Daniele Scalea
La stampa italiana ne ha citato alcuni passaggi, spesso però omettendone altri parimenti o addirittura più rilevanti. L’invito ai lettori è di consultarlo autonomamente, ma a vantaggio dei più pigri o di quanti non conoscono bene l’inglese, produciamo di seguito un riassunto dei punti salienti, con nostri occasionali commenti.
Innanzi tutto, diciamo di cosa si tratta. È un cablogramma classificato “SECRET//NOFORN”: “secret” è il livello intermedio tra “confidential” e “top secret“, mentre “noforn” indica che il documento non dev’essere condiviso con cittadini stranieri (si tratta dunque d’un divieto più stringente rispetto a “restricted“, che ammette talune eccezioni). Il mittente è l’Ambasciata statunitense a Roma, e la firma è quella di Ronald P. Spogli (nella foto assieme a Gianfranco Fini),
l’ambasciatore dal 10 agosto 2005 al 6 febbraio 2009. Il documento è del 26 gennaio 2009: quindi Spogli lo trasmette pochi giorni prima di concludere il suo mandato. Destinataria è la Segreteria di Stato a Washington. L’argomento è il rapporto tra l’Italia e la Russia.
Dopo una poco convincente introduzione sulle radici della «russofilia» italiana, il documento entra nel vivo quando si afferma che le attenzioni dedicate da Putin al rapporto con Roma inciderebbero maggiormente sulla nostra politica estera di quanto facciano i partiti nostrani, il Ministero degli Affari Esteri e l’ENI. Berlusconi nutrirebbe infatti la convinzione che Putin sia, tra tutti gli statisti europei, quello che lo stima di più; e comunque si riconosce nello stile maschio, deciso ed autoritario dello statista russo. Secondo gl’informatori dell’Ambasciatore – che nel documento cita contatti nei partiti di governo così come dell’opposizione, nel Ministero degli Affari Esteri e nel Governo italiano stesso – Berlusconi e la sua cerchia ricaverebbero un tornaconto personale dagli affari con la Russia. Si cita l’onorevole Valentino Valentini come «uomo chiave» di Berlusconi per i rapporti con la Russia.
La politica italiana verso la Russia è determinata personalmente da Berlusconi, che non cerca né accetta consigli in proposito. Il ministro Frattini, incontrando nel settembre 2008 Dick Cheney, allora vice-presidente degli USA, avrebbe ammesso di non avere voce in capitolo sui rapporti con la Russia. Pare di capire che Frattini si sarebbe confidato con Cheney, ammettendo di non condividere le opinioni di Berlusconi sulla crisi georgiana, allora in corso. Meriterebbe una riflessione il fatto che il Ministro degli Esteri italiano abbia criticato la posizione del propro capo di Governo in un colloquio riservato con un alto funzionario straniero.
Ma Berlusconi non è l’unico in Italia a remare verso una salda amicizia con la Russia.L’ENI ha un «immenso potere politico», e secondo politici informatori di Spogli sarebbe il principale finanziatore dei pensatoi italiani di politica estera e manterrebbe sul proprio libro paga diversi giornalisti. L’ENI è descritto come il servizio diplomatico “ufficioso” ma effettivo dell’Italia verso la Russia. E di sicuro l’ENI è anche l’interlocutore italiano che parla più schiettamente agli Statunitensi.
Racconta Spogli che, in occasione d’un incontro nel marzo 2008, i rappresentanti dell’ENI gli avrebbero apertamente spiegato che, secondo loro, la minaccia alla sicurezza energetica dell’Europa non è la Russia ma l’Ucraìna, e che per affrontarla bisogna costruire più oledotti e gasdotti che colleghino direttamente la Russia ai paesi dell’Europa Occidentale. L’esatto contrario, insomma, dalla strategia propugnata dagli USA. Oltre al ben noto impegno dell’ENI nel Nord Stream e nel South Stream (i due gasdotti in costruzione che scavalcheranno l’Europa Centro-Orientale), la società, assieme all’Edison e coll’aiuto del ministro Scajola vorrebbe anteporre la costruzione d’un modesto gasdotto Turchia-Grecia-Italia al più grandioso progetto Nabucco, sponsorizzato dagli USA, e ciò per non urtare la suscettibilità russa.
A causa di Berlusconi e dell’ENI, la Russia – lamenta Spogli – può oggi contare in Europa su un paese che appoggia sistematicamente la sua causa. Tanto più adesso che, essendo venuto meno il rapporto personale che legava Berlusconi al precedente presidente degli USA, Bush jr., il Capo del Governo italiano pare destinato ad avvicinarsi sempre più a Mosca.
Ma gli USA non sono certo intenzionati a guardare senz’agire. La parte più interessante del documento è proprio quello dove si descrivono le contromisure che Spogli sta mettendo in atto – ma stranamente è anche la porzione di testo meno citata dalla stampa italiana. L’Ambasciata afferma d’essersi impegnata in colloqui con esponenti politici interni ed esterni al Governo, col fine esplicito di creare, soprattutto all’interno del suo partito, una corrente ostile alla russofilia di Berlusconi.
Inoltre, non meglio precisati “pensatoi” sono stati ingaggiati per costruire una corrente d’opinione pubblica ostile alla Russia e, si compiace Spogli, «lo sforzo sembra che stia pagando». L’opposizione si è subito regolata, impegnandosi nella critica del rapporto di Berlusconi con Putin, e taluni membri del PDL si sono rivolti privatamente ad un’ambasciata straniera – ovviamente quella degli USA – «per contrastare l’infatuazione di Berlusconi per la Russia».
Invitiamo i lettori a ponderare bene queste ultime affermazioni di Spogli, ed a confrontarle con quanto accaduto nella stampa, nella società civile e soprattutto nella politica interna italiana dal gennaio 2009 ad oggi. http://www.eurasia-rivista.org/7194/i-rapporti-italia-russia-lambasciata-usa-ed-il-declino-di-berlusconi
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