lunes, 12 de julio de 2010

Chávez: L'incubo di Bersani (e dei suoi colleghi di casta)

Nei giorni scorsi Bersani ha paventato il rischio che dopo Berlusconi "venga un Chàvez", e "non ci sarà più libertà per nessuno". In questa lettera aperta al segretario del Pd gli Amig@s Mst Italia (amici del Movimento senza terra del Brasile) spiegano a Bersani che se dopo Berlusconi in Italia venisse "un Chàvez", si aprirebbe una stagione di grandi riforme popolari. Basta informarsi un po' meglio.

Le scriviamo rispetto alle parole da lei usate nei confronti del presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela Hugo Chávez: "Non vorrei che dopo Berlusconi venisse fuori Chávez. O il Parlamento riprende il suo ruolo o non c'è libertà per nessuno" (sic). Queste parole lasciano intendere che:
1) Chavez rappresenterebbe il peggio anche rispetto a Berlusconi;
2) in Venezuela non ci sarebbe libertà per nessuno. Ed esprimono chiaramente una totale mancanza di conoscenza rispetto alla situazione latinoamericana in generale e venezuelana in particolare.

a) Il governo di Hugo Chávez gode, com'è noto, di una pessima pubblicità: per gran parte dell¹informazione "ufficiale", il presidente venezuelano è un caudillo e un populista, quando non esplicitamente un tiranno. E ciò malgrado gli innumerevoli processi elettorali che ha attraversato, tutti vinti tranne uno, quello del referendum sulla riforma della Costituzione venezuelana nel 2007. Sconfitta serenamente riconosciuta dal presidente (e, oltretutto, di strettissima misura, 50,7% contro 49,3%: percentuali che, se fossero risultate invertite, avrebbero di sicuro fatto gridare la destra alle frodi e al colpo di Stato). E vorremmo farle notare che la Costituzione in vigore prevede anche la possibilità di revoca di ogni carica elettiva, a cominciare da quella presidenziale, a metà mandato.

b) Negli anni del suo governo, Chávez ha proceduto a nazionalizzare i grandi depositi di idrocarburi presenti in Venezuela e ha usato le risorse del petrolio per migliorare servizi pubblici come educazione, salute e trasporti, per rispondere alle necessità di milioni di poveri delle favelas e dei quartieri popolari, prima completamente esclusi da qualunque servizio pubblico. Inoltre, lo Stato garantisce l'accesso ai beni alimentari al prezzo di costo, senza scopo di lucro, attraverso una rete locale di negozi che non è statale; assicura l'accesso gratuito alla sanità, attraverso il sistema cubano del medico di famiglia, grazie al quale oltre ventimila lavoratori della salute abitano e convivono con il popolo nei luoghi più poveri e lo assistono con la prevenzione, la fornitura dei farmaci e ogni cura necessaria (la maggior parte di questa popolazione non conosceva neppure un medico); garantisce anche l'accesso all'educazione attraverso vari programmi educativi, che vanno dall'alfabetizzazione di adulti e adolescenti fino a programmi diretti a tutti i giovani che vogliono andare all'università (oggi il Venezuela è considerato dall'Unesco un Paese libero dall'analfabetismo. Un caso raro, tra i Paesi dell¹emisfero Sud).

c) In condizioni tanto avverse a causa di un¹eredità economica segnata dalla dipendenza totale dalle esportazioni petrolifere, dalla mancanza di organizzazione sociale e dall¹assenza di un progetto politico che unifichi le forze popolari del Paese, la grande sfida del governo Chávez è quella di riuscire a costruire un progetto di sviluppo duraturo per il Paese. Chávez ha finora formulato due linee distinte e complementari di riflessione.
La prima viene chiamata "Progetto di sviluppo endogeno". Endogeno, qui, significa che il popolo e tutte le forze produttive del Paese dovrebbero spendere le proprie energie affinché in ciascuna regione venga organizzata la produzione sia agricola che industriale dei beni necessari alla popolazione.

Si innescherebbe così un processo di produzione di ricchezza locale, di distribuzione di reddito a livello locale, di creazione di posti di lavoro a livello locale. L'altra idea che Chávez ha introdotto nel dibattito è quella della necessità di costruire un socialismo differente, il socialismo del XXI secolo, prendendo però le distanze dal socialismo reale. Dal punto di vista pratico, il risultato concreto che questo dibattito ha prodotto è stato quello di aprire una discussione tra i lavoratori, affinché essi creino forme autogestite e cooperative di fabbriche e stabilimenti industriali. E questo è accaduto nei casi in cui i proprietari capitalisti sono fuggiti dal Paese o hanno dichiarato fallimento e nei casi in cui lo Stato ha costruito una nuova fabbrica e ha cercato di stabilire una sorta di collaborazione con i lavoratori.

d) Esistono ovviamente, nel processo bolivariano, limiti non irrilevanti: una struttura statale burocratica, corrotta e inefficiente; la presenza, malgrado le incontestabili e fondamentali conquiste sociali, di problemi
ancora non risolti, come l'insicurezza sociale, la questione abitativa, la situazione salariale di ampi settori della popolazione. Limiti, questi, che non possono mettere in dubbio i
risultati positivi ottenuti in Venezuela da Chávez, nel perseguire la democratizzazione della società, l'ampliamento dei poteri delle fasce popolari e della popolazione indigena, la riduzione della giornata di lavoro, la fine dell'autonomia della Banca Centrale, il divieto del latifondo, il consolidamento dello Stato nel suo carattere pubblico, la realizzazione delle missioni, con cui il governo ha posto la questione sociale al centro della sua sfera di interessi, in ciò seguito da altri governi latinoamericani.

E, a livello latinoamericano, la creazione dell'Alba, l'Alleanza bolivariana per l'America, a cui Chávez ha offerto un contributo determinante: una forma di integrazione tra i Paesi che parte dalle necessità dei popoli e dell'ambiente e non dalle necessità del capitale; un processo di integrazione economica e sociale dei popoli e dei governi che potenzia l'uso di tutte le risorse naturali, delle risorse di biodiversità, dell'agricoltura, dell'industria, a favore della soluzione dei problemi fondamentali del popolo e della crisi climatica. Una lotta per l'indipendenza economica dell'America Latina, perché smetta di essere un esportatore di ricchezze per l'Europa e gli Stati Uniti, e più recentemente per il Giappone e la Cina.
Per tutto questo, siamo convinti che,
se dopo Berlusconi venisse Chávez, si aprirebbe per l'Italia una stagione di grandi riforme popolari, una grande promessa di futuro.

Amig@s MST*- Italia/Comitato di Roma
(MST= Movimento dei lavoratori senza terra del Brasile)



1 comentario:

Alba Kan dijo...

"Si può avere l’idea che si vuole sul modo in cui si governa in Venezuela o in Italia ma ci sono cose che sono ben chiare.
Il presidente del paese latino americano non ha il potere politico che ha quello italiano come conseguenza della sua fortuna e del suo impero mediatico.
Hugo Chavez non si è visto coinvolto in processi, come quelli che colpiscono Berlusconi, per corruzione, menzogne, tangenti ed altri reati simili.
E, certamente, non ha mai osato proporre delle leggi per evitare di essere processato.
Mi chiedo cosa direbbero se Chavez facesse in Venezuela la decima parte di quello che Berlusconi fa in Italia.
Venti bombe atomiche sarebbero già state lanciate su Caracas. Come minimo".
Juan Torres López

http://www.youtube.com/watch?v=mdktTr6MSP0&feature=player_embedded

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