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Una accusa di adulterio e omicidio, se si cancella quel che sottende la "e" -un grave reato- diventa una prelibata pietanza mediatica atta a fomentare i bassi istinti “occidentali”, e far sentire tutti come nobili e immacolati cavalieri senza paura. Per dare vigore ad una campagna contro una nazione, la sua cultura e le sue tradizioni. I mezzi di comunicazione –nell’epoca della guerra mediatica non piú mimetizzata- per solleticare l’ego dell’autoreferenziale “superiorita’ etica” occidentale, devono dimenticare le radici giudeo-cristiane della lapidazione. Tacere che i capintesta della campagna anti-iraniana annoverano un menu’ assortito di condanne capitali a cui i loro tribunali fanno ordinariamente ricorso.
Il latifondo mediatico occidentale e’ anche in grado di trasformare in martire gandhiano un cittadino venezuelano che si immola in uno sciopero della fame protratto fino all’estremo. Con molta fantasia lo dipinge come una vittima della collettivizzazione forzata della terra, sacrificato da feroci e fanatici bolscevichi, insensibili al diritto alla proprietá privata di un onesto produttore. Il monopolio trans-nazionale della comunicazione non ha scrupoli e dipinge questo fosco scenario. Occulta che Franklin Britto aveva –invece- ricevuto 290 (duecentonovanta) ettari di terra ed assistenza finanziaria agevolata, grazie all’applicazione della riforma agraria.
Si e’ immolato perche’ –a sua dire- non erano stati tracciati correttamente i limiti topografici dei 290 ettari che gli erano stati assegnati dal ministero dell'agricoltura, e i suoi vicini gli avrebbero sottratto surretiziamente ("solapado") qualcosa da adibire ad accesso. Si puo’ morire per questa ragione? Evidentemente si’. Quel che e' inaccettabile, pero', e’ la manipolazione per trasformare un piccolo propietario in una vittima dell’esproriazione. Mutare uno che si e' beneficiato della riforma agraria in corso in Venezuela in un povero peón forzato. Ne’ l’opposizione dovrebbe incitare cinicamente al sacrificio, per sfruttare elettoralmente un defunto a cui i tribunali non hanno riconosciuto la validita’ delle sue ragioni.
Anche in Argentina il monopolio mediatico sta strillando forte contro un grave "attentato alla liberta’ di stampa" perpetrato dal governo di Buenos Aires. Di che si tratta? La Presidente Cristina Fernandez ha presentato un disegno di legge per modificare l’attuale struttura del mercato della carta per i giornali. Naturalmente, secondo i padroni della comunicazione, si tratterebbe di una "follia populista"
Dai tempi della dittatura, la carta e' controllata totalmente dai due maggiori gruppi editoriali che –con l’andar del tempo- sono diventati consorzi televisivi, TV via cavo, case editrici, web e pubblicita’. Nel coro, a gridare piu’ forte come un tenore, e’ il grupo Clarín che possiede il 30% della societa’ che ha in pugno la carta per l’industria tipografica. Strilla forte, non risparmia accuse e metafore sensazionalistiche, fa ricorso ai mezzi piú bassi e vili, per mandare al rogo l’insano “populismo dittatoriale” dei governanti argentini. Monopolio o liberta' d'espressione da garantire anche alla concorrenza?
E’ la guerra mediatica, ossia l’informazione gestita dai civili che agisce –e reagisce- come i militari incaricati della “guerra psicologica” o della propaganda in tempo di guerra. Non c’e’ nessun limite, tutto e’ lecito, si falsifica testo ed immagine, se non basta l’omissione c’e’ la distorsione, e in loro assenza si puo' inventare liberamente. L’informazione e’ diventata la guerra quotidiana alle coscienze, come fase preliminare per arrivare alla deflagrazione dei conflitti con armi belliche.
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