistra al governo era il Partito
Comunista di Cuba.
Nacque così l’idea di una maggiore
integrazione continentale attraverso l’intercambio di esperienze, la
discussione delle differenze e la ricerca di consenso per le azioni
della sinistra regionale.
Oggi, 24 anni dopo, molti dei
partecipanti sono al governo o si consolidano come le principali forze
dell’opposizione. Dopo il primo incontro del Foro del 1990, il primo a
vincere nel 1998 fu Hugo Chavez con il primo governo di sinistra nel
continente dopo decenni. Poi, nel 2002, fu la volta di Lula in Brasile
alla testa di una coalizione di centro-sinistra. Seguirono poi Tabaré
Vázquez del Frente Amplio in Uruguay nel 2004, Evo Morales con il
Movimento al Socialismo in Bolivia nel 2005 e via via gli altri.
L’ultimo in ordine di tempo è stato El Salvador dove nel giugno scorso
si è insediato il Presidente Salvador Sanchez Ceren, ex-comandante
guerrigliero del Frente Farabundo Martì (FMLN).
Oggi sono più di 10 i paesi governati da
partiti del Foro, da forze progressiste, rivoluzionarie e di sinistra,
con esperienze diverse, ma con una agenda di integrazione continentale
in parte comune.
Negli anni ’90 dello “tsunami”
neo-liberista hanno resistito, poi sono passati all’offensiva e infine
hanno affrontato la prova del governo.
Non c’è dubbio che la resistenza è stato
fattore di unità dal basso nelle mobilitazioni sociali ed il nuovo
blocco sociale si è costruito nel conflitto.
García Linera: approfondire la democrazia verso il socialismo
Tra gli interventi più significativi,
quello di Álvaro García Linera, Vice-Presidente della Stato
Plurinazionale della Bolivia. Citando Antonio Gramsci più volte nel suo
intervento, Garcìa Linera ha esaminato la fase continentale, passando
per la Bolivia, ed ha concluso indicando 5 compiti per il futuro
prossimo.
“Solo 15 anni fa il neo-liberismo era la
Bibbia, oggi lo stiamo gettando nella spazzatura della storia, da dove
non sarebbe mai dovuto uscire”, ha detto García Linera. “Oggi il mondo è
un altro. La storia continua, l’ideologia e la falsa narrazione della
fine della storia sono crollate con il sorgere delle lotte, di progetti e
di ribellioni che si sono allargati a tutta L’america Latina”.
Secondo García Linera il primo obiettivo
raggiunto è la democrazia come metodo per approfondire i processi
rivoluzionari. “Nel passato avevamo assunto la democrazia come una
tappa sospettosa, precedente alla rivoluzione, e ci eravamo preparati
per questo. Le dittature ci avevano fatto visualizzare questa tappa
previa a un processo che chiamavamo Rivoluzione” ha continuato García
Linera. “Oggi in Bolivia abbiamo un governo dei movimenti sociali,
grazie alla resistenza dei movimenti negli anni bui del’attacco
neo-liberista”.
Nelle sue conclusioni, il Vicepresidente boliviano ha parlato di 5 compiti per la sinistra continentale:
Innanzitutto difendere ed ampliare i
risultati ottenuti in quello che ha definito come “Post-neoliberismo”.
Difendere e approfondire quello che si è ottenuto fin qui, prendendo in
considerazione i rapporti di forza reali, per poter ampliare a tutti i
benefici delle trasformazioni in atto.
Secondo, migliorare i risultati
economici e raggiungere un modello di sviluppo sovrano ed indipendente a
livello nazionale. A partire dalle proprie peculiarità, costruire un
modello di sviluppo complementare e plurale, basato sulla cooperazione
per l’integrazione. Garantire crescita economica e ridistribuzione a
favore dei più poveri ed oppresi.
Terzo, approfondire la democrazia,
ampliando la partecipazione popolare, istallando e rafforzando i canali
istituzionali per l’inclusione, per la costruzione di una nuova società,
sempre più democratica, verso il socialismo. Non sarà un processo
facile, nè lineare. Dobbiamo promuovere la creazione di reti produttive
partecipative, potenziando la tendenza socialista nelle mani dei
settori produttivi. Partecipazione e produzione devono esere al servizio
di tutti, dello “stato integrale” di gramsciana memoria.
Quarto, occorre saper affrontare le
contraddizioni inevitabili e le tensioni emergenti all’interno di
processi democratici: la costruzione dell’egemonia è fatta di autorità
morale, consolidando il nucleo fondamentale ed incorporando le tendenze
sociali più avanzate alle idee di cambiamento. Sapendo sommare ed
ampliare la base sociale ad altri settori.
Il punto centrale del suo discorso è
stata la consapevolezza delle tensioni tra Stato e movimenti sociali e
della dialettica necessaria per avanzare; in sintesi essere capaci di
costruire il “nuovo blocco sociale del cambiamento”, dando potere al
popolo e democratizzando l’apparato statale.
Quinto ed ultimo compito, quello di
approfondire l’integrazione regionale, costruendo la complementarietà
produttiva. La sua base materiale è l’integrazione economica. La sfida è
passare dalle riunioni e dai discorsi, all’integrazione economica
reale. «Mentre abbiamo difficoltà sul versante dell’integrazione
económica, l’integrazione continentale mostrerà i suoi limiti. E’
necessario basare l’integrazione politica, ideologica e culturale su
quella economica, materiale e tecnologica», ha insistito Linera.
L’incontro con la sinistra Europea
Non c’è dubbio che oggi il Foro di Sao
Paulo è l’articolazione politica più importante del continente. Al suo
interno convivono tutte le anime della sinistra latino-americana ed anno
dopo anno, nuove organizzazioni chiedono l’affiliazione. Ad oggi sono
più di 100 i partiti che ne fanno parte.
Da tempo il Foro è un’interlocutore
prioritario per la sinistra alternativa europea e questa volta alla
riunione tra il Partito della Sinistra Europea ed il Foro di Sao Paulo
erano presenti ben 18 partiti.
Tra i punti di forte attenzione vi è la
crisi europea, soprattutto per i suoi contraccolpi sul continente.
Secondo un’ analisi condivisa, l’Unione Europea sta attraversando una
fase di “austerità” del tutto simile a quella dei famigerati “Piani di
Aggiustamento Strutturale” del cosiddetto “Consenso di Washington”, che
in passato tanti danni ha provocato in America latina e nei Caraibi.
Nei rapporti tra l’Unione Europea ed i
governi del continente, figurano in primo piano i Trattati di Libero
Commercio (mascherati da “Accordi di Associazione”) su cui le lobby
padronali di Bruxelles stanno lavorando da tempo per scaricare i costi
della crisi verso altri lidi. Insieme a quello firmato con il
Centroamerica (CAFTA) e quelli bilaterali con Colombia, Perù e
recentemente l’Ecuador, la UE è ancora in fase negoziale con il
Mercosur. Tra i nodi, quello sulla proprietà intellettuale, la
protezione degli investimenti esteri e la possibilità per le grandi
imprese europee di entrare nelle commesse pubbliche in condizioni di
evidente asimmetria.
Non a caso, percentuali importanti dei
profitti delle multinazionali “europee” dell’energia, della finanza,
delle telecomunicazioni, vengono proprio da qui.
Tra i temi di una agenda comune di
mobilitazioni necessarie, oltre al tema delle multinazionali, anche il
debito estero, le migrazioni e la lotta per la pace.
Il prossimo appuntamento del Foro è a Città del Messico nel 2015.
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