L'unico presidente gradito ai globalisti fu Eltsin - Sovranismo e multipolarismo rafforzati - Si complica l'aggressione all'Iran - 13 ufficiali francesi fatti prigionieri in Siria
Tito Pulsinelli
Caracas Eh sì, non resta che abbozzare. "L'ex "spia" del KGB è saldamente al comando nel suo ufficio del Cremlino, a poco sono servite le ingiurie ed il rumore mediatico di quanti non ebbero mai nulla da ridire quando Bush senior -il "capo delle spie" della CIA- si istallò alla Casa Bianca. Il rituale coro di voci bianche contro la "frode elettorale", è l'inno della confraternita dei cieco-muti che si inchinarono al "golpe elettorale" di baby Bush. Unico presidente per decreto giudiziario, non per volonta degli elettori. Devono mettersi il cuore in
pace, in fondo anche l'apparato militar-mediatico ha i suoi limiti. L'ultimo presidente russo applaudito da questa gente si chiamava Eltsin, e lo sostennero persino quando prese a cannonate la Duma. "Putin III" scarabocchiano senza vergogna gli scrivani che dissero "está bien señor" a Felipe Gonzalez durante i 13,5 anni in cui governò la Spagna. Idem per i 16 anni in cui Helmut Kohl rumase al timone della Germania.
Impotenti per evitare che l'uomo che più temevano oggi diriga la Russia. Putin, ovvero un "sovranista", un deciso sostenitore del multipolarismo, è nella cabina di regia. Per le oligarchie finanziarie -interne ed internazionali- è un ostacolo insormontabile per appropriarsi del potere politico. Nel grande Paese eurasiatico, il potere economico e quello politico rimarranno separati, come una barriera solida contro l'alleanza bellica tra gli anemici USA e la boccheggiante rete vassalla europea. Pazienza, dovranno ancora aspettare i posseduti dalla fregola di "aprire" mercati (altrui) e fare man bassa di risorse, imprese, economie e governi (altrui). La Russia non è una "zona geografica" dove la banca internazionale può governare designando un proprio manager (Grecia, Italia).
Le elezioni russe sanciscono che il "fascino indiscreto" del globalismo esce malconcio. Dietro Putin, si piazza il comunista Ziuganov, poi l'ultranazionalsita Zirinosky e -buon ultimo- l'oligarca sponsorizzato da Bruxelles e Washington. Tutti costoro -meno il primo- si sono riuniti con Putin, riconoscendo la legittimità della sua leadership. La Russia sceglie la continuità di un ciclo che l'ha traghettata fuori dall'epoca buia di mafie giunte al potere sull'onda del furore privatizzatore, dello strapotere dei monopoli stranieri e della servitù all'occidente. Conferma della difesa del recupero delle risorse primarie dichiarate beni strategici nazionali, riedificazione dell'istituzionalità e di un contratto sociale distrutto da Gorbaciov e da Eltsin. Rinascita di una forza armata indispensabile per difendere la sovranità.
Il multipolarismo si rafforza e -con esso- un muro di contenzione all'avventurismo globalista che ha dato piena prova di sè con la disintegrazione della Libia, dove la riedizione dell'antica politica delle cannoniere si basa oggi su "diritti umani" ad estensione variabile. Atti a garantire le nuove depredazioni dei Paesi Industrializzati Altamente Indebitati (PIAI). L'affrettata e meccanica ripetizione in Siria è fallita perchè Pechino e Mosca si sono messe di traverso, fornendo sostegno diplomatico, commerciale ed economico. Putin ha fornito la tecnologia militare che ha reso impossibile all'aviazione "dirittoumanista" straniera bombardare impunemente; ha potenziato la base navale mediterranea e il centro radaristico già pienamente operativo in epoca sovietica. L'aviazione siriana è rimasta intatta.
Nonostante l'invio di kommandos USA, inglesi, francesi, giordani, turchi e libici, a Damasco fallisce il ricambio di governo forzato. Tredici ufficiali francesi sono stati catturati, e sono oggetto di una trattativa sotterranea tra i siriani e Sarkozy, ormai sull'orlo del collasso. Il vertice Obama-Netaniahu, fatta la tara dei comunicati altisonanti, ha indicato che gli Stati Uniti si ritrovano nell'inedito ruolo di "guardaspalle" di Israele. Gli interessi elettorali tra i due alleati sono contrastanti, e confermano che Tel Aviv non può continuare con la sceneggiata grottesca: "gli spacco la faccia o fermatelo voi". Se agisce, dovrà farlo da solo, ma Israele non può vincere una guerra contro l'intero Medio oriente, nè scherzare troppo con Mosca e Pechino, perchè perse l'ultimo conflitto in Libano con...Hezbollah.
La questione iraniana non si risolve con un semplice bombardamento, nè con 10 mesi di bombardamenti in "stile libico", e coinvolge direttamente la Cina e l'India come acquirenti di petrolio. E il resto delle nazioni del BRIC, allarmate dai seriali attentati alla sovranità e dalla militarizzazione delle rotte marittime che mettono in pericolo gli scambi internazionali. L'ombra di Putin si staglia minacciosa sul ciclotimico orizzonte vieppiù immediatista dei PIAI. Nel frattempo, la Francia rispedisce a Damasco l'ambasciatore Eric Chevallier, a mercanteggaire la liberazione degli ufficiali, e fa riflettere tutti quelli che chiusero precipitosamente le loro sedi diplomatiche.
Se l'Europa avesse una geopolitica, cioè se non fosse ostaggio d'un gruppo dirigente fallimentare, si preoccuperebbe di quale posto occupare nel nuovo quadro multipolare. Purtroppo, non è così, e rimane legata al carro dell'ex potenza egemonica, ormai manifestamente incapace di dettare la propria legge al mondo. Siamo nelle mani della britannica signorina Ashton, alla testa della politica estera europea per volontà dell'elite atlantista e della regina.
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