Venezuela (PSUV). Accettavano e trasmettevano soltanto materiali dei leaders ed organizzazioni anti-governative, sino al punto che hanno negato la possibilità di replicare ai contenuti diffamatori o non corrispondenti alla verità. La faziosità è arrivata a negare al Presidente Maduro sotto attacco, o alle istituzioni legali d'un Paese sovrano, il diritto di espressione per difendere la propria onorabilità.
I propietari delle "reti sociali" hanno preferenze di classe, agiscono come "attore politico" e si ergono al di sopra e al riparo di ogni legge.
Durante la conferenza stampa concessa ai media internazionali, il Presidente maduro ha denunciato questi retroscena e ha posto una domanda "in Venezuela, chi ha la chiave delle reti sociali"?
La vice-ministro della Comunicazione digitale Andrea Hermoso (qui) ha risposto così: "facebook dispone di molte sedi in America latina. In Venezuela, Bolivia, Ecuador e Paraguay sono rappresentati commercialmente da Cisneros Interactive; mentre in Brasile e Argentina dispongono di una struttura propria. Twitter non ha rappresentanti commerciali in Venezuela. Facebook è padrone di Instagram. Quel che fanno è legale perchè nel nostro Paese non esistono leggi che proibiscano quel che hanno fatto".
La parte visibile di queste compagnie, quindi, si limita a una struttura commerciale, di vendita pubblicitaria e marketing, non rispondono per quel che riguarda l'uso dei contenuti, dati personali e diritti d'autore o messaggi violenti, lascivi, uso dell'anonimato, diffusione di notizie false".
Di fronte agli abusi fraganti e reiterati, le autorità hanno segnalato gli allarmanti pericoli cui sono sottoposte le istituzioni, e si apprestano ad una disanima di questa nevralgica materia, a cui deve essere tolto il manto di "esoterismo" che attualmente la ricopre. Si intravede un esteso dibattito pubblico nel seno dell'Assemblea Nazionale Costituente e il varo di una normativa a protezione dei diritti dei cittadini, defgli utenti ed elettori.
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