Assume personalmente il comando delle operazioni per recuperare i giacimenti - Mossa con costo impagabile
Tito Pulsinelli Non è lo "Stato Islamico", non è Boko Haram, non è Al Nusra, non è la giunta nazi di Kiev che fa la guerra contro i civili dell'Ucraima orientale, non sono i "ribelli moderati" che massacrano kurdi e cristiani di Siria, non sono i terroristi dell'UCK oggi accusati di traffico di organi umani nel Kosovo. No, non sono costoro a "costituire una minaccia per gli Stati Uniti". No, Obama ha firmato un decreto con cui proclama che il Venezuela è
-udite,udite- una "minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti".
Il gran Paese che dio in persona avrebbe provvisto di funzioni eccezionali, si sente minacciato da una nazione sudamericana di 30 milioni di abitanti, che in tutta la sua storia non ha mai agredito o fatto la guerra a nessuno. Obama dichiara una "emergenza nazionale riguardo alla minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli USA rappresentata dalla situazione del Venezuela". Poi segue la consueta lista di violazione dei diritti umani che -escluso il cannibalismo- è totale. Gli USA hanno firmato mai qualche trattato internazionale?
Obama, dopo aver fallito il golpe con i suoi inetti agenti locali dell'oligarchia, assume direttamente il comando delle operazioni per spodestare il governo Maduro e recuperare il controllo dei rigogliosi giacimenti gasiferi e petroliferi. Obama firma un documento senza capo nè coda, in cui è chiaramente visibile solo la filigrana brutalmente interventista. Da piú parti, è stato fatto notare a Obama che l'introduzione della nozione di minaccia "crea una categoria complicata che puó creare difficolta nel futuro". Autorizzerebbe Cuba -per esempio- a recuperare Guantanamo con la forza, poichè alberga notoriamente una base militare in cui il Pentagono pratica la tortura.
Il presidente Maduro ha classificato il decreto neocoloniale della Casa Bianca come "attacco più insolente in tutta la storia del Venezuela". Senza dubbio è una escalation con finalità bellicose, inquadrato in un contesto di inasprimento delle relazioni contro il post-liberismo dei governi sudamericani sovranisti. Una mossa ad alto rischio per ri-allineare il riottoso subcontinente, che evidenzia affanno e una buona dosi di disperazione. Ormai tipica nella prevedibile, forse scontata, politica del "successo catastrofico" che ha finora contraddistinto Obama. Dopo il Premio Nobel della pace ben otto guerre, dai risultati dubbiosi o molto approssimativi. E`una mossa dal costo impagabile in tempi in cui l'America latina guarda al BRICS e gli affari li fa sempre piú con la Cina.
Il Venezuela non è isolato, e gode dell'appoggio di due menbri permanenti del Consglio di sicurezza dell'ONU, dell'UNASUR, CELAC, ALBA, Gruppo 77+Cina, BRICS, CARICOM, Movimento dei Paesi Non-Allineati. Ha buoni rapporti con tutti i Paesi del mondo, meno con gli USA che non hanno mai accettato il suo "mal esempio". La nostalgia per riportare il resto del continente e dei Caraibi alla condizione di "cortile" imperiale è un sogno senile, tipico di chi non accetta le rughe e il declino della vitalitá nella terza etá. Sarebbe piú saggio e a portata di mano una sterzata verso la fase post-imperiale che una impossibile e problematica ricolonizzazone di un continente, geloso di conservarsi come zona di pace.Stanco di dittature, golpe e saccheggi propiziati da Washington.
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