Europa: Piani B - Scenari di implosione dell'euro
Mauro Poggi Lo scorso 22 marzo il governatore della Banca centrale belga, Klaas
Knot, ha reso noto che nel 2012 il suo Istituto aveva preparato un piano
di emergenza per l’uscita dall’euro. L’ammissione ufficiale di ciò che
si sa ufficiosamente, e cioè che Banche centrali e Ministri delle
finanze lavorano su scenari di implosione dell’eurozona almeno dalla
primavera 2011, ha dato lo spunto a Jacques Sapir per alcune considerazioni, tanto più interessanti in quanto l’economista francese ha partecipato attivamente a tali lavori. L’aspetto sostanziale, tuttavia, sta nella conferma dell’esistenza
(logica – ancorché negata) di “piani B”, già evocati in passato da
Tremonti e auspicati da Savona, grazie ai quali la dissoluzione
dell’Eurozona non sarebbe accompagnata dal caos che gli euroTeisti
paventano o minacciano. Purché, evidentemente, sia questa la volontà
politica.
La prima cosa da notare, osserva infatti Sapir, è che questi studi
dimostrano che l’uscita dall’euro non sarebbe quel pericolosissimo salto
nell’ignoto preteso da numerosi europeisti. A questi studi, il cui
aggiornamento è sistematico, concorrono regolarmente anche economisti
euroscettici. Essendo fra costoro, Sapir può vantare una conoscenza diretta degli studi di quattro paesi,
e può testimoniare che i risultati portano tutti alla conclusione che
un’uscita senza drammi è possibile, purché le Banche centrali prendano
le opportune misure cautelative.
I diversi studi convergono tutti nell’identificare le stesse criticità:
speculazioni violente a breve termine
evoluzione dei bilanci di banche e compagnie d’assicurazione
spinte inflazionistiche.
Significativo il fatto che per nessun paese l’argomento debito pubblico
è stato considerato fra le criticità. Il principio della lex monetae è
assodato: il debito emesso da uno Stato sul proprio territorio è
rimborsabile nella moneta di quello Stato, sie essa euro o altra valuta
nazionale. Nessuno studio ha considerato plausibile lo scenario di un
crollo del commercio fra i paesi della zona euro. La valutazioni
catastrofiste previste da certi Istituti filo europeisti (- 10% del PIL,
per esempio) non sono state validate, né in Francia né altrove. Al
contrario, gli studi asseverano le analisi degli “anti-euro”. In
Francia, uno studio del Ministero delle finanze attesta l’attendibilità
delle prospettive di crescita in caso di forte svalutazione della nuova
moneta.
Le criticità identificate sarebbero tali nel caso il sistema
finanziario degli Stati restasse immutato, altrimenti, per la maggior
parte dei paesi, i calcoli e le stime dimostrano che questi problemi
sono gestibili. Il rischio di forte speculazione dovrebbe essere minimizzato dal
controllo dei capitali nelle operazioni finanziarie a breve. Questi
controlli dovrebbero essere implementati per un periodo che va da sei a
diciotto mesi.
I sistemi bancari italiano, francese, olandese e belga dimostrano nel
loro insieme una grande capacità di resilienza all’instabilità generata
dall’uscita. Alcuni istituti potrebbero trovarsi in difficoltà, che non
sarebbero però maggiori di quelle affrontate nell’autunno del 2008 e
comunque di entità tale da non compromettere la capacità di farvi fronte
da parte degli Stati.
Un solo paese avrebbe seri problemi, ed è la Spagna. Tenuto però conto
del legame fra banche spagnole e banche tedesche, è chiaro che questo
paese riceverebbe un aiuto sostanziale.
Il problema è più complesso per le compagnia di assicurazione, ma anche
qui le necessità di ricapitalizzazione vanno dallo 0,5% allo 0,75% del
PIL, a seconda del paese.
Il rischio inflazione varia in modo considerevole da paese a paese.
L’inflazione, per un anno o due, potrebbe essere superiore ai tassi di
interesse, e ciò implicherebbe una perdita dei patrimoni finanziari di
circa il 10%, compensata almeno in parte dalla rivalutazione di altri
elementi patrimoniali quali l’immobiliare, e dall’aumento dei redditi da
lavoro.
Sotto questo aspetto, l’uscita dall’euro comporterebbe una
redistribuzione parziale della ricchezza, in senso perequativo, intorno
al 5-7% a seconda del paese.
Gli effetti positivi dell’uscita sono esaminati solo incidentalmente,
dal momento che gli studi si concentrano più sulla dimensione tecnica
dei rischi. Tuttavia, in modo implicito o esplicito i vantaggi vengono
definiti “importanti” per Francia e Italia, e “significativi” per l’Olanda.
Ciò che gli studi mettono in evidenza è l’aspetto politico [ideologico]
della decisione: chi condivide la rappresentazione per cui l’euro è un
traguardo storico irrinunciabile sarà portato a considerare la crisi e
la perdurante depressione un prezzo accettabile da pagare per
conservarlo; chi al contrario ha un atteggiamento più scettico nei
confronti dell’euroTeismo valuterà che è ormai l’ora di metter fine a
una disgraziata esperienza durata fin troppo. L’evoluzione dei PIL e
degli investimenti nei paesi Euro dimostra quanto esorbitante sia il
costo della moneta unica:
Grafico 1 – crescita (2000 =100)
Grafico 2 – investimenti (2000 = 100)
Le conseguenze sociali sono altrettanto drammatiche, e la grande
manifestazione di Madrid, il 22 marzo, dimostra che i popoli non sono
più disposti a sopportare l’insopportabile. L’euro, fin dalla sua
costituzione, sta organizzando la fine dello Stato sociale.
Grafico 3 – disoccupazione
Davanti al deterioramento della situazione macro-economica e
considerati i ridotti mezzi d’azione lasciati alla BCE, è chiaro che i
tentativi di salvataggio dell’Euro non potranno che tradursi in
un’austerità ulteriore e amplificata. Assieme alla distruzione dello
Stato sociale – uno dei capisaldi della cultura europea – si perpetra
così la distruzione dell’Europa.
Sarebbe urgente, quindi, che i diversi studi sull’uscita dall’euro
fossero finalmente pubblicati nella loro integrità. Sarebbero la base
per un dibattito reale per le elezioni europee, che dovrebbero svolgersi
sulla questione dell’euro-austerità e dunque, in ultima istanza, sulla
questione della permanenza o dissoluzione dell’euro.
Gli europeisti al potere, che siano di destra o di sinistra, il
famigerato Partito unico dell’euro (PUDE), continueranno invece a non
voler guardare la realtà dei fatti, e sostenere che “un’altra Europa è
possibile”, mentre la miseria e la sperequazione continuano a crescere.
Come si dice? Gli dèi accecano coloro che vogliono perdere.
http://mauropoggi.wordpress.com
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