sábado, 23 de junio de 2012

Paraguay:Eseguito il golpe "creativo" contro Lugo

Argentina, Venezuela, Ecuador e Bolivia non riconoscono il nuovo   governo - Brasile chiede l'espulsione dall'Unasur e dal Mercato comune del sud (Mercosur)
Tito Pulsinelli
A trenta ore dall'accusa mossagli dal senato, Fernando Lugo è stato destituito, ed il suo posto a capo del Paraguay è stato affidato al suo vice. Trenta ore in cui il senato ha formulato  le acuse, ha stilato un regolamento per il giudizio, per il dibattito processuale e per la condanna.Un'ora di tempo  è stata riservata alla difesa di quel che ora è un ex presidente. In sostanza, gli autori del golpe-express, hanno dato mostra di creatività riuscendo ad essere investigatori, pubblici ministeri e giudici, sulla base di regole stabilite ad hoc da loro stessi. Riuscite ad imaginare un Napolitano licenziato -dalla notte al pomeriggio successivo con un ritmo
da film poliziesco- da una congiura di senatori ed estromesso dal Quirinale? Per di più, il Paraguay è una repubblica presidenziale, dove il presidente in carica ha poteri che Napolitano può solo sognare. L'ex vescovo Fernando Lugo, è stato trasformato in ex presidente, in un "processo politico" dov'è stato ritenuto colpevole praticamente di tutto. Soprattutto di avere una concezione politica incompatibile con quella di un'oligarchia erede di una dittatura durata più di mezzo secolo che ha mantenuto il piccolo Paese sudamericano nel figorifero della storia. I senatori che ieri hanno portato a segno un golpe sicuramente "creativo", destinato a fare scuola, hanno cognomi, facce, cultura, mentalità e reddito che nulla hanno a che fare con la maggioranza dei paraguayani, guaraní la cui seconda lingua è quella spagnola.


Ieri hanno "trionfato" i latifondisti dell'agro-esportazione, quelli che hanno lasciato all'85% dei contadini solo  il 5% delle terre, insufficienti persino per le colture destinate a produrre il fabbisogno alimentare della maggioranza. Con arbitrio ed irrisione della legalità, si è riaffermata l'èlite che ha sempre fatto dello Stato uno strumento per autofinanziarsi e preservare relazioni di dominio neocoloniali. L'orologio del Paraguay ora marca l'ora della resistenza della società civile e del sostegno esterno dell'Unasur che può stendere un cordone sanitario contro i golpisti di Asunción. Con il "protocolo democratico" che prevede anche la chiusura delle frontiere, sospensione dei voli e congelamento dei commerci. 


Fernando Lugo era il frutto di quel vento di cambio che nell'ultimo decennio soffia in Sudamerica. Dal 1998 in Venezuela si è esteso poi all'Argentina, Ecuador, Brasile e Bolivia ed Uruguay. In pratica, grandi alleanze di movimenti sociali e forze politiche hanno fatto scaturire governi in grado di accantonare o divincalarsi dai dogmi neolibersisti. 


In Paraguay, quattro anni fa Lugo seppe sedimentare un'alleanza politica che scardinò il controllo storico dell'oligarchia sul potere politico. Non disponeva di una maggioranza nel parlamento, nè di un partito proprio, solo di una maggioranza elettorale e dei movimenti sociali, organizzazioni di base e i sindacati rurali che l'avevano espressa. L'oligarchia non gli ha dato il tempo di consolidarsi e dopo vari tentativi di disarcionarlo, ieri ci è riuscita. E' un'evidenza che non bastano i voti per inoltrarsi sul sentiero del cambio. Le forze che l'avversano non si limitano ad aspettare la seguente scadenza elettorale (tra nove mesi  terminava il periodo di Lugo). No, passano alle vie di fatto, all'illegalità , alle soluzioni di forza e pagliacciate ridicole. 


Così è stato in Venezuela dall'aprile del 2002 fino al gennaio del 2003, con un fallito golpe (spacciato come rinuncia alla presidenza), una serrata padronale durata tre mesi e il sabotaggio-paralisi dell'industria petrolifera che provocò 20 miliardi di dollari di danni. Il prezzo di una guerra, senza uso di tecnologia militare. In Bolivia, vari sono stati i tentativi di buttar giù Evo Morales, il più pericoloso quello mascherato come separatismo secessionista della Media Luna, fomentato da un diplomatico USA reduce dal Kosovo. Più recentemente, in Ecuador tentarono di spacciare il golpe come una protetsa sindacale di poliziotti scontenti. 


Non bastano i voti e la legittimità formale per neutrallizare i nemici interni, i loro sponsor esterni e gli interessi economici multinazionali. E' indispensabile riuscire a trasformare i voti e le alleanze elettorali in forza politica organizzata dal basso. Fino a conformare un blocco sociale capace di dare continuità al progetto di autonomia nazionale, inclusione ed equità. O, come dice la presidente Dilma Roussef, "crescita con inclusione". Questo è un obiettivo che richiede continuità, maggiore ad un semplice quadriennio legislativo.

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